Domenica 30 Novembre (DOMENICA – Viola)
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Is 2,1-5 Sal 121 Rm 13,11-14 Mt 24,37-44
Di Alessandro Cortesi op 🏠home
Tre simboli segnano le letture di questa prima domenica di Avvento, tempo dell’attesa, tempo in cui aprire gli occhi sul suo farsi vicino in Gesù, sul suo parlare a noi e chiamarci nella nostra storia.
‘Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci’: il sogno di Isaia parla del monte del Signore, la città di Gerusalemme, come città di pace, luogo a cui i popoli convergono e si incontrano.
Una seconda immagine è proposta da Paolo nella lettera ai Romani: ‘ormai è tempo di svegliarvi dal sonno, gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce’. Si tratta di un riarmo diverso e alternativo, opposto alla logica del riarmo che segna anche il triste presente. Le uniche armi da prendere sono quelle della luce, che potremmo tradurre le armi della nonviolenza, capce di illuminare, che vincono ogni sonno della ragione e che possono rendere svegli, cioè vigilanti a fronte di un impegno a costruire una vita insieme che contrasti la violenza e l’oppressione.
Nella pagina del vangelo è poi presente il tema dell’ora, che racchiude il riferimento al senso del tempo che viviamo, all’urgenza di rimanere con attenzione nel presente.
Sono così richiamati alcuni atteggiamenti da coltivare nel tempo: tutto è rapportato ad un’ ‘ora’ in cui si attua il venire del ‘Figlio dell’uomo’. E’ questo un titolo con la prima comunità indica Gesù risorto. C’è un’attesa di ritorno, ma si scopre anche che nella sua assenza Egli continua a rendersi vicino e a venire. Non si può rimanere indifferenti. Nel libro di Daniele (cap. 7) questa figura del Figlio dell’uomo aveva i tratti di un essere divino in rapporto con ultimi tempi in vista di un giudizio. Matteo nel suo vangelo dice che questa ‘ora’ non è qualcosa di lontano e futuro, ma è una dimensione del presente. Sin d’ora la vita può essere affrontata in modo diverso. E così riprende alcuni detti di Gesù che richiamava ad un’attesa con attenzione. Ai tempi di Noè ‘mangiavano e bevevano… non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e ingoiò tutti’. Ci può essere infatti un modo di vivere distratto, indifferente, preso da cose superficiali: è il vivere di chi sta chiuso nella piccola ‘bolla’ di affari, carriera, preoccupazioni, che non si lascia coinvolgere dalla sofferenza degli altri. Noè invece fu attento ai ‘segni’. Operò concretamente per la vita degli altri e dell’intero creato.
Matteo invita ad essere vigilanti, a tenere gli occhi aperti sulla storia: ci sono segni della presenza di Dio a cui prestare attenzione. Vegliare è termine della cura, di chi sta accanto, di chi sa attendere. Vegliare indica l’attenzione al presente. Anche se tutto proteso al futuro chi veglia è concentrato in un adoperarsi in un porsi a servizio qui ed ora.
Il ‘giudizio’ non è qualcosa di esterno, una sentenza che arriva da lontano, ma si attua nel modo in cui impostiamo l’esistenza, nelle scelte ordinarie. L’incontro con Cristo che viene sta nelle pieghe del presente. Attenzione allora è l’attitudine di chi trova unità nella sua esistenza e indica apertura alla gratuità di Dio, alla salvezza come venire di qualcuno che accoglie e prende con sè.



