Natale del Signore – Messa del Giorno (25/12/2024) Liturgia: Is 52, 7-10; Sal 97; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18
Oggi è Natale e rispolveriamo un passo del profeta Isaia nel
mistero che tutti noi questa notte o mattina contempliamo.
Isaia canta il futuro, il futuro di Dio e della terra: “Il popolo
che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su
coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”.
Mi sono chiesto dove sono oggi le luci e a indicare chi e che cosa? Dove le abbiamo ancora una
volta accese le luci? Sarebbe fin troppo facile dire che oggi le luci sono accese nelle strade e nei
grandi magazzini. Ma succede, quasi per un sussulto, che anche in qualche vetrina riappare il
segno di un presepe.
I pastori vegliavano nella notte facendo guardia al gregge. Così sta scritto nel testo: “All’apparire
dell’angelo, la gloria del Signore li avvolse di luce ed essi furono pieni di grande timore”. Ma come?
Insieme alla luce c’è il timore? Ma non dovrebbe essere il contrario? Non dovrebbe essere il buio
ad invadere il cuore di timore?
Invece nel racconto di Luca, oltre alla luce che invade il cielo c’è il timore nel cuore dei pastori. E
l’angelo parlava loro, nella notte, di gioia, e non di gioia per pochi ma per tutti. Anche questo i
pastori cominciavano a capire: che Dio non ritaglia la gioia come dono per pochi, per i più
fortunati: “Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo”.
E che cosa avranno immaginato i pastori? Noi non lo sappiamo, ma ci è facile immaginare lo
stupore quando si sentirono dire dall’angelo: “Oggi nella città di Davide è nato per voi un
salvatore, che è Cristo Signore”. Forse si saranno chiesti se avevano capito bene o se stavano
sognando: nato “per loro”, loro i respinti dal tempio? E avrebbero trovato un neonato, ma dove?
In fasce e in una mangiatoia.
Era la fine dei sogni di grandezza. Era come se Dio ora cambiava tutto. Sì cambiava tutto il modo di
pensare Dio e di pensare l’uomo. Il segno nel presepe non è il segno della potenza che incute
timore, non ci sono troni: c’è il segno della semplicità, dell’infinito della semplicità; il segno della
povertà, dell’infinito della povertà; il segno della tenerezza, dell’infinito della tenerezza. Il segno è
quello della nascita di un bambino.
A incantare i pastori è la vita, sono gli occhi di quella madre e di quel padre, a parlare è quella
mangiatoia, sono quelle fasce, cose da pastori, cose familiari ai pastori. Non sappiamo se i pastori
nella notte abbiano portato doni. I verbi dei pastori tramandati da Luca sono questi: andarono
senza indugio, trovarono, videro, tornarono lodando e glorificando Dio, riferirono.
Riferirono l’inimmaginabile: un Messia in fasce, nella mangiatoia, il Messia nella tenerezza. E noi
cosa ci portiamo via dal Natale? Siamo cambiati dentro perché una luce è rimasta impigliata
dentro di noi. Siamo cambiati dentro. Potremmo dire che natale sei tu. Quando sei natale?
Quando sei natale ce lo ha detto Papa Francesco, come al solito, con la sua incantevole
concretezza.
Eccola: “Natale sei tu, quando decidi di nascere di nuovo ogni giorno e lasciare entrare Dio nella
tua anima. L’albero di Natale sei tu, quando resisti vigoroso alle difficoltà della vita. Gli addobbi di
Natale sei tu, quando le tue virtù sono i colori che adornano la tua vita. La campana di Natale sei
tu, quando chiami chi è lontano e lo cerchi. Sei anche la luce di Natale quando illumini con la tua
vita il cammino degli altri. Gli angeli di Natale sei tu, quando canti al mondo un messaggio di pace,
di giustizia e di amore.
La stella di Natale sei tu, quando conduci qualcuno all’incontro con il Signore. Sei anche i re magi,
quando dai il meglio che hai, senza tenere conto a chi lo dai. Gli auguri di Natale sei tu, quando
perdoni e ristabilisci la pace anche quando soffri. Il cenone di Natale sei tu, quando sazi di pane e
di speranza il povero che ti sta a fianco.
Tu sei la notte di Natale, quando ricevi umilmente, nel silenzio della notte, il Salvatore del mondo.
Allora ‘buon Natale’ a tutti coloro che assomigliano al Natale”.
