Sorella Michela Arnone Commento SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

Domenica 28 Dicembre (FESTA – Bianco)
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO A)
Sir 3, 3-7.14-17   Sal 127   Col 3,12-21   Mt 2,13-15.19-23

Di Sorella Michela Arnone Monastero di Ruviano🏠home

Dopo il racconto dell’annuncio a Giuseppe, che abbiamo letto nella quarta domenica di Avvento, torna ancora lui come protagonista con i suoi sogni. Nel brano di oggi ci sono addirittura tre sogni, due raccontati per esteso mentre il terzo è solo accennato. Poco prima, anche i magi avevano fatto un sogno che li aveva avvisati di non tornare da Erode. L’atmosfera gioiosa e luminosa della nascita di Gesù è ora minacciata da un pericolo enorme: il re Erode teme questo bambino, che sarebbe stato re, e vuole ucciderlo. Il lettore lo scopre dalle parole dell’angelo del Signore nel primo sogno. I potenti sono tali perché non ammettono rivali, per mantenere i loro privilegi e il loro comando non possono avere contraddittori. Erode non sa che in questo caso sta competendo direttamente con Dio, perché quel bimbo è generato dallo Spirito, è figlio di Dio. Infondo, però, nell’orizzonte dei potenti, che credono di mantenere il potere uccidendo un bambino che è chiamato a essere Re, Dio non c’è. Essi pensano di poter gestire, determinare… Essi non hanno nulla sopra di sé. E il loro potere si scontra con il potere dolce del Dio che invece governa tutte le cose, che governa il mondo con giustizia. Questo scontro che avviene continuamente nella storia, qui diventa plastico, diventa concreto.

Giuseppe si fa, in questo racconto, mediatore della volontà di Dio. La modalità attraverso la quale gli viene rivelato direttamente sia il pericolo che come aggirarlo è sempre quella del sogno. È misterioso l’agire di Dio, che a questo uomo parla in maniera tanto diretta e chiara; la voce di Dio entra nella concretezza e dice chiaramente cosa fare, attraverso l’esperienza del sogno, realtà che sta sempre a metà tra le cose visibili e quelle invisibili, a metà tra cielo e terra. Non sempre il Signore parla così chiaramente e in modo tanto diretto! Quella di Giuseppe è un’esperienza unica: da una parte la posta in gioco è altissima, salvare la vita di Colui che “salverà il popolo dai suoi peccati”. Tutti i sogni del racconto di Matteo hanno l’obiettivo di salvare qualcuno: Maria, i magi, Gesù; poi alla fine tutto conduce alla salvezza di questo bambino che ha origine da Dio e che ha una vocazione unica nella storia! Questa modalità di comunicazione tra l’uomo e Dio, con il sogno, ci dice però anche un’altra cosa: il cuore puro di Giuseppe. Per ricevere rivelazioni da Dio così chiare e poi compierle, ci vuole un cuore puro!

Il bambino con la sua famiglia, allora, dovrà andare in Egitto, come il Giuseppe del libro della Genesi, un altro uomo caratterizzato da sogni attraverso i quali Dio si rivela. Che coincidenza!

L’Egitto, prima luogo di salvezza, poi può diventare luogo di schiavitù, allora dall’Egitto bisogna uscire… E ci vorranno due sogni perché Giuseppe comprenda dove effettivamente fermarsi nella terra di Israele. In poco tempo, allora, questo bambino, che è l’Emmanuele, farà il percorso che ha fatto il suo popolo; forse, semplicemente per ribadire che Dio c’è sempre stato, è stato con il suo popolo. E ora però, ora che arriva a Nazareth, il bambino che è la presenza di Dio, comincerà qualcosa di assolutamente nuovo, di fronte al quale anche Israele dovrà lasciarsi scomodare!

Oggi, che ci poniamo di fronte a questa famiglia anomala e particolare, è l’occasione di chiederci quanto le redini della nostra vita sono lasciate nelle mani di Dio, quanto ci lasciamo guidare, come Giuseppe. Oppure quanto, senza essere re effettivamente, pensiamo – come Erode – di poter gestire le cose e le persone senza un altro orizzonte ma in funzione di noi stessi. Due possibili vie si mostrano al nostro sguardo, Erode e Giuseppe. Uno vuole uccidere Gesù, uno gli salva la vita. Dovremmo chiederci, in onestà, dove ci collochiamo noi… Questo bambino cosa significa per noi?

Ciò che avviene nelle nostre vite risponde a quello che ci suggerisce oggi Paolo nella sua lettera? «E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre». Oppure, tutto quello che avviene nelle nostre vite, avviene “in nome nostro” e non “nel nome del Signore Gesù”, l’unico nel quale c’è salvezza?


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