Figlie della Chiesa Lectio II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Is 62,1-5   Sal 95   1Cor 12,4-11   Gv 2,1-11

Con il Battesimo di Gesù nel Giordano si è chiuso il tempo del Natale del Signore.

“Il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. (Lc, 3-22)

L’Evangelista Luca ci lascia quindi con Gesù riconosciuto Figlio di Dio, l’amato da Dio, in cui il Padre trova il suo compiacimento.

Il tempo ordinario si apre nel giorno successivo alla domenica, con un tempo che l’evangelista Giovanni scandisce chiaramente in una cronologia che è un ulteriore susseguirsi di titoli riferiti a Gesù:

Gesù è l’agnello di Dio (Gv. 1,35-36),

Gesù è il Messia, il Cristo (Gv. 1,41),

Gesù è il maestro che invita alla sequela (Gv. 1,43),

Gesù è l’annunciato da Mosè, l’atteso dai profeti (Gv. 1,45)

Ma chi è davvero? Cosa significano concretamente questi titoli?

Il nome Gesù era all’epoca molto diffuso. Come riconoscerlo fra i tanti?

Sette giorni sono trascorsi. Un tempo che nella simbologia dei numeri è un tempo pieno. L’Ora per i discepoli di essere rassicurati è giunta. Ecco allora che la Chiesa, per venire incontro al nostro bisogno di essere confermati nella fede, nell’anno dedicato al Vangelo di Luca, ci propone un brano che compare solo nel Vangelo di Giovanni: il brano delle nozze di Cana.

Cana, città della Galilea antica, potrebbe corrispondere all’attuale Kefr Kenna, 7 chilometri a nord est di Nazareth e a nord del monte Tabor: tre luoghi in cui il Signore si manifesta e manifesta il volto del Padre.

Il racconto delle nozze di Cana è tra i più conosciuti del Nuovo Testamento ed il rischio è di credere che questa Parola ci abbia già parlato compiutamente, che non abbia più nulla di nuovo da dirci. La verità è che la Parola è viva, ci cerca come noi cerchiamo lei, in una relazione d’amore che chiede di essere alimentata ogni giorno. La Parola è l’Amato incarnato, vivo e presente.

Nei vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca l’inizio della predicazione di Gesù è accompagnato da un susseguirsi di guarigioni miracolose:

guarigione di ogni sorta di malattia ed infermità (Mt 4,23);

guarigione di un indemoniato (Mc 1,25);

guarigione della suocera di Pietro (Lc 4,38).

Il mondo geme da sempre e da sempre ha bisogno di guarigione, ancora oggi, forse mai come oggi. Eppure, la Chiesa sceglie dal Vangelo di Giovanni il racconto della trasformazione di 600 litri d’acqua in vino eccellente per un banchetto di nozze nel quale gli invitati sono probabilmente già tutti ubriachi.

Il segno di cui ci racconta Giovanni non è un atto di amore verso il singolo bisognoso ma l’annuncio di un gesto d’amore traboccante verso tutto il suo popolo, tutta la sua chiesa, un gesto che precede ogni miracolo, perché apre alla fede e conferma nella speranza, fondamento di ogni guarigione.

Lasciamoci perciò abbracciare dalle parole di Isaia che la liturgia con amore ci propone: “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia… Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te”. (Is. 62,3-5)

Quanto avviene a Cana, Giovanni ce lo indica come il primo dei segni. È alla luce di questo segno, infatti, che possiamo dare un volto a Dio, all’Agnello di Dio, al Messia atteso dai profeti.

L’immagine proposta è quella di un matrimonio, di un vincolo d’amore che lega lo sposo alla sua sposa per l’eternità. La relazione sponsale è immagine conosciuta e condivisa sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, a conferma di un’alleanza eterna. Gesù ci rivela un Padre che desidera con noi una relazione d’amore che dall’eros cantato nel Cantico dei Cantici giunge all’agape della croce.

Gesù e i suoi discepoli sono alle nozze a motivo della presenza di Maria. È Lei la prima invitata alle nozze; Maria, immagine della nuova Eva, così come Gesù è immagine del nuovo Adamo. Maria, madre della chiesa nascente, Creatura che ben conosce il dolore e che, come madre, interviene: «Non hanno vino», ossia: sta venendo meno la gioia. Gli invitati sono ubriachi di un vino che non c’è più.

La risposta di Gesù è di difficile comprensione. Dura apparentemente e variamente interpretabile. Potremmo dire: “A me e te, donna, cosa importa che non abbiano più vino?” Ed ipotizzare la risposta di Maria: “A me e a te importa, perché Dio mi ha scelta come sposa perché tu potessi farti uomo e salvare il tuo popolo dalla fragilità della carne, liberandolo dalle catene del peccato per poter tornare a vivere alla presenza del suo Creatore, in un’alleanza d’amore rinnovata.”

Per questo Maria subito dice ai servi “Quello che vi dirà, fatelo”.

Il racconto è costruito per convergere sulla frase centrale: erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei. Queste anfore di pietra venivano prodotte per i riti di purificazione al tempio di Gerusalemme: non semplici anfore, ma strumenti per entrare alla presenza del Signore, per entrare nella sua alleanza, che è unione sponsale. Questo è il volto di Dio che Gesù porterà nel mondo: volto di uno Sposo, dell’unico vero sposo. Questo è il volto che siamo chiamati a dare alla Chiesa: volto di una Sposa.

I servi riempirono d’acqua 6 giare contenenti ciascuna dagli 80 ai 120 litri.

Esorbitanti per le necessità del momento, ma noi sappiamo che “dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia (Romani 5,20-21).

Sei giare: un numero che non esprime ancora la pienezza. La settima la riempirà Gesù, con il suo sangue. Quel giorno la salvezza sarà pienamente compiuta, il volto del Padre pienamente rivelato e la gioia piena.

Ma Gesù non opera da solo, ha bisogno dei servi che riempiano le giare, ha bisogno di noi, sapendo che “servo” è colui al quale il Signore affida un compito importante: coautore della redenzione. E il servo, come un amico, sa da dove viene il vino nuovo.

La sapienza del Signore non è sapienza umana, non appartiene ai dotti, al maestro di tavola, ai maestri della legge ma ai servi, agli umili che nella loro umiltà hanno aderito all’invito di Maria: “Quello che vi dirà, fatelo!”

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org/