Domenica 21 Dicembre (DOMENICA – Viola)
IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Is 7,10-14 Sal 23 Rm 1,1-7 Mt 1,18-24
Di Figlie della Chiesa🏠home
Nell’ultima domenica di Avvento la liturgia ci invita a interrogarci su quale sia l’ultimo passo da compiere per accogliere degnamente il Figlio di Dio, nel mondo e in noi.
Le Letture presentano atteggiamenti opposti: nella prima lettura Isaia ci presenta Acaz, re di Giuda, il quale rifiuta di seguire il Signore, non si fida, preferisce confidare nell’appoggio militare dell’Assiria e nelle amicizie altolocate; nel Vangelo, invece, Giuseppe ha il coraggio di mettere da parte i suoi desideri e di porsi a servizio di coloro che ama. Il risultato sarà che il primo perderà tutto il suo regno e verrà privato della sua libertà, mentre il falegname di Betlemme guadagnerà la salvezza per lui e per tutta l’umanità, rimanendo fedele alla legge dell’amore.
Chissà quante domande nella testa di Giuseppe, prima di accettare quella gravidanza così inaspettata, così strana, forse assurda… e il dubbio tormentoso se continuare la sua storia con Maria o mollare tutto, abbandonandola in preda alla vergogna e allo scandalo…
“Uomo giusto”, Giuseppe decide di prendersi tempo per riflettere, per stare con se stesso, per entrare nei sentieri della sua anima alla ricerca di risposte a questa situazione così delicata: non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto; sceglie la discrezione, la riservatezza, il nascondimento: ripudiarla in segreto voleva dire non fare del male a Maria, non metterla alla gogna, al pubblico ludibrio; era un modo per riflettere su quel figlio in arrivo, forse anche considerando la possibilità di essergli “padre” accettando ciò che lo Spirito Santo aveva già compiuto.
Dio viene in suo soccorso: l’angelo del Signore gli appare in sogno per spiegargli l’accaduto e invitarlo a non temere di prendere Maria con sé, confermandogli che il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; e che ella darà alla luce un figlio al quale Giuseppe stesso dovrà imporre il nome di Gesù. Egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati.
Ecco il collegamento con il brano del profeta Isaia riportato nella Prima Lettura: il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.
Emmanuele – lo sappiamo – significa: Dio con noi.
A pochi giorni dal Natale la liturgia ci presenta il Dio Bambino, il Dio che sceglie di farsi uomo per condividere la nostra umanità, con tutte le sue fragilità e bellezze.
Siamo pronti ad accogliere l’Emmanuele? Oppure, girovagando tra un negozio e l’altro, tra luci e suoni, siamo distratti e non ci accorgiamo della sua venuta?
Forse a qualcuno fa comodo tenerlo nascosto sotto la paglia della culla, innocuo, paffutello, immobile nel suo giaciglio; più starà fermo e invisibile, meno sarà scomodo e destabilizzante sulle strade della vita quotidiana. Un “Dio con noi”, ma non troppo; un Dio da vetrina, bello da vedere illuminato dai led natalizi… Un Dio silenzioso e cieco che sappia rimanere a distanza dalle logiche dell’epoca attuale, un Dio vecchio e fuori moda a cui nessuno crede più; un Dio buono per le favole e le storie natalizie, magari che vola su nel cielo con le renne insieme a babbo natale… Sì, questo Dio può andare, promosso a pieni voti!…
Invece, quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa: Giuseppe “uomo giusto” è anche un “sognatore”, accoglie il mistero che gli sta davanti e decide di aderire a quel sogno, a una paternità inusuale. Diventare “padre” grazie allo Spirito Santo sceso su Maria… è veramente un sogno! Quel bambino di natura divina che si fa chiamare Gesù da lui, umile falegname, sposo di Maria, è qui a sottolineare l’unione tra il cielo e la terra, tra il divino e l’umano: eccolo, il “Dio con noi”!
Certo, Giuseppe per abbracciare questo sogno ha dovuto rinunciare al suo progetto di fidanzato che credeva di realizzare una famiglia “normale”, con una moglie “normale”, con un figlio concepito “normalmente”. Accoglie la proposta inedita e meravigliosa di Dio, che gli fa esperimentare quanto è grande l’orizzonte di Dio!… La Sua fantasia e creatività non ha eguali, spiazza tutti quanti, lascia tutti a bocca aperta e immerge dentro “sogni” al cui fascino è difficile sottrarsi!
Così Giuseppe, uomo giusto, riesce a cogliere la “giustizia” di Dio nella sua “opera” e accetta la “rivoluzione” che riguarda la sua vita e quella della sua sposa. Non si ribella ai piani di Dio, è aperto all’accoglienza di un progetto nuovo; è uomo di fede che non soltanto ascolta la parola che gli viene rivolta, ma si assume tutte le responsabilità di uomo adulto nella fede che collabora con Dio.
- E noi, quanto ci sentiamo “adulti” nella fede?
- Siamo riusciti a scoprire qual è il sogno di Dio su di noi?
- Riusciamo a metterci in ascolto della sua parola e dei segni che lascia sul nostro cammino ogni giorno?
Dovremmo cominciare a guardare la vita con gli occhi della fede, iniziare ogni nuovo giorno con la voglia e la curiosità di scoprire quale appuntamento il Signore ha preparato per noi in ogni singola nostra giornata.
Possiamo imparare la duttilità spirituale da Giuseppe: ciò che è duttile è plasmabile e sa assumere forme convenienti alle circostanze. Non è virtù di poco conto: la duttilità spirituale è frutto di discernimento, è capace di coniugare creativamente Parola e realtà rimanendo fedeli nella sostanza ed essenziali e liberi nelle forme.
Ognuno di noi è chiamato a camminare sui sentieri di Dio con il suo passo, con le sue scarpe più o meno comode, con il sorriso o con il fiatone, con la gioia e l’energia che solo il Signore è in grado di regalare gratuitamente a chi gliela chiede.
San Paolo è un esempio concreto di questa duttilità: ha trovato molti modi per far conoscere il messaggio del Vangelo, fedele al contenuto essenziale della fede e scoprendo di volta in volta modalità adeguate per affrontare i cambiamenti che avvenivano intorno a lui; e vivendo con creatività la propria vocazione. Possiamo imparare molto da lui e farcela anche noi!
E allora buon Natale… e non stanchiamoci di “osare nel Signore”.




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