Don Marco Ceccarelli Commento IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)

Domenica 21 Dicembre (DOMENICA – Viola)
IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Is 7,10-14   Sal 23   Rm 1,1-7   Mt 1,18-24

Di Don Marco Ceccarelli🏠home

Testi di riferimento: Es 17,7; 33,14-16; 34,9; 1Sam 5,7; 6,9.20; Gdc 6,13-16; 1Re 8,57; 2Cro
13,12; 32,8; Gdt 13,11; Gb 14,4; Sal 103,3-4; 130,8; Is 4,2; 6,13; 11,1.10; 25,8; 42,1-4; 43,25;
44,22-23; 45,21-22; 53,2.11; Ger 14,9; 23,5-6; Ez 34,30; 37,26-27; Zc 3,8; 6,12; Mt 1,1; Mc 2,7; Lc
1,68; At 18,9-10; Rm 8,31; 1Tm 1,15; Tt 2,14; Ap 21,3-4

  1. La quarta domenica di Avvento si proietta verso la festa di Natale e la prima venuta di Gesù, riguardando l’adempimento delle promesse messianiche sul futuro re davidico presente nell’Antico Testamento, in particolare nei testi profetici. Essa evidenzia che Dio è fedele per sempre e mantiene le sue promesse al di là di ogni aspettativa umana, attraverso vie inaspettate. Anche quando la discendenza davidica sembra perduta e il regno impossibile, Israele deve credere che Dio manterrà ciò che ha promesso. Le vie di Dio non sono le nostre: Egli realizza le sue promesse in modi che non corrispondono agli schemi di chi attendeva, superando sempre le nostre aspettative ed essendo al di fuori dei nostri schemi.
  2. La prima lettura.
  • Si tratta della famosa profezia dell’Emmanuele, applicata alla nascita di Gesù. Isaia rivolge queste parole al re Acaz nel contesto di una minaccia da parte di alcuni re nemici. Il profeta esorta il re a fidarsi di Dio e non cercare alleanze umane, come quella con il re di Assiria, e lo invita a chiedere un segno. Tuttavia, il rifiuto del segno da parte di Acaz, per non tentare il Signore, appare come un atto di fede, ma in realtà nasconde la paura di riconoscere che Dio gli sta parlando e quindi di seguire la Sua volontà. Se Dio vuole dare dei segni, bisogna accettarli: rifiutare di farlo è mancanza di fede.
  • La profezia di Is 7,14 sottolinea il nome dato al bambino della vergine. Questo nome rappresenta la realtà che Dio sarà in mezzo al suo popolo per salvarlo. Al re, spaventato e pronto a cercare alleanze umane, Isaia ricorda che solo in Dio c’è salvezza, e Egli si farà presente per salvare. La forza della profezia risiede quindi nel nome “Emmanuel”, che indica la presenza del Signore tra il suo popolo e il Suo intervento per salvarlo. Ciò si realizzerà in Gesù in modo inaspettato e impensabile.
  1. Il Vangelo.
  • “Così fu generato Gesù Cristo” (v. 18). Questa frase, tradotta in questo modo, è fuorviante e condiziona l’interpretazione del brano. In effetti, qui non si parla affatto della nascita di Gesù. Il tema del racconto non è la nascita, ma come Gesù, che nasce verginalmente da Maria senza concorso di Giuseppe, è veramente il “Cristo”, cioè il Messia, dalla discendenza di Davide. Il senso della frase è quindi: “L’origine di Gesù in quanto Messia avvenne così …”.
  • Prima del nostro brano, Matteo presenta la genealogia che parte da Abramo e arriva, attraverso
    Davide, fino a Giuseppe. Però a differenza di tutte le altre generazioni non si dice che Giuseppe generò Gesù, ma che egli era «lo sposo di Maria dalla quale nacque Gesù chiamato Cristo» (v. 16).
    Dunque il nostro racconto non ha lo scopo di informarci della nascita verginale di Gesù da Maria, e
    nemmeno di raccontare come Giuseppe ne sia stato informato. Giuseppe già lo sapeva. Quello che
    Giuseppe non sapeva è che, nonostante che Maria fosse stata presa da Dio per un’opera speciale,
    egli doveva comunque tenerla come sposa e dare il nome al bambino.
  • “Giuseppe suo sposo era giusto” (v. 19). Giuseppe era già sposo di Maria perché fra i due si è già
    realizzata la forma giuridica, ma non la coabitazione. Nel momento in cui egli sa di quello che è avvenuto in Maria, pensa che sia il caso di ritirarsi. Il giusto è colui che ha di mira soltanto la volontà
    d Dio. Non guarda ai suoi sogni, ai suoi progetti, ai suoi diritti, ma al compimento della volontà di
    Dio. Capendo che Maria è stata chiamata da Dio per qualcosa di speciale Giuseppe pensa di farsi da
    parte. Certo, rinunciare a questo punto al matrimonio sarebbe un atto grave che metterebbe Maria in
    seria difficoltà. Perciò pensa di farlo segretamente. Ma su questo viene “corretto” dall’angelo.
  • Il messaggio dell’angelo non ha dunque lo scopo di informare Giuseppe che quanto è avvenuto in
    Maria è opera dello Spirito Santo; ma che nonostante che la gravidanza di Maria fosse opera dello
    Spirito Santo, di un intervento straordinario di Dio, tuttavia egli deve prenderla come sposa perché
    ella gli partorirà un figlio al quale dovrà dare il nome. Giuseppe pensava di ritirarsi per lasciare
    campo libero a quello che Dio voleva fare con Maria. In questo si mostra tutta la sua giustizia. Giuseppe aveva tutto il diritto di tenersi Maria per sé. Ma egli rinuncia al suo diritto, decide di farsi da
    parte; non vuole ostacolare il progetto divino. Ma proprio nel momento in cui Giuseppe dovrebbe
    uscire di scena Dio lo rimette in gioco. Quando si rinuncia a lottare con Dio, a voler ostacolare i
    suoi piani per realizzare quelli nostri, ancorché giustissimi, è allora che Dio ci rimette in gioco. È
    allora che anche noi entriamo a far parte della – e a collaborare alla – storia della salvezza. Così
    l’angelo dice a Giuseppe quale sarà la sua missione: prendere comunque Maria con sé, come sua legittima sposa e dare il nome al bambino. Dando il nome al bambino, riconoscendolo cioè come suo
    figlio, il bambino acquista tutti i diritti paterni, vale a dire entra nella discendenza davidica. Nonostante che Maria abbia concepito verginalmente per opera dello Spirito Santo, Gesù è veramente il
    Messia, il figlio di Davide, perché è legittimamente figlio di Giuseppe, che gli ha dato il nome, riconoscendone la paternità. Gesù è allo stesso tempo figlio di Dio – nel senso pieno del termine – e
    figlio di Davide (seconda lettura).
  • Gesù è l’Emmanuele (vv. 22-23). Quello che Giuseppe deve fare, cioè imporre il nome di Gesù al
    bambino, è spiegato come l’adempimento della profezia dell’Emmanuele presentata nella prima lettura. Però, viene da chiedersi, che c’entra il nome di Gesù con la profezia dell’Emmanuele? Gesù
    era un nome abbastanza comune; significa “Dio salva” o “Dio è salvezza”. Invece Emmanuele significa “Dio è con noi”. Siccome il tipo di salvezza che Gesù dovrà portare non verrà compresa facilmente, come appare nel seguito di Mt, l’angelo mette subito in chiaro che egli salverà il suo popolo dai suoi peccati. Ma ovviamente nessuno può salvare dai peccati se non Dio solo (Mt 9,3). Per
    questo il bambino sarà Gesù, cioè Dio salva (dai peccati) perché è l’Emmanuele, il Dio con noi. Essendo stato concepito dallo Spirito Santo, in lui si realizza perfettamente quanto contenuto nel nome
    Emmanuele. Soltanto se Dio viene in mezzo a noi possiamo ricevere quella salvezza vera che nessun uomo ci può dare, che è la salvezza dal peccato. Il Dio-con-noi è garanzia del perdono dei peccati. Con il Dio-con-noi inizia una nuova storia, una nuova umanità, non più segnata irreparabilmente dal peccato. Il Dio-con-noi è tutto quanto ci occorre, è l’unica cosa necessaria, perché se Dio
    è con noi non dovremo temere alcun male. Il vero male era dentro, non fuori. Ma ora che “dentro”
    c’è Dio-con-noi il peccato è annullato.

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