Alessandro Cortesi Commento Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

Domenica 23 Novembre (SOLENNITA’ – Bianco)
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

2Sam 5,1-3   Sal 121   Col 1,12-20   Lc 23,35-43

Di Alessandro Cortesi op 🏠home

“il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto”

Luca nel racconto della passione fa intravedere come Gesù sia veramente re, ma il suo modo di essere re è diverso e capovolge le attese di un re dai tratti della forza della potenza e della violenza.

Sotto la croce, nel vedere ciò che stava accadendo, c’è chi dice : “Ha salvato gli altri. Salvi se stesso!”. E’ un riconoscimento a Gesù che ha vissuto la sua vita per salvare altri. “Ha salvato” infatti quando ha toccato i lebbrosi, quando ha fatto vedere i ciechi, quando ha raddrizzato chi era curvo e abbattuto, quando ha dato vita a coloro che erano morti dentro, quando ha ridonato capacità di sognare e di pensare futuro ai piccoli e umili, quando ha mangiato e bevuto con gli esclusi. Ha salvato. Ha salvato gli altri! Ma in queste parole di chi urla contro di lui c’è anche uno scherno, perché Gesù ora non salva se stesso, non pensa a sé… è debole, incapace…è vittima della violenza che prevale e lo schiaccia.

Tutti urlano con insistenza perché non salvi te stesso? E’ la voce dei capi, dei soldati, ed anche di uno dei due malfattori. Queste voci riflettono le attese di qualcuno forte e potente: il segno di un Messia amato da Dio doveva essere la sua grandezza, il suo affermarsi sopra gli altri, il suo essere un vincitore che domina e fa la guerra… Si aspettavano un re, un messia capace di salvare se stesso, e si trovano di fronte invece ad un debole. Pensavano che per prima cosa ognuno deve pensare a salvare se stesso. Si aspettavano un messia re che si affermava salendo sul trono, manifestando potenza, schiacciando gli altri.

Ma tra coloro che erano presenti in quel momento c’è anche un’altra voce, diversa, quasi silenziata: una voce che chiama Gesù re e gli dice ‘ricordati di me’. E’ una voce stonata nel coro dello scherno che esprime un modo di vedere diverso. Chi urlava ‘salva te stesso’ non riusciva a vedere. Era prigioniero di un modo di concepire la grandezza come potenza e come violenza. Ma c’è qualcuno che vede e riconosce: è voce vicina proveniente dalla sofferenza. E per questo il tratto di questa voce è quello della vicinanza, della richiesta di ricordo, di non restare solo. Chiama per nome Gesù e parla di ricordo, di una nuova realtà, il regno, che sta per iniziare. In quella fine si delinea la luce di un nuovo inizio, di un regno come comunione di incontro. In quel momento Gesù manifesta un altro tipo di re, e capovolge la prospettiva di chi urlava ‘Salva te stesso’.

Chi riesce a vedere oltre il buio è un malfattore. Secondo il racconto di Marco è un pagano, un centurione romano che in quel momento scorge ciò che altri non vedono. Nel volto di quell’uomo sfigurato intravvedono il volto di Dio, vedono il darsi di un amore che va oltre le comuni misure umane. Questo è per Luca l’essere re di Gesù: Gesù è re perché si pone a servizio, ama, si prende cura. Fino all’ultimo.

Gesù è presentato come un re che non spadroneggia, ma è debole, non è re dell’onnipotenza, inerme. Il suo regnare si delinea come abbandono e perdono, e vive la morte come servizio per salvare gli altri e non se stesso.  E l’ultimo gesto della sua vita è di accoglienza e di liberazione in continuità con il suo comportamento lungo tutto il cammino fino a Gerusalemme. Il trono regale è il momento della umiliazione che diviene luogo di amore fino alla fine. E’ re perché la sua parola di perdono è parola creatrice. Ma anche perché riceve una parola di amicizia e di vicinanza che per lui diviene conforto che rompe la solitudine di quel momento: Ricordati di me. E si fa promessa di comunione.