Domenica 14 Dicembre (DOMENICA – Viola o Rosaceo)
III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) – GAUDETE
Is 35,1-6.8.10 Sal 145 Gc 5,7-10 Mt 11,2-11
Di Battista Borsato
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi
discepoli mandò a dirgli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” Gesù rispose loro:
“Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i
lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti resuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui
che non trova in me motivo di scandalo!”. Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni
alle folle: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi
dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui
del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo
nel regno dei cieli è più grande di lui”.
(Mt. 11, 2-11)
Anche questa domenica terza di Avvento è dominata dalla figura di Giovanni Battista. Domenica
scorsa l’abbiamo visto e sentito predicare nel deserto e invitare le persone a convertirsi. Dal
Vangelo di Luca appare che il Battista sia della stessa età di Gesù, anzi cugino. Fin da ragazzo
Giovanni vive in regioni deserte, forse a contatto con i monaci, detti Esseni, che vivevano in quelle
zone con tre impegni: il celibato, la vita comunitaria, il confronto con la Parola. Giovanni Battista è
una figura ascetica: veste di peli di cammello e mangia, poveramente, locuste e miele selvatico.
Ma ciò che più importa è che Giovanni Battista annuncia un Messia duro, rigoroso che quando
verrà sarà come la scure che abbatterà gli alberi che non danno frutto e brucerà la pula con fuoco
inestinguibile, cioè il Messia quando verrà distruggerà i peccatori ed eliminerà le persone ingiuste.
Giovanni non era per nulla dolce, né indulgente e preconizzava un Messia che sarebbe venuto a
dividere: da una parte i peccatori e dall’altra i giusti. Gesù invece non si comporterà così. Ma
veniamo a esplicitare questo pensiero esaminando due espressioni:
“Giovanni che era in carcere e sente parlare di Gesù” Perché Giovanni era in carcere?
Egli si trovava in carcere, e sappiamo il perché: aveva avuto l’ardire di rimproverare Erode
Antipa della sua relazione incestuosa con Erodiade, moglie del fratello Filippo. In carcere,
Giovanni godeva di una certa libertà perché stimato da Erode: vi potevano entrare i suoi
discepoli, i quali gli raccontavano sicuramente ciò che Gesù diceva e faceva. Ma quello che
Gesù diceva, e soprattutto quanto faceva, non sembravano in linea con il messaggio ed il
tipo di messianismo prefigurati dal Battista. Gesù, infatti, entrava in casa di tutti, andava
addirittura a mangiare con i peccatori, cosa inaudita: ricordiamo che la legge proibiva
persino di salutarli. Il mangiare insieme, per gli ebrei, alla stessa tavola, rivestiva un valore
altamente simbolico: testimoniava amicizia, amore, condivisione della propria vita con
l’altro. E come può Gesù essere il Messia, se non rispetta neppure le più elementari regole
religiose? Come può essere colui che viene a riportare l’ordine e a sollecitare la giustizia, se
si permette un’amicizia con i peccatori?
Queste domande erano senz’altro presenti negli animi dei corregionali di Gesù, e
palesemente affioravano anche in Giovanni.
E allora cosa fa Giovanni Battista? Non emette un giudizio sicuro su Gesù né lo condanna
subito, vuol rendersi conto. Giovanni ha il dubbio se Gesù sia il Messia atteso e vuole
verificarlo. Lo verifica mandando i suoi discepoli a interrogarlo: “Sei tu colui che deve
venire o ne dobbiamo aspettare un altro?”
Vorrei che mettessimo a fuoco il dubbio di Giovanni. Giovanni è un profeta, è l’inviato a
preparare il Messia ma il Messia che egli annuncia non corrisponde alle sue idee e si mette
in dubbio, si mette a riflettere. Si interroga. Questo vuol dire che anche Giovanni non
vedeva tutto chiaro, che anche un profeta è sempre inadeguato alla Parola che annuncia o
meglio che la Parola, in questo caso il Messia, è più grande di lui. Il dubbio non diminuisce
la grandezza del Battista, anzi lo innalza perché chi dubita si mette in ricerca per capire
meglio la verità. Si deve riscoprire il valore del dubbio come spinta a uscire dalle proprie
idee e mettersi in ricerca dei pensieri di Dio. Le persone che hanno dubbi, domande sono
persone vive che vogliono pensare con la propria testa e non lasciarsi pensare.
Io vedo qui la grandezza di Giovanni Battista.
“Gesù rispose loro: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete…i ciechi
riacquistano la vista…”
Gesù non risponde direttamente. Se anche avesse risposto, la sua parola sarebbe forse
apparsa credibile? Quando si dubita di una persona, si dubita anche di ciò che dice. Egli,
piuttosto, fa riferimento ad alcuni segni che ha operato: ha fatto vedere i ciechi, camminare
gli storpi, ha guarito i lebbrosi, hanno riacquistato l’udito i sordi, i morti sono risorti. Queste
erano le azioni che, secondo la profezia di Isaia, identificavano la persona del Messia. Da
questi segni Giovanni capisce: intuisce che Gesù è il Messia. È un Messia diverso da come
si attendeva, ma il profeta ha il coraggio di rettificare le proprie idee, piuttosto che chiudersi
e rifiutare le sorprese del nuovo. Questa è il grande valore di Giovanni Battista: la sua
capacità di correggere la propria visione.
Un vero profeta è infatti sempre in movimento, in progresso, disposto a cambiare e ad
accogliere l’imprevisto, conscio che la parola che annunzia è più grande di lui: non compie
l’errore di ritenersi infallibile, poiché conosce i limiti della propria intelligenza, e sa di non
poter abbracciare tutta la verità. Neppure può pretendere di andare esente da errore.
Ammettere di aver sbagliato è senz’altro un segno di povertà, ma è anche un atto di fede in
Dio, che supera sempre ogni nostra debolezza.
Due inviti rivolgo a me e a voi:
Gesù non rimprovera Giovanni di aver dubitato anzi lo dichiara un profeta, più di un profeta.
Allora avere dei dubbi non è negativo, anzi essi sono una risorsa se vengono affrontati come
ha fatto Giovanni mandando i suoi discepoli a interrogare Gesù.
Lasciarsi scandalizzare da Gesù dal suo modo di pensare e operare, dal suo modo di
presentare la fede diverso dai nostri pensieri, è la strada per crescere nella sua mentalità.
Se uno legge il Vangelo e non prova scandalo, cioè stupore non coglie bene il pensiero di
Gesù.
Due piccoli impegni
- Dubitare delle nostre idee.
- Trovare tempi e spazi per affrontare i dubbi.




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