Sabato 1 Novembre (SOLENNITA’ – Bianco)
TUTTI I SANTI
Ap 7,2-4.9-14 Sal 23 1Gv 3,1-3 Mt 5,1-12
Di P.Fabrizio Cristarella Orestano Monastero di Ruviano🏠
La grande solennità che oggi si celebra davvero ci dilata il cuore; ma non si tratta solo di contemplare i santi giunti alla meta del cammino e gioire per l’esito luminoso delle loro vite, ma si tratta di sentire che questo esito luminoso è possibile per tutti noi, per tutti i battezzati; è la santità la grande meta della vita cristiana, anzi vorrei dire, è la meta di ogni giorno.
La nostra chiamata è alla santità!
Si badi, non una santità relegata comodamente in un indistinto futuro, in un’ora estrema di compimento, ma una santità che si costruisce e si vive giorno dopo giorno. Una santità che sia un’autentica alterità da vivere rispetto al mondo, alterità che può essere solo conformazione a Cristo ed al suo Evangelo.
La liturgia di questo giorno ci mostra la meta finale nella pagina dell’Apocalisse dandoci una grande speranza con quella grandiosa molteplicità dei santi («Vidi poi una moltitudine immensa») e l’oggi nella pagina delle “Beatitudini” (nella redazione di Matteo) in cui ci appare chiaro che con l’Evangelo e con il Dio di Gesù Cristo non si gioca; le Beatitudini ci mostrano uomini e donne che sanno di essere sì uomini comuni ma scelti da Dio, speciali perché amati con la certezza che la santità non è solo frutto di una conquista quotidiana ma è frutto della grazia che accompagna davvero chi cerca Dio e desidera che la propria carne sia Evangelo vivente.
La realtà della nostra vita di salvati è questa e Giovanni, nella sua Prima lettera, ci ha detto con limpida chiarezza che noi «fin d’ora siamo figli di Dio e lo siamo realmente»!
“Fin d’ora”! Le Beatitudini sono l’Evangelo di questo “fin d’ora”! Le Beatitudini sono un annunzio che il Regno è arrivato…quello che i Profeti intravedevano come il futuro dell’era messianica, per Gesù, è il presente, è l’oggi. I poveri, infatti, sono beati, e già oggi il regno dei cieli è loro; nessuno è escluso da questo regno; non ci sono emarginati, anzi quelli che il mondo emargina sono i primi, i beati.
Il Regno è venuto perché Gesù ha vissuto le beatitudini e non solo! Le Beatitudini sono “il modo di Gesù di pensare la vita” (Bruno Maggioni). Gesù ha fatto della vita un luogo in cui ha solo sperimentato il dono di Dio; la sua esistenza l’ha letta sempre come dono e ciò l’ha spinto a farsi dono.
Matteo, dunque, elenca le Beatitudini non per beatificare delle situazioni (che sono, in verità, poco beate!) ma per beatificare degli atteggiamenti; la comunità di Matteo è invitata ad assumere quegli atteggiamenti che hanno radice nella povertà di spirito: il povero, già nella Prima Alleanza, è colui che ha fiducia in Dio e solo in Dio!; il povero costruisce la pace, rigetta la violenza, ha fame e sete di giustizia, è misericordioso, è puro perché fa sempre corrispondere l’interno del cuore all’esterno della vita; il povero è afflitto. Su quest’ultima espressione (che è la seconda beatitudine) vale la pena soffermarsi: perché Matteo dà tanta rilevanza agli afflitti? Chi sono? Per Matteo l’uomo delle Beatitudini fa propri i problemi del Regno, ne soffre, ne è afflitto; è beato chi concretamente soffre perché la Chiesa è divisa, perché non è sempre segno della presenza di Dio, soffre per i propri peccati; è uno che lotta perché il mondo possa essere altro e lo fa con l’arma più efficace che ha: la sua santità, la sua disponibilità a essere concretamente altro.
Le Beatitudini, insomma, non sono un generico sentimento buono e positivo ma sono concreti e coraggiosi passi per un’umanità nuova e segnata dalla giustizia, dalla pace; sono concreti e coraggiosi passi per essere “icona” di Cristo Gesù che le Beatitudini le incarnò e ne fece lo stile della propria vita, la sua risposta al Padre da cui tutto, nell’eterno e nella storia, comprendeva d’aver ricevuto.
La storia della santità nella Chiesa è la storia degli infiniti modi di declinare questo concretissimo essersi compromessi con l’Evangelo; è la storia dei modi sconfinati di incarnare le Beatitudini che lo Spirito ha suscitato con la sua fantasia, con il suo rispetto per le diversità delle persone, con il suo realismo attento alla storia ed ai suoi aneliti.
Essere santi è costoso ma è per tutti i battezzati; non si può, non si deve desiderare un po’ meno di questo.
Creati per la santità, redenti dal Santo, non possiamo fare altro che lottare quotidianamente per la santità. Diversamente tutto diventa grigio ed insensato, si smarrisce l’umanità e si assumono volti deformato in cui l’Adam non è più riconoscibile.
L’alternativa è netta: o santi o meschini, o santi o schiavi, o santi o complici della mondanità e dell’odio, o santi o folli costruttori di una Babele che precipita nella confusione.
La santità è una scelta di campo.
P.Fabrizio Cristarella Orestano



