don Lucio D’abbraccio”La Santa Famiglia: custodi della speranza nel cammino dell’esodo”

Domenica 28 Dicembre (FESTA – Bianco)
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO A)
Sir 3, 3-7.14-17   Sal 127   Col 3,12-21   Mt 2,13-15.19-23

Di don Lucio D’abbraccio

Il Vangelo di oggi ci presenta una famiglia in fuga. Non una famiglia ideale o protetta, ma una famiglia costretta ad abbandonare tutto per salvare la vita di un bambino. Il comando dell’angelo a Giuseppe è netto e urgente: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto». Giuseppe non discute, non rimanda. Il Vangelo dice con semplicità disarmante: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre».

In questo gesto c’è molto più di uno spostamento geografico. C’è la disponibilità a farsi carico dell’altro, ad assumersi una responsabilità che supera ogni sicurezza personale. Giuseppe non sa quanto durerà l’esilio, non conosce il futuro, non ha garanzie. Sa solo che deve custodire la vita che gli è stata affidata.

La Santa Famiglia conosce l’esperienza dell’esodo, dell’esilio, della precarietà. L’Egitto, terra di oppressione e di idolatria, diventa paradossalmente luogo di salvezza. Dio ci mostra che può trasformare anche i luoghi più ostili in spazi di protezione. Questo vale anche per noi. Ogni famiglia attraversa il suo “Egitto”: una crisi economica, una malattia, un fallimento, una scelta dolorosa. Non sono segni dell’abbandono di Dio, ma spesso il luogo in cui la fede viene purificata.

Sant’Agostino ci aiuta a comprendere la profondità di questo mistero quando scrive: «Cristo ha voluto essere un bambino perseguitato perché nessun perseguitato si sentisse solo». E san Giovanni Crisostomo osserva con realismo: «Dio non toglie le prove ai suoi servi, ma li accompagna nelle prove». Dio non promette una vita senza difficoltà, ma una presenza fedele nel cammino.

Questo lo vediamo anche nella storia di una famiglia dei nostri giorni. Marco ed Elena vivevano in una grande città, con un lavoro stabile e una vita apparentemente sicura. Un giorno, improvvisamente, il lavoro venne meno. Le certezze crollarono, e furono costretti a lasciare tutto e a ricominciare altrove. Non fu una scelta facile. I figli protestavano, la paura era tanta. Il giorno della partenza, il figlio maggiore chiese al padre: “Papà, ce la faremo?”. E lui rispose con sincerità: “Non lo so. Ma so che siamo insieme, e questo è ciò che conta”.

Col tempo, Marco trovò un lavoro più modesto, ma dignitoso. La famiglia imparò a vivere con meno cose e con più tempo condiviso. Anni dopo, la madre disse una frase che illumina tutto: “Quella crisi che pensavamo ci avrebbe distrutti, in realtà ci ha salvati”. Come Giuseppe e Maria, anche loro avevano attraversato l’esilio senza perdere l’unità e la speranza.

Il Vangelo prosegue raccontandoci un ritorno che non è immediato né semplice. L’angelo dice ancora: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele». Ma anche nel ritorno c’è da discernere. Archelao regna in Giudea, e Giuseppe, «avvertito in sogno», sceglie un’altra strada. Così la famiglia va ad abitare a Nazaret.

Nazaret era un villaggio insignificante, tanto che ci si chiedeva se da lì potesse venire qualcosa di buono. Eppure è proprio lì che Gesù cresce, lavora, prega, vive la normalità di una casa. Questo ci dice una verità decisiva: Dio santifica l’ordinario. La santità non si vive solo nei momenti straordinari, ma nella fedeltà quotidiana: quando un padre torna stanco dal lavoro e trova ancora la forza di essere presente; quando una madre trasforma i gesti di ogni giorno in un atto d’amore; quando i coniugi si perdonano; quando una famiglia trova il tempo per pregare insieme.

Pensiamo a una famiglia che ogni sera si ferma un minuto per dire una breve preghiera. I figli magari vorrebbero guardare il cellulare, fare altro. Ma quel minuto, ripetuto nel tempo, costruisce qualcosa di invisibile e reale: la consapevolezza che quella casa non è solo uno spazio abitato, ma una piccola chiesa domestica.

La festa della Santa Famiglia ci ricorda che la famiglia è il primo luogo dove si impara a essere cristiani. Ma non dobbiamo idealizzarla. Anche la Santa Famiglia ha conosciuto la paura, l’incertezza, l’esilio. Ogni famiglia porta ferite e fragilità. Ci sono famiglie segnate dalla separazione, dalla solitudine, dalla sofferenza. A tutte, la Santa Famiglia dice: non siete sole. La santità non consiste nell’essere perfetti, ma nel camminare insieme, rimettendo ogni giorno Dio al centro.

Giuseppe, Maria e Gesù sono per noi modello e intercessori. Giuseppe, l’uomo giusto che ascolta Dio e agisce con coraggio; Maria, la madre che custodisce tutto nel cuore; Gesù, il Figlio che cresce «in sapienza, età e grazia». Tre persone diverse, ma un’unica famiglia unita dall’amore e dalla volontà di Dio.

Chiediamo alla Santa Famiglia di Nazaret di intercedere per tutte le nostre famiglie. Per quelle che stanno attraversando un “Egitto”, per quelle che cercano una Nazaret dove fermarsi, per quelle che faticano ma non smettono di sperare. E ricordiamoci che ogni famiglia, anche fragile e imperfetta, è chiamata a custodire la vita, a proteggere i più deboli, a essere segno dell’amore di Dio nel mondo. Amen!


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