don Marco Pozza”Il rumore e l’amore”

Giovedì 25 Dicembre (SOLENNITA’ – Bianco)
NATALE DEL SIGNORE – MESSA DELLA NOTTE
Is 9,1-6   Sal 95   Tt 2,11-14   Lc 2,1-14

Di don Marco Pozza🏠home

Il lupo li sbatte sulla strada: «Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra». Quella di numerare le persone è una vecchia passione degli uomini: numerare e registrare è ciò che di più diabolico la Scrittura Sacra conosca. Poco importa, la legge è legge: Giuseppe parte «insieme a Maria sua sposa che era incinta». Giuseppe, del lupo, tiene il medesimo sguardo selvaggio: nel lavorare il legno si allena a leggerne le trame silenti. Maria, invece, ha il cuore fragile di un passerotto. Partono, senza chiedere nessuna scontistica in merito alla situazione: “Andrà come dovrà andare, Maria: del finale non abbiamo notizia, l’unica notizia certa è che Dio resterà fedele alle promesse fatte”. Lei lo guarda, dall’alto dell’asino facente funzione di taxi: “Andrà benissimo, Giuseppe, vedrai: se è vero che a volte arriva il lupo e ti mangia è anche vero che, seguendo il lupo, certe volte arriverai a contemplare una luce che, altrimenti, mai t’apparirebbe”. Nel grembo di questa donna batte fortissimo un sogno, il sogno della storia: quando nascerà, sarà Lui in persona – andando a spasso coi lupi incattivitisi frequentando il peccato – a mostrare al mondo che con il lupo giusto accanto la foresta è piena zeppa di segreti che ti vuole narrare. Quando partono, però, il lupo resta lupo, con il menù in bella vista affisso sulla porta del locale: antipasto di paura, apprensione di primo, secondo d’angoscia e fior fiore d’incertezza come dessert. E la foresta rimane foresta: ignota, impenetrabile, chiusa. Siccome «andavano tutti a farsi censire», partono anche loro due, con il terzo in grembo. Partono perchè per loro, avvezzi sin da giovani agli imprevisti, ogni ostacolo potrebbe diventare un punto di partenza: in qualunque posto loro due vadano, ci andranno sempre con il cuore. Cuore in gola, cuore a mille, batticuore.

E’ un viaggio di affanno, sono giornate di partoriente, gli affanni tipici della maternità: «Si compirono per lei i giorni del parto». Giorni magici e tremendi di madre: la culla, la camera surriscaldata, lenzuola e panni già nella valigia. Dalla prima ecografia s’inaugura la dote del nascituro, si fanno le prove generali su altri nati per far sì che chi nascerà abbia il tappeto rosso. Tutte le madri sognano questo per i loro pargoli ma non per tutte andrà come sognato: «Per loro non c’era posto nell’alloggio». Con una macchina diversa dall’asino, un dress code più chic, un’odore meno di pastorizia addosso forse un posto lo troverebbero, anche se è tutto pieno. Sapessero chi è il Bambino ch’è in rampa di nascita, nessuno degli albergatori avvezzi a farsi bella pubblicità si lascerebbe scappare il fatto di poter, poi, appendere una targhetta sulla porta della camera: “Qui, il tal giorno, è nato il Re dei Re”. Non si accorgono dell’occasione per il semplice fatto che, ancora prima di nascere, Dio ha la passione del mimetizzarsi, del non farsi riconoscere, del nascondersi tra il pubblico rumoroso: “Troppo facile aprirmi le porte sapendo chi diventerò: le persone vere le riconoscerò nelle stagioni in cui meno brillerò, nelle quali meno conquisterò. Proprio lì io capirò la differenza tra l’amore e il rumore” pensava, ancora infante, il Cristo bambino. Se non c’è posto, un posto i poveri lo trovano sempre, tutt’al più se lo inventano: «Lo avvolse in fasce e lo depose nella mangiatoia». L’anonimato di Dio non potrebbe spingersi oltre.

Il posto che non c’è diventa la casa che mamma e papà Gli progettano. Non sarà mai di nessun posto il bambino appena nato, ma ognuno potrà farlo sentire come se ci fosse un posto tutto suo: urla, rumori, lacrime, borbottii e canti sono le prime ninne nanne che Maria intona, senza prove generali, per quel bambino ch’è suo figlio ma anche suo Dio. Giuseppe lo guarda e pensa ciò che un uomo di cuore non può non sentirsi costretto a pensare: «Quanto è difficile starsene immobili accanto al bambino che sei (…) Ci abbandoniamo all’attrazione di tale somiglianza tra noi e te» (F. Mauriac). Da grande Cristo mai si scorderà che è nato in una stalla: certi luoghi hanno il potere magico di lasciarti addosso quell’indescrivibile voglia di conoscerli più a fondo. Bazzicherà con gente di stalla, amerà maggiormente i cuori di stalla: nessun posto più delle stalle, visto com’è nato, riuscirà a farlo sentire a casa sua.


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