Luigi Verdi”Noi, chiamati ad aiutare il Dio che abita le fughe”

Domenica 28 Dicembre (FESTA – Bianco)
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO A)
Sir 3, 3-7.14-17   Sal 127   Col 3,12-21   Mt 2,13-15.19-23

Di Luigi Verdi🏠home

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».

In queste parole del vangelo non c’è traccia  di un presepe con luci e fili d’argento, ma troviamo piuttosto una storia di paura, di fatica, di minacce e anche di tanto amore. Una storia che ben ci fa capire chi è il Dio che tentiamo di seguire: un Dio che non nasce nei palazzi, ma ai confini del mondo; un Dio che, appena sceso dal suo cielo, ha a che fare con  l’esilio, la precarietà, lo scappare davanti ad un pericolo.  

Dopo la nascita di Gesù a Giuseppe viene ordinata una fuga. Così comincia la storia di Gesù, con la notte, la fretta, la polvere della strada, quell’ansia di doversi mettere in salvo, quell’angoscia di sentir messa in pericolo la vita.  E Giuseppe, Maria e il neonato Gesù diventano l’icona di ogni famiglia che lotta per proteggere la vita da ogni minaccia, da ogni possibile attentato. 

 Sarà forse perché Lui è un  Dio che abita anche le fughe? Sarà forse perché è difficile vedere un Dio in quel fagotto che Giuseppe o Maria stringono tra le braccia, per custodirlo, per strapparlo dalle grinfie di chi vuole uccidere la vita? 

Sì, è difficile scorgere Dio quando la tua storia ti mette addosso la paura, l’incertezza, il buio. Troppo piccolo quel fagottino di Dio che ci portiamo dentro per pensare che Lui, anche in quel buio così pesto, è con noi: è l’Emmanuele. 

Difficile soprattutto accettare che tocca a noi difendere quel Dio. Sembra di risentire le parole di Etty Hillesum.”…tocca a noi aiutare te, difendere fino allultimo la tua casa in noi. Esistono persone che allultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolvere, forchette e cucchiai dargento, invece di salvare te, mio Dio.” 

Questo domanda la fede: non capire tutto, ma alzarsi e partire, diventare migranti per salvare Dio.

 Può sembrare uno scandalo, può sembrare il rovesciamento delle nostre logiche di forza, di potere, di successo, ma forse è questo il vero volto di Dio: un Dio che non sta fermo nei templi che gli abbiamo costruito, ma cammina con chi fugge, con chi dorme nelle tende o piange accanto alle macerie di una casa, o di una vita.  E’ un Dio che non siede sui troni, ma è sulla strada e si nasconde tra le valigie, nei corridoi delle stazioni, tra le assi di un barcone, nei visi stanchi di chi non ha più casa. Un Dio insomma che è  in tutti quei luoghi dove la vita si rifugia per non spegnersi. 

La fede non è certezza, ma coraggio e il Vangelo non ci chiede di essere eroi, piuttosto dei viandanti, piccole persone che non si arrendono e custodiscono il bene anche quando sembra inutile. Forse la fede, oggi, è solo questo: continuare ad amare, anche quando è scomodo, anche quando non conviene, anche quando fa male. E’ lì che la vita diventa sacra. 


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