Domenica 30 Novembre (DOMENICA – Viola)
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Is 2,1-5 Sal 121 Rm 13,11-14 Mt 24,37-44
Di Battista Borsato
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio
dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e
prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il
diluvio e travolse tutti: così sarà anche della venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel
campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e
l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il
padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la
casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo”.
(Mt. 24, 37-44)
Oggi inizia il nuovo anno liturgico che dovrebbe segnare il cammino non solo personale ma anche
comunitario, nel contatto con gli eventi e le parole di Gesù. Questo è per ravvivare la nostra fede o
ancora meglio accendere il nostro amore verso persone e problemi. Solo nell’amore e con l’amore
l’uomo potrà ritrovarsi e salvarsi. E “salvarsi” non pensando all’al di là ma diventando più umano e
più se stesso nell’al di qua. Diceva Bonhoeffer: “Il cristiano non è un uomo religioso, ma un uomo
semplicemente, un uomo che ama l’al di qua con l’amore di Dio”.
E questo anno liturgico inizia con il tempo di Avvento, un tempo, come sappiamo, di attesa del
Natale. E questa attesa è siglata dall’invito a vegliare: “vegliate”. Nelle scritture bibliche ricorre
come un filo rosso questo appello: “Vegliate e pregate” o “Pregate e vegliate”.
La spiritualità cristiana altro non è che questo vegliare e pregare, vegliare pregando e pregare
vegliando: la preghiera non sta mai da sola, è sempre collegata al vegliare. Pregare è una cosa
buona vegliare ancora meglio.
Perché pregare per molti è ancora inteso come pensare all’al di là, mentre vegliare riguarda il come
rispondere all’al di qua. Allora la congiunzione vegliare e pregare dà meglio il senso dell’attenzione
da dare alle aspettative della vita e agli appelli di Dio.
“Nei giorni di Noè gli uomini mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano
marito”.
Queste azioni sono umane e per niente condannabili e l’evangelista si limita ad una semplice
constatazione: non c’è alcun giudizio negativo. Gli uomini non facevano niente di male, ma
l’evangelista vuol rilevare che essi erano solo impegnati a vivere. Non si parla di peccati, di
ingiustizie, ma di troppo quotidiano, di solo quotidiano. Descrive una vita senza profondità,
senza ideali. Noi diremmo oggi: quegli uomini e donne si lasciavano vivere.
Potremmo essere noi stessi quando pensiamo solo ai nostri bisogni e non sappiamo più
sognare, quando dimentichiamo che il segreto della vita è oltre noi stessi; quando cerchiamo
di placare la nostra fame di cielo con bocconi di terra. L’uomo è qualcosa di più. Ha sete di
infinito. Non va mai dimenticata l’espressione di S. Agostino: “Il nostro cuore è inquieto
finché non riposa in te, o Dio”. È Dio il simbolo dell’apertura, della trascendenza, della
ricerca continua di ciò che ci fa vivere e allargare.
“Mangiavano e bevevano e non s’accorsero di nulla”.
È possibile vivere senza accorgersi di nulla, neanche di chi ti sfiora nella tua casa, di chi ti
rivolge la parola; senza accorgersi di cento naufraghi a Lampedusa, di questo pianeta
depredato, di un altro attentato a Baghdad. Vivere senza saper vedere i volti: volti di popoli
in guerra; volti di bambini vittime di fame; volti di donne violate, uccise; volti di esiliati, di
profughi, di migranti in cerca di sopravvivenza e dignità; volti di carcerati nelle infinite
carceri del mondo; volti di ammalati; volti di lavoratori precari che non trovano lavoro. Il
benessere ha inaridito il nostro cuore e annebbiato i nostri occhi. È come un diluvio che sta
generando indifferenza e apatia.
“Due uomini saranno nel campo, uno sarà portato via, e uno lasciato. Due donne
macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata”.
L’interpretazione di queste immagini, ma pure di tutto il Vangelo, è sempre stata orientata
alla morte, all’al di là. In questa lettura a mio parere non si parla di morte, ma si delineano
due modi di vivere.
Vi sono descritti due modi di vivere, o meglio due modi diversi di stare nel campo della vita:
uno vive in modo adulto, uno invece in modo puerile; uno vive affacciandosi sull’infinito,
per coglierne gli aspetti, i problemi e crescere, l’altro vive chiuso nella propria pelle,
soltanto rivolto e preoccupato dei suoi problemi o meglio dei suoi interessi e non si lascia
coinvolgere. Di fronte al mondo che cambia rimane spaesato, stordito e alla fine emarginato.
Non è il Signore che lo lascia, lo abbandona. È lui che si è lasciato vivere, che non ha
camminato, non si è aperto e non aprendosi viene abbandonato: non riesce più a capire la
Chiesa che cambia, la cultura che si rinnova, non si sente più inserito nel flusso vitale del
cammino dell’umanità.
La mia esperienza mi mette anche in contatto con molte persone della terza età e con molti
nonni. Ci sono nonni (oggi più di ieri) che non smettono di leggere, di interrogarsi, di
confrontarsi con le nuove idee e sono amati e cercati dai giovani e dai nipoti e le loro
competenze apprezzate perché sono sorgente di arricchimento e perché ricevono stimoli
dalla giovinezza delle loro idee e dei loro sogni. Ce ne sono altri invece che rifiutano le
novità del mondo che cambia; non si lasciano scuotere e sconvolgere nelle loro posizioni;
rimangono fissi nelle loro idee, sempre tesi a condannare e mai ad ascoltare. Queste persone
anziane o nonni non potranno avere un dialogo e un confronto aperto con i giovani e con i
nipoti e si sentiranno emarginati e non valorizzati. Sono loro la causa della loro
emarginazione perché non si sono lasciati tormentare dalle domande del presente per
mettere in discussione continuamente il proprio pensare.
Gesù ci invita a “vegliare” cioè ad avere il cuore e gli occhi aperti a cogliere il nuovo che
arriva. Chi saprà coglierlo crescerà, “verrà portato via”, chi si chiude verrà lasciato. Il saper
vegliare vuol dire non smettere mai di interrogarsi per imparare a sorprendersi. Scriveva il
filosofo Spinoza: “Di fronte al nuovo non ridere (tutto va bene), non piangere (tutto va
male), ma “intus-legere”, leggere dentro per capire. Il capire traduce bene il senso del
vegliare.
“Se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro… ”.
Anche qui sembra profilarsi l’immagine della morte. Quasi sembra che il Signore venga per
togliere la vita. Gesù è per la vita ed è contro la morte, egli viene non per togliere, ma per
dare. Gesù irrompe nella nostra vita, nella nostra casa, non per prendere la vita. Dio non è un
ladro di vita. Mi sembra una bestemmia. Viene per donare nuove idee, nuove prospettive,
nuove sensibilità: una nuova vita Mette a soqquadro la casa per renderla più fervida di
orizzonti, di volti nuovi, di speranze. Perché egli possa entrare dobbiamo fare il vuoto di
cose inutili, di cose che non saziano.
Due piccoli pensieri:
- Il rischio di vivere il quotidiano senza sogni.
- Dipende da noi l’essere emarginati.



