I Domenica di Avvento (Anno C) (01/12/2024) Liturgia: Ger 33, 14-16; Sal 24; 1Ts 3, 12-4, 2; Lc 21, 25-28.34-36
Fuori dalla porta di un dirigente, del preside o di un
medico c’è, spesso, un segnale luminoso che ci avverte:
“Attendere”. Di solito si tratta di aspettare qualche
minuto; talvolta un po’di più e, non raramente, anche
un’eternità.
Ma c’è un’altra attesa che ci diventa insopportabile
quando leghiamo le aspettative personali al mondo che ci circonda, alla vita quotidiana, alla
società in cui viviamo. Per realizzare queste aspettative è sempre stato necessario costruire una
rete di rapporti, di fiducia, di reciprocità, così da creare una situazione positiva. Ma si è fatta
strada anche la certezza che non c’è da aspettarsi niente dagli altri, se non cocenti delusioni.
Come si fa a “rinverdire” l’attesa e l’avvento? come può influire la preghiera cristiana in questa
prima domenica di Avvento e in un contesto come il nostro? Che cosa attendere, quando ogni
bisogno diventa pretesa? Quando il tempo che non è speso per i nostri interessi lo definiamo
tempo perso o sprecato?
Che cosa attendere quando ogni bisogno soddisfatto diventa paura? Paura di perdere quello che
abbiamo o che abbiamo raggiunto? Che cosa attendere quando giovani e adulti preferiscono
andarsene ciascuno per la sua strada, senza dare corpo a energie collettive di cambiamento? Il
vangelo dell’avvento può davvero apparire come parola inaugurale che apre nuovi spazi di vita e di
esperienza umana?
Il paradosso è grande, perché il vangelo ha duemila anni. Ma forse il tempo delle cose
fondamentali e importanti, quelle decisive, non è retto dalla cronologia. Perché il nuovo anno
liturgico della Chiesa vuole essere la ripetizione dell’Inaudito, dell’inedito che ci sorprende e
stupisce il nostro cuore.
Ai cristiani, ai cercatori di Dio, alle donne e agli uomini che accettano di tenere viva la dimensione
del futuro dentro il presente che ci è dato, compete una speranza cauta e rispettosa, senza
arroganza e senza angoscia, capace di accompagnare con discrezione e simpatia una generazione
spesso delusa e maltrattata nelle sue attese più profonde.
Davvero a noi si rivolge la splendida immagine-invito del vangelo di questa domenica: «Quando
cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è
vicina» (Lc 21, 28). È solo alzando il capo che riusciamo a vedere, dentro il marasma del tempo
presente, il volto della speranza.
Proviamo a decifrare alcuni segni della speranza. Nel vortice degli interessi personali promossi e
difesi selvaggiamente, ci sono persone che ancora sanno donare la vita per la vita degli altri.
Accanto a tanti battezzati che si allontanano da Dio e dalla Chiesa ci sono giovani che sentono il
bisogno di riscoprire e vivere la spiritualità del vangelo. Mentre tanti cristiani scelgono di stare alla
finestra, magari solo per criticare, altri scendono in strada per servire con impegno la propria
comunità.
Carissimi, se ci impegneremo a essere veri discepoli di Cristo, ascoltando il Vangelo, le parole
fondamentali della fede, allora ognuno le potrà far rifiorire, far cantare e risuonare dentro di sé,
così che l’anima, la nostra, diventi una conchiglia ripiena dell’eco del mare infinito di Dio.
