Domenica 4 Gennaio (DOMENICA – Bianco)
II DOMENICA DOPO NATALE
Sir 24,1-4.12-16 Sal 147 Ef 1,3-6.15-18 Gv 1,1-18
Di Don Paolo Zamengo
In principio c’è una Parola e come fa bene al cuore
ricordarcelo! Il cielo non è vuoto, non è senza stelle. Non
siamo allo sbando, come se nessuna parola sapiente abitasse
il cielo. I cieli non sono vuoti. Ce lo ricorda il prologo di
Giovanni, raccontandoci del Verbo, la Parola che custodisce
tutte le parole, la Parola che custodisce il senso, il Verbo che era presso Dio. Per ricordarci che non camminiamo in una notte senza stelle. Forse ciò che fa la differenza tra il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Gesù e le altre possibili immagini di Dio, è l’ordine, il comando, che appartiene alla Bibbia: a radicarsi sulla terra, a mettere la tenda sulla terra. E il prologo del Vangelo di Giovanni dice fino a che punto il radicamento è avvenuto: «Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi». La Parola, il Verbo di Dio, ha cancellato ogni distanza. Oggi ci dobbiamo chiedere se l’ordine di Dio di fissare la tenda in mezzo agli uomini non debba essere ancora ripetuto con forza: «La Parola ritorni alla terra!», ripetuto perché quella Parola che voleva essere viva, concreta, carne nella carne degli uomini, l’abbiamo spesso, ancora una volta, disincarnata e l’abbiamo rimandata nei cieli, non in quelli di Dio, ma nei cieli delle nostre astrattezze, dei nostri discorsi fumosi, delle nostre contorsioni mentali. Un cristianesimo se diventa un fatto puramente culturale, cultura senz’anima, catechismo senza vita, parola senza carne, sarebbe tradimento dell’ordine di Dio. Non ci siamo mai chiesti perché Gesù parlava e lo capivano tutti? Parlava prendendo le immagini dalla vita di tutti i giorni: una donna che impasta la farina, un pastore che attraversa i monti con il suo gregge, un contadino che esce a seminare, un pescatore a cercare le perle. Gesù parlava nella lingua, nelle immagini, nei problemi della gente. Parole distanti perché non abitano i problemi della gente o parole distanti perché visitano panorami del passato, perché i problemi veri oggi sono altri. Se persistiamo su questa strada, noi tradaiamo la Parola «tenda», tenda di Dio fra gli uomini. Il problema non riguarda solo gli uomini di Chiesa, ma riguarda ciascuno di noi. Ognuno di noi, ogni giorno, fa uso di parole. E la parola, per la sua stessa natura, è fatta per avvicinare il mio e il tuo pensiero. E invece quante volte le nostre parole, per il tono perentorio, arrogante, assoluto, creano distanze, quante volte le nostre parole per la lontananza dai problemi veri generano un senso di estraneità. Parli ma non mi ascolti, parli ma non mi capisci; e, meno ascolti, meno capisci e più parli. Quante volte le nostre parole sono spente, senza affetto, senza passione, senza sentimento, parlano ma non accendono il fuoco! Un giorno Gesù apre un rotolo e va a cercare un passo. Ce n’erano mille e mille nella Bibbia e lui li conosceva! Va a cercare un passo che lo interpreti, che interpreti la sua vita. Queste sono le parole del libro che dicono Gesù, che dicono il volto di Dio, che dicono il regno di Dio e sono i gesti della liberazione dei poveri, dei prigionieri, dei ciechi, degli oppressi, uomini e donne senza speranza, che non si aspettano più nulla, forse neppure da Dio! Gesù viene in mezzo a loro e questi uomini e queste donne, vengono sottratti alla disperazione. È questo il Vangelo. Questa la scena alle origini, il senso di tutto, la scena da stampare nel cuore, il nostro, perché sia chiaro, chiaro a tutti, chi è Dio, che cos’è il suo regno, e chi sono i suoi veri discepoli.




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