Domenica 19 Ottobre (DOMENICA – Verde)
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Es 17,8-13 Sal 120 2Tm 3,14-4,2 Lc 18,1-8
Di Alessandro Cortesi op 🏠
“Alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore… Non lascerà vacillare il tuo piede… il Signore è il tuo custode”.
La preghiera del salmista si apre con una domanda: da dove mi verrà l’aiuto? E trova la risposta in una percezione profonda di essere custodito: “Il Signore è il tuo custode”. La vicinanza del Signore è presenza di cura e custodia. C’è questa consapevolezza fragile al cuore del cammino del credere: la vita stessa proviene da altrove, non è opera delle nostre mani, non sta interamente nelle nostre capacità di orientamento e controllo. L’esistenza è sospesa nella cura di Colui che è creatore del cielo e della terra ed è custode dell’intera storia e delle vicende dei popoli.
La prima lettura descrive il quadro di una guerra di Mosè contro Amalek. Quando Mosè alzava le mani in segno di preghiera Israele era più forte nella battaglia. Non possiamo leggere questa pagina senza un senso di ripulsa per la violenza che in essa si respira. E’ racconto che risente dell’idea di un sostegno di Dio che fa vincere il suo popolo contro Amalek e gli amaleciti, antico popolo cananeo identificato come il male assoluto che continuamente minaccia e opprime. E’ pagina che può condurre a pensare il Dio degli eserciti che benedice le armi e la violenza. Tanto più è scandaloso che il riferimento ad Amalek, contro cui portare distruzione, e il richiamo alle Scritture, sia stato utilizzato dall’attuale premier israeliano, su cui pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini di guerra, a giustificazione delle violenze dell’esercito di Israele IDF a Gaza dopo l’ottobre 2023. Questo esempio ci conduce a riflettere su quanto sia necessaria un’opera di purificazione del modo di leggere le Scritture da parte di tutte le tradizioni religiose, di orientamento contro ogni uso mirato a fomentare odio e intolleranza e quanto sia urgente oggi uscire da ogni lettura fondamentalista o che possa giustificare la violenza verso l’altro.
La pagina della preghiera di Mosè può essere letta allora tenendo conto del messaggio di fondo che racchiude: in un quadro di violenza e di guerra – da detestare e superare – questa pagina intende porre accento sulla preghiera di Mosè che non viene meno, nel suo stare davanti a Dio, nell’intercedere per il suo popolo. La preghiera è stare alla presenza di Dio per poter procedere nella vita, per avere futuro.
La parabola del giudice e della vedova del vangelo di Luca è racconto che vede al centro l’insistenza della vedova, fragile e senza difese, nei confronti di un giudice che non le dà ascolto: ma ella non smette di chiedere giustizia e alla fine riceve accoglienza anche da quel giudice iniquo. Se quell’uomo ingiusto e senza rispetto si è comportato così, Dio, che è fedele, molto più ascolterà e si chinerà sui poveri che gridano a lui. Nelle parole di Gesù la preoccupazione è sulla differenza di Dio. Da qui l’invito a vivere un affidamento fiducioso nell’incontro con l’Abba che ascolta. La preghiera è esperienza di incontro che coinvolge l’intera esistenza. Dio rimane fedele, anche se l’attesa è faticosa, anche se sembra che il grido a lui rivolto non trovi ascolto. La preghiera è talvolta questa lotta interiore. La parabola parla anche del volto del discepolo: chi crede non viene meno, non smette di invocare e di sperare senza stancarsi, senza altri sostegni. Luca indica che il cammino del credente sta nel divenire povero per poter accogliere e lasciar fruttificare il dono di presenza di Dio nella sua vita.
Alessandro Cortesi op



