Alessandro Cortesi Commento NATALE DEL SIGNORE

Giovedì 25 Dicembre (SOLENNITA’ – Bianco)
NATALE DEL SIGNORE – MESSA DELLA NOTTE
Is 9,1-6   Sal 95   Tt 2,11-14   Lc 2,1-14

Di Alessandro Cortesi🏠home

Luca nel suo vangelo pone il racconto della nascita di Gesù nel quadro di un censimento. Si tratta di un procedimento di verifica e di controllo promosso da chi governa. Nel censimento c’è un comando dell’imperatore e l’esecuzione da parte del governatore della regione di Siria che era un territorio dominato dai romani. Censire un regno e una popolazione è un modo di affermazione del potere che vuole contare in tal modo la propria grandezza e avere strumenti di controllo. Nella Bibbia il censimento è il grande progetto di Davide per comprendere quanto fosse la grandezza del suo regno. Ma proprio questo fu considerato il suo grande peccato per cui pentirsi: il confidare nella forza e nel dominio, senza pensare che la sua autentica grandezza proveniva dal rimanere in ascolto di Dio, dall’affidarsi a Lui solo e non alle sicurezze del potere.

In questo grande quadro del censimento si dice che Giuseppe dovette recarsi dalla Galilea alla Giudea. E’ questa l’origine del viaggio dalla Galilea a Betlemme, villaggio della regione di Giudea. Qui Luca indica le origini di Giuseppe collegando così la figura di Giuseppe a quella linea di discendenza che proveniva da Davide stesso. Quindi congiungendo Gesù a Davide come suo figlio e suo erede. Lì a Betlemme era stato scelto Davide per divenire re d’Israele. Si viene ad unire in tal modo lo stesso Gesù alla promessa che Davide aveva ricevuto dal profeta Nathan: Non tu costruirai una casa a Dio ma Dio ti costruirà una casa come discendenza vivente. Il racconto di Luca rinvia quindi ad una storia in cui si rinnova quello sguardo che era stato posto su Davide quando venne scelto e in cui il venire di Dio si rende vicino in presenze piccole e fragili. Non il più grande non il più appariscente perché Dio non guarda alle apparenze ma guarda al cuore e perché Dio sceglie i piccoli per portare avanti il suo disegno di salvezza nella storia. Ed è una storia di attese, di promesse, di cammini.

In quel viaggio, in quel quadro che vede la storia dei piccoli sottostare ai desideri di potenza dei grandi, Maria che era incinta si trova a dover partorire. Nel suo racconto Luca fa emergere il contrasto tra il potere con le sue pratese e la discreta forza della vita che nasce e porta novità attraversando le pieghe dell’esistenza. E’ la bellezza e la luce di una nascita nel quadro di una storia segnata dalla grettezza del dominio. Luca descrive il momento della nascita senza ridondanze ma con una precisa sottolineatura: “ E lei partorì il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”.  Maria partorisce  in un contesto in cui il gesto della tenerezza, l’avvolgere in fasce,  segno della cura e dell’attenzione si contrappone all’esclusione, alla condizione di poter partorire solamente nella parte riservata agli animali perché non c’era posto per loro nell’albergo.

La nascita di Gesù esprime una novità di vita che si trova ad affrontare l’esclusione, la non accoglienza, il non esserci posto. Ma a fronte di tale distanza che viene posta e subita, si pare un’altra vicinanza diversa: in quella notte  alcuni pastori pernottavano all’aperto e sono i primi a ricevere luce. Luce che essi accolgono insieme ad un annuncio. L’annuncio è innanzitutto un invito a non avere paura, a non coltivare la paura. E’ annuncio di buona notizia di una grande gioia. “Ecco infatti, vi annuncio la buona notizia di una grande gioia che sarà per tutto il popolo” così si legge nella traduzione letteraria ecumenica 2025. E proprio questa traduzione rende il senso profondo di un annuncio che è bella notizia ed è invito alla gioia.  “oggi nella città di Davide è stato partorito  per voi un salvatore che è Cristo Signore”. E’ chiaro che Luca qui, nel momento della nascita di Gesù pone la sintesi del vangelo. E’ indicazione che risponde all’interrogativo chi è Gesù? E’ ciò che la prima comunità comprese di Gesù dopo l’intero suo cammino, dopo l’esperienza della Pasqua.  Gesù è visto come legato alla promessa di Davide, compie le attese di pace soprattutto di quel re giusto, unto messia, promesso a Davide. E quel bambino nato da Maria ha il volto di un salvatore, messia Cristo, Signore. Il suo esserci porta salvezza, inizia quel regno di fraternità e pace che era l’attesa, è Signore perché è il risorto che ha vinto la morte nel donarsi sino alla fine, dicendo che l’amore è più forte della morte.

Ma l’annuncio rinvia a cercare un segno: “Questo sarà per voi il segno: troverete un bambino, avvolto in fasce, posto in una mangiatoia”. E all’improvviso con l’angelo ci fu una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nei luoghi altissimi e pace in terra all’umanità, che egli ama” (ancora traduzione letteraria ecumenica).

C’è un annuncio portato a chi sta nella condizione di povero, sta in attesa e comprende cosa significa avere sete di giustizia e di pace. C’è un segno da ricercare ed è un segno piccolo, debole. E’ un segno che non conta nella grande storia di un potere che cerca il suo dominio con la forza, con la violenza. E’ un bambino inerme il segno. E c’è una luce che avvolge tutto, che sale dal basso e scende dall’alto. Il canto degli angeli messaggeri indica il senso di questo evento. Gesù che nasce riprendendo quel filo della storia di promesse e di attesa è presenza di vita e di luce. E’ annuncio che Dio si rende vicino nella storia non nei percorsi del dominio e della forza ma nell’inermità di chi è fragile, nei piccoli. Luca, accompagnando a scorgere un bambino avvolto in fasce, già indica il volto del crocifisso: Gesù vive nell’inermità di chi dona se steso per gli altri sino al gesto ultimo sino a perdersi sulla croce e non è schiacciato nemmeno dalla morte. Nel suo nascere prende su di sé e condivide le vicende di ogni volto e nome che porta il peso della sofferenza e dell’esclusione. Si fa solidale con i dimenticati, si rende vicino ad ogni pianto. Dio non sta lontano dalla piccolezza e dalla debolezza dell’umanità ferita, si fa vicino a ciò che è marginale, perduto, fragile. La nascita di Gesù è luce che avvolge di una buona notizia di gioia la vita di chi si sa perduto, dimenticato, escluso. Dio non lascia soli e condivide la nostra umanità per aprirla alla luce di una speranza, alla gioia di un incontro che non viene meno. “E sulla terra pace all’umanità, che gli ama”


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