Don Paolo Zamengo “Gesù ragazzo e figlio”

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO C)
1Sam 1,20-22.24-28   Sal 83   1Gv 3,1-2.21-24   Lc 2,41-52

Non tutto è scontato per chi celebra il Natale. È un po’ come per chi
viaggia: a paesaggi noti si succedano visioni straordinarie e
affascinanti.
Natale è come incastrato tra due opposte possibilità: quella di
risolversi in un evento accompagnato da qualche frase devota e
umanitaria di una devozione un po’ retorica e quella di ricordarci che il
mistero domina la nostra vita e ci impegna se è vero che siamo in
cerca di una profondità mai raggiunta e conquistata definitivamente.
Siamo chiamati a dare segnali di vita piena, matura, realizzata e,
insieme, siamo sempre preoccupati della paura che ogni freschezza, ogni spontaneità si dissolvano
o vadano in frantumi. E la fede non è esente da questo travaglio. Lo possiamo verificare oggi,
celebrando la domenica della santa famiglia di Nazaret.
Questa festa è usata spesso come materiale da esortazione, per invitare al lavoro, alla modestia,
alla preghiera e al rispetto dei ruoli. La santa famiglia viene trasformata in «modello da imitare».
Ma se leggiamo il vangelo con attenzione, l’immagine della famiglia di Gesù rivela una freschezza e
una complicità davvero straordinarie.
Tutto è in movimento dinamico e sorprendente: nessun rapporto è già definitivo, fissato per
sempre e i ruoli sono rimessi continuamente in discussione, resi precari da un’esigenza di libertà.
Ai suoi genitori che «angosciati lo cercavano», come ci racconta Luca, il giovane figlio dodicenne
ribatte con forza: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre
mio?»
Gesù pare non mostrarsi certamente come modello passivo di pietà familiare. E il suo
atteggiamento non va letto come l’insubordinazione di un ragazzo che prende le distanze dai suoi
genitori, ma come il rifiuto di ogni dipendenza che vincoli la sua libertà e scambi la fedeltà per
immobilità.
Per il vangelo che oggi leggiamo si tratta in qualche modo di un avvertimento: il distacco tra il
figlio e i genitori avverrà ed è bene che i genitori lo sappiano da subito. Chiamando Dio padre,
Gesù di Nazaret, dalla prima parola che pronuncia, annuncia un mondo nuovo nei rapporti tra gli
uomini e Dio, una tenerezza e una fedeltà ancora sconosciute, un’accoglienza piena e senza
riserve, capace di far crescere in umanità e in larghezza di cuore.
Ed è bello sapere che sia proprio un adolescente (il dodicenne Gesù) a rivendicare un diverso
modo di vivere in famiglia, nel momento delicato ed esaltante in cui il figlio adolescente chiede
comprensione, affetto e rispetto per ciò che la mente e il cuore stanno elaborando per dare
consistenza alla propria identità.
Ai genitori e agli educatori che accolgono l’annuncio del vangelo di oggi resta un compito
grandioso: quello di custodire quella paternità e maternità di Dio rivelata dal Figlio Gesù, come
medicina contro ogni forma di ricatto, come riparo dalla tentazione di chiedere un’ubbidienza
cieca, da sudditi, ma come disponibilità che riconosce la dignità di ogni persona, salvata e amata
da quella paternità.

E tutto questo vale per ogni famiglia umana ma anche per ogni comunità salesiana come la mia
impegnata appassionatamente sul fronte dell’educazione e della formazione di tanti adolescenti e
giovani.