BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO C)
Is 40,1-5.9-11 Sal 103 Tt 2,11-14;3,4-7 Lc 3,15-16.21-22
“Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme”. Non si può ascoltare queste pagine dei profeti senza pensare a Gerusalemme, a quanto sta accadendo oggi nella Palestina, a Gaza. ‘Consolate’ è invito che spinge ad ascoltare il grido di desolazione che proviene da chi è vittima di una violenza senza limite, dai rifugiati della Striscia di Gaza, dai bambini a cui è rubata l’infanzia ed ogni possibilità di serenità. Nella terra in cui tutto è stato devastato e ridotto a macerie, case, scuole, ospedali dai bombardamenti continui dell’esercito d’Israele. Consolate è anche invito ad essere vicini a tutti coloro che in Israele desiderano una convivenza pacifica tra i popoli della regione, attendono la liberazione di parenti presi in ostaggio da Hamas nel massacro del 7 ottobre 2023, sono impietriti a fronte di scelte di un governo che non pone limite alla devastazione e all’orrore in nome della sicurezza.
Non è possibile ascoltare le parole del profeta senza accogliere la forza di questo appello ad essere costruttori di speranza, di nuove vie di pace e liberazione con il cuore a Gaza, nel deserto della distruzione degli edifici e dei cuori ridotti a brandelli, nel deserto di chi ha fame e sete e vede morire i bambini per il freddo dell’inverno. “… Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio… Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme”
Chiediamo al Signore di poter alzare ancora la voce per chiedere liberazione e giustizia.
Il profeta invita a scorgere la presenza di Dio come pastore che guida il gregge: “Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. Non dovrebbe essere questo anche il compito di chi è a guida dei popoli? Accompa-gnare e rendere lieve la vita di chi fa fatica a camminare e portare i pesi degli altri? Lo sguardo si alza per lasciarsi cambiare il cuore nell’affidamento ad un Dio pastore che è vicino e non dimentica…
Non è possibile ascoltare queste parole della liturgia oggi senza richiamare l’emozione per la liberazione di Cecilia Sala, giornalista imprigionata in Iran per ventun giorni e rientrata in Italia nei giorni scorsi dopo la liberazione. E’ stata trattenuta in cella d’isolamento nel terribile carcere di Evin dove sono rinchiusi gli oppositori e oppositrici del regime, tutte e tutti coloro che hanno manifestato al grido ‘donna, vita, libertà’, chiedendo apertura al riconoscimento della dignità delle donne e la libertà di poter manifestare il proprio pensiero e di vivere in una società in cui siano riconosciuti diritti fondamentali. Al suo ritorno Cecilia Sala ha parlato di alcuni rari momenti di gioia vissuti nel buio dell’isolamento, la gioia di vedere un pezzetto di cielo sopra di lei, la gioia di scorgere un uccellino che volava. Forse in questi due ricordi da lei testimoniati dopo l’abbraccio con i suoi cari al rientro in Italia, si può scorgere in filigrana il messaggio della pagina del vangelo che narra il battesimo di Gesù.
“il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”
In questo cielo aperto si manifesta l’apertura della nostra vita e l’attesa profonda di una libertà che è incontro, che è il contrario dell’isolamento e della chiusura. E nel cielo aperto una voce: tu sei figlio, figlia. E’ voce che Gesù avverte al cuore della sua esistenza, ma è anche voce per ogni uomo e donna: in ogni volto c’è il dono di essere un ‘tu’ amato, in una relazione di attenzione e di cura. ‘Tu sei amato’ è la seconda parola e possiamo scoprire che nella nostra vita la grande attesa è quella di essere amati e che qualcuno possa rivolgere a noi una parola di bene: non siamo dimenticati e senza nome, ma possiamo scorgere nella nostra umanità, così come siamo, la parola di un tu che ci riconosce e ci ama ed apre orizzonti nuovi e fa crescere. E infine: ‘sei il mio compiacimento’. E’ la parola della passione, del coinvolgimento. Lo sguardo di Dio sull’umanità ha questi tratti, inediti e sorprendenti. Non il Dio impassibile e lontano ma la presenza amante che soffre insieme. Il volto di Dio della compassione e della vicinanza ci rende responsabili di portare consolazione, vicinanza e solidarietà a tutti coloro che rimangono prigionieri delle tenebre del male e della violenza umana.
Alessandro Cortesi op
Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/
