Domenica 4 Gennaio (DOMENICA – Bianco)
II DOMENICA DOPO NATALE
Sir 24,1-4.12-16 Sal 147 Ef 1,3-6.15-18 Gv 1,1-18
di Lila Azam Zanganeh🏠home
L’inizio del Vangelo di Giovanni è più, molto più, di una poesia o di un prologo. È addirittura un evento straordinario. Giovanni è il discepolo amato di Cristo, quello che si appoggia a Cristo durante l’ultima cena e che, più avanti, si addormenterà a Efeso. Giovanni dai capelli infiniti, Giovanni che punta il dito verso il cielo nella rappresentazione di Leonardo, quello che tutti dimenticano di guardare al Louvre, accecati come sono dalla malinconia della Gioconda.
L’Antico Testamento inizia con le parole «In principio Dio creò il cielo e la terra». Il Vangelo di Giovanni, noto per l’assenza di parabole, va indietro a un tempo precedente la creazione, a prima che iniziasse il tempo stesso: «In principio era il Verbo». Giovanni cita, fa riferimenti incrociati. Proprio come ci sono riferimenti incrociati nell’Odissea e nell’Iliade. Ma Giovanni va ben oltre l’interazione letteraria. Di fatto, rivela come Dio ha creato il cielo e la terra. Come mi ha recentemente spiegato un frate e scrittore cappuccino, i cristiani, osservando l’uso della parola logos all’inizio dell’Antico Testamento e del Vangelo di Giovanni, hanno riflettuto sulla possibilità che i semi del logos siano presenti nella creazione. Così ho immaginato il logos che di fatto semina tante parole quanti sono gli atti della creazione.
Giovanni prosegue: «e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». Quindi il Verbo era prima che fosse il mondo. Perché, come trapela dagli scritti di Giovanni, il Verbo non è stato creato; è sempre esistito. Nella tradizione ebraica, il Verbo di Dio è creazione. Nella tradizione greca, il Verbo è il principio, l’ordine, il rivestimento del mondo. Il Vangelo di Giovanni collega queste due tradizioni. In Giovanni, il Verbo sarà rivelato come una persona che ha vissuto, e continuerà a vivere in questo nostro mondo.
Il Verbo è presso Dio. L’avverbio “presso” indica un faccia a faccia, una relazione. Il Verbo è presso Dio come presso un uomo o una donna. In un certo senso è una relazione sensuale. Ed è una relazione complicata: essi, il Verbo e Dio, sono distinti uno dall’altro. E tuttavia c’è anche una divinità del Verbo. Il Verbo è in comunione con Dio; condivide la sua presenza. È niente meno che Dio; mai creato.
Ed ecco il paradosso in cui tutto viene alla luce. Il Verbo è anche una persona perché il Verbo si è fatto carne e questa carne è Gesù Cristo. Per mezzo del Verbo Dio parla ed è conosciuto da uomini e donne. Questo ci offre la chiave per comprendere Gesù nel senso per antonomasia cristiano. Giovanni, uno dei tre della cerchia più intima di Gesù, l’unico discepolo che è presente sotto la croce e il solo al quale viene chiesto di prendersi cura di Maria durante la sua vita, svela l’identità di Gesù come Verbo fattosi carne. E il mistero di Dio che si fa uomo e l’uomo Dio. Poiché lui è la rivelazione del Verbo, come Verbo stesso preesiste alla propria incarnazione e continua a esistere dopo la sua morte sulla croce. In un certo senso, non può che risorgere. Egli è e sarà sempre il Verbo, un Creatore onnipotente e onnisciente. Un Verbo come tanti semi dotati d’amore.



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