La Liturgia di Venerdi 3 Novembre 2017 VANGELO (Lc 14,1-6) Commento:Rev. D. Darío Gustavo GATTI Giorgio ISSDSch(Rosario, Santa Fe, Argentina)
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed
ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Parola del Signore

«È lecito o no guarire di sabato?»
Rev. D. Darío Gustavo GATTI Giorgio ISSDSch(Rosario, Santa Fe, Argentina)
Oggi il Vangelo ci mostra Gesù: fermo come un bue, mite come un asino. Si trova in casa di un fariseo importante; è sabato. «Essi stavano a osservarlo» (Lc 14,1). In questo clima di giudizio, Gesù guarda davanti a sé e vede un uomo idropico. La sua domanda è diretta: «È lecito o no guarire di sabato?» (Lc 14,3). Una domanda che sfida la rigidità della legge in nome della compassione, del cuore. La legge del sabato, come la nostra domenica, era destinata al riposo e alla santificazione, ma si era trasformata in un peso. Con l’immagine del «figlio o del bue caduto in un pozzo», Gesù mette in luce l’incoerenza di coloro che, preoccupati per i propri beni, li avrebbero salvati senza esitazione, mentre avrebbero rimandato — perché sabato — la guarigione di una persona.
Uno che fu tratto fuori da un pozzo è Saulo di Tarso. Immaginiamo la sua azione di grazie, in sintonia con le parole di papa Leone XIV: «Mentre allora ringraziamo il Signore per la chiamata con cui ha trasformato la sua vita…, gli chiediamo di saper coltivare e diffondere la sua carità, facendoci prossimi gli uni per gli altri.» San Beda interpreta il bue e l’asino come «i popoli giudeo e gentile, chiamati a essere liberati dal pozzo della concupiscenza.» Gesù libera tutti, senza distinzione di condizione o di tempo. Essendo il “Figlio”, avrà certamente ricordato quella notte a Betlemme, sotto lo sguardo tenero di Maria e Giuseppe, quando un bue e un asino lo contemplavano: quel Bambino venuto a tirarci fuori dal pozzo del peccato, tutti e per sempre. Oggi, con occhi di misericordia, ci invita a guardare prima alle persone che alle cose, a dare priorità alla vita, ogni giorno.
La guarigione di oggi, e la parola di Gesù, ci interpellano: le nostre norme, tradizioni o comodità ci impediscono forse di vedere la necessità dell’altro? La mensa — simbolo e sacramento della comunità e della vita eucaristica — alla quale siamo tutti invitati, riflette una verità profonda: la nostra vita ha un valore incalcolabile. A quella mensa, Gesù lava i piedi, si dona come alimento e ci raccomanda: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19).
La voce di Carlo Maria Martini

Mangiare il Corpo e bere il Sangue del Signore significa lasciarsi invadere dalla sua vita, dal suo modo di pensare, dalla sua coscienza di Figlio.
31 Ottobre Vangelo del Giorno Commento Benedizione ☩ Liturgia della Parola




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