Don Paolo Zamengo”L’avvento è un’avventura”

Domenica 30 Novembre (DOMENICA – Viola)
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Is 2,1-5   Sal 121   Rm 13,11-14   Mt 24,37-44

Di Don Paolo Zamengo

L’Avvento inaugura il tempo della salvezza ma è triste
constatare come il Natale sia stato scippato da chi vende
panettoni e spumante. Tutto si riduce ormai alle cantilene
natalizie, alle luminarie lungo i viali dei negozi, in una
massiccia invasione di offerte dei centri commerciali. Sulle
nostre strade le luci sono accese già da metà novembre e i
supermercati sovrabbondano da un pezzo di montagne di
panettoni, cioccolato e quant’altro.

Il Bambino Gesù rimane un pretesto, ucciso ancora prima di nascere, dalla violenza persuasiva e
narcotizzante del mercato. Ho sentito che da qualche parte si organizzano feste “trenta giorni prima di
natale”, per farsi gli auguri e scambiarsi i regali. Poi, a Natale, si va in vacanza a sciare. Quando va bene si
organizzano collette per un ente benefico, o portiamo alla Caritas gli abiti usati, badando bene però di non
lasciarci coinvolgere in azioni di giustizia e di reale solidarietà con i poveri.
Il Natale rimane un momento, non una scelta di vita, una visione del mondo, l’incontro con un Dio che si fa
uomo. Così l’amore e la fede si spengono. Essere cristiani diventa una cosa del tutto irrilevante. Vuoto a
perdere. I cristiani delle prime comunità pregavano con insistenza: «Vieni, Signore Gesù!». Noi invece lo
preghiamo di non venire, di allontanarsi, perché abbiamo altri programmi: se mai Dio, deve rimanere sullo
sfondo, di riserva. Non si sa mai.
Intanto nelle ultime settimane ancora centinaia di donne uomini e bambini sono morti a causa delle nostre
guerre “intelligenti” sparse su tutta la terra. A Gaza i bambini continuano a morire e in Sudan c’è una
carneficina di cui nessuno parla. Qualche settimana fa il vescovo di Napoli così diceva ai potenti: “La guerra
è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere. Ogni proiettile è già previsto nei
fogli di calcolo di chi guadagna sulle macerie. L’umano muore due volte: quando esplode la bomba e
quando il suo valore viene tradotto in utile. Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti.
Finché le armi detteranno l’agenda, la pace sembrerà follia”.
Il Natale è un abbraccio, non un’arma puntata addosso. Questa nostra umanità, che oggi vive un tempo di
smarrimento, di solitudine, di paura, di estraniamento, troverà di nuovo la direzione di marcia, avrà ancora
la forza di camminare lungo il difficile sentiero della giustizia e della pace? Profeta è colui che ha il coraggio
della speranza: Verranno giorni». «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno
falci». Il profeta Isaia arriva alla provocazione. Egli vede sorgere tempi di pace, come una nuova alba,
quando il mondo sembrava essere avvolto dalla tenebra più fitta.
Oggi «l’arte della guerra» si insegna ancora e si pratica ovunque. Con l’insaziabile soddisfazione dei
mercanti di morte. É giunto il tempo di reagire, di alzare la voce, come il profeta Isaia. Al profeta risponde
l’apostolo Paolo: «Consapevoli del momento». Non c’è più tempo per aspettare ancora. Dobbiamo
«svegliarci dal sonno» perché «il giorno è vicino». Ora è tempo di agire, indossando «le armi della luce».
Questo è Avvento.
Facciamo nostri tre propositi, che sono anche tre doni di grazia, per questo tempo di Avvento.  Innanzitutto
dobbiamo riscoprire perché ci diciamo cristiani. Non si può esserlo se continuamente abbassiamo l’asticella
della coerenza e annacquiamo la forza del Vangelo. In secondo luogo è importante che noi ci sentiamo
amati. «Spero che tante persone abbiano saputo di essere molto amate da Gesù e si siano lasciate
abbracciare da lui», scriveva papa Francesco. Sì, essere cristiani è, prima di tutto, lasciarsi portare da
questo abbraccio, in un incessante pellegrinaggio di fiducia.
Infine, per tutti noi credenti, si tratta di essere docili all’azione dello Spirito Santo in noi, che è come un

fuoco che arde. La Chiesa è il Vangelo, è l’opera di Cristo. Non è un cammino di idee, uno strumento per
affermarle. E nella Chiesa le cose entrano nel tempo, quando il tempo è maturo.
Non avvenga per noi quello che accadde nel tempo di Noè: «nei giorni che precedettero il
diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò
nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e li travolse tutti». La tragedia, ieri e anche oggi,
è di «non accorgersi di nulla»: far finta di non vedere lo straniero, il povero, l’ammalato; far finta di non
vedere chi vende armi e droga, chi pratica la menzogna, chi corrompe l’innocenza dei bambini, chi violenta
e uccide le donne…tanto, abbiamo altro da fare, di più urgente.
E poi «Voi tenetevi pronti». Vivere l’Avvento è abitare il tempo con responsabilità, con infinita pazienza,
dilatando gli spazi di un amore che sa accogliere i poveri e i piccoli, lo straniero e l’ammalato, e rimanendo
disponibili alle sorprese di Dio. Il Signore è alla porta e bussa. Se qualcuno ascolta la sua voce e gli apre, egli
verrà da lui e prenderà posto a tavola assieme a lui. E la casa si riempirà del suo profumo.
Avvento è spalancare le porte a Cristo e accoglierlo in tutti i “piccoli” della terra.