Battista Borsato”Amare e saper attenere”

Domenica 4 Gennaio (DOMENICA – Bianco)
II DOMENICA DOPO NATALE
Sir 24,1-4.12-16   Sal 147   Ef 1,3-6.15-18   Gv 1,1-18

Di Battista Borsato

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era Lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo, e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: “Era di Lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me”. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno l’ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. (Gv 1, 1-18) Vorrei fermarmi a ripensare tre espressioni del poderoso e solenne inno cristologico giovanneo. “Veniva nel mondo la luce”. Il termine “luce” è ripreso ben sei volte in due versetti, ad indicare quanto essa adeguatamente simboleggi la persona e l’azione di Gesù. Ci introduce dentro un’immagine di grande portata: la luce illumina la nostra strada, e ci consente di camminare senza inciampare o incespicare. Il camminare senza luce si risolverebbe in un smarrirsi. Gesù è colui che guida e rende possibile il progredire dell’avventura umana che consente all’uomo di maturare come persona, di definirsi, di trovare un senso. Egli non viene perché gli uomini diventino religiosi, se intendiamo la religione come un qualcosa che si affianca al mondo senza scuoterlo, come un inutile di più della persona: al contrario, egli viene perché i singoli e il mondo possano trovare e sperimentare la profondità del proprio essere. Quando in una stanza si accende la luce tutti gli oggetti che vi trovano posto acquistano rilievo e identità: essa non viene per nasconderli, ma per esaltarne la presenza. Così Gesù non è venuto a sminuire libertà, dignità, identità di ciascuno, ma a chiarire, a definirle meglio, ad esaltarne il valore. Chissà perché, Gesù è visto da molti come colui che carica l’uomo di un peso, che lo costringe dentro limiti angusti, che lo mortifica: in realtà, la luce non può che liberare e ampliare il nostro sguardo, alleggerirlo, non certo appesantirlo. Giovanni non poteva, rappresentare meglio l’azione di Cristo:è venuto per illuminare. “…e le tenebre non l’hanno accolta”. E più avanti Giovanni ribadisce: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. I “suoi” sono il popolo ebraico? A lungo, nei secoli, la Chiesa ha rivolto agli ebrei l’insensata accusa di essersi macchiati di deicidio: la colpa è l’uccisione di Gesù. Non sono stati risparmiati, nei loro confronti, duri giudizi. Oggi, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, e in particolare il documento Nostra aetate, si è diffusa una nuova consapevolezza: non tutti gli ebrei sono stati e sono responsabili della morte di Gesù. Anzi, il nucleo fondamentale della prima Chiesa è nato da loro: Maria, gli apostoli, i discepoli, erano ebrei.

Accanto a chi l’ha rifiutato, c’è stato chi l’ha accolto con amore e disponibilità: “Quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo” (Nostra aetate, n. 4). Ma una domanda resta: perché molti non l’hanno accolto? Forse l’immagine delle “tenebre” ci può aiutare a trovare una risposta. Le tenebre che accecavano gli uomini al tempo di Gesù non erano formate principalmente da interessi sociali o economici, da questioni contingenti o personalistiche, non da invidie o stupida incredulità. Le tenebre avvolsero, e avvolgono ancora oggi, quanti si lasciano guidare solo da convinzioni consolidate, da principi irrinunciabili e irriformabili: in campo religioso, da una tradizione ormai cristallizzata. È questo che rende impossibile riconoscere l’arrivo di Dio. Gesù è il nuovo, e porta un mondo nuovo di pensare ed agire: ieri e oggi, è rifiutato da chi lo considera troppo avanti. Gli ebrei presumevano di sapere tutto di Dio, di non aver più bisogno d’altro: non erano in ricerca, e il pensiero proposto da Gesù non collimava più con il loro. A lungo, anche la nostra Chiesa ha pensato di non aver niente da imparare: ritenendo di possedere la verità; si è potuta così permettere di lasciare inascoltate le voci nuove, quando di eliminarle. Oggi, dovremmo tutti sentirci discepoli piuttosto che maestri, e ricordare che la fede è riconoscere, ancor prima che conoscere: riconoscere i segnali che Dio ci lancia, anche quando provenissero da fonti inaspettate. “…venne ad abitare in mezzo a noi”. Benché non accolto, il Verbo viene comunque tra la gente. Dio non si lascia scoraggiare dal rifiuto, e per amare non pretende di essere amato. Il termine “abitare”, d’altro canto, indica una presenza insieme discreta e stabile. Per rivelarsi, per farsi conoscere e per conoscere ci vuole stabilità. Così, quando per il matrimonio si parla di legame indissolubile non si vuole imporre una legge, una norma che costringa stare insieme anche quando l’amore non c’è più: si sottolinea, semplicemente, che nessun amore cresce e si compie se non attraverso un rapporto stabile, fedele e consapevole. E questo vale anche per l’amore che deve scorrere tra l’uomo e Dio. La presenza del Signore tra noi è, infine discreta, non aggressiva: Gesù viene per realizzare con noi il progetto di ciascuno, ma non pretende di essere accolto. Ci offre l’opportunità di affrontare la vita secondo un senso più ampio, ma ci lascia libertà di scelta. Gesù attende. Ecco un’altra dimensione dell’amore da riscoprire: il saper attendere.

Due piccoli impegni:

  • Gesù è luce che illumina la strada nel come essere uomini e felici.
  • Gesù ama anche non l’amato / il non amato.

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