Battista Borsato”Amare i tempi lunghi”

Domenica 23 Marzo (DOMENICA – Viola)
III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Es 3,1-8.13-15   Sal 102   1Cor 10,1-6.10-12   Lc 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato
aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro
;”Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io
vi dico, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle
quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di
Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”. Diceva
anche questa parabola: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a
cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare
frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma
quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora un anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo
il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”.
(Lc 13,1-9)
È una pagina del Vangelo, in cui non è facile cogliere i messaggi, anche se si intravvede una
propositiva connessione. Due sono le domande che mi sembrano sorgere in noi nel confronto con
questa Parola e su cui vorrei sostare con voi. La prima domanda riguarda la sofferenza: “Perché nel
mondo o nella nostra vita c’è il dolore? Perché avvengono fatti ed eventi che portano la morte e
feriscono il nostro cuore? Perché Dio ci tratta così? Che cosa abbiamo fatto di male? Dov’era Dio
quando uomini si rovesciavano verso altri uomini per incatenare, seviziare, uccidere?”. È una prima
serie di domande che molti o tutti abbiamo e che sono presenti in tutta la Bibbia e scuotevano pure
la fede dei credenti e dei profeti. In Gesù stesso sono affiorate prepotentemente nel grido: “Padre
perché mi hai abbandonato”
E c’è una seconda serie di domande più personali che toccano il nostro agire: “Che cosa fare
quando i risultati non vengono? Come comportarci quando ci si batte per la giustizia e gli sforzi
sembrano inutili perché nulla sembra modificarsi? Perché impegnarci affinché le famiglie vivano
unite nell’amore e nella fedeltà, quando gli impegni e le energie sembrano non portare rimedi né
offrire aiuti?” C’è spesso la sensazione di non ottenere risultati, anzi di lavorare inutilmente perché
la situazione sembra degenerare anziché evolversi positivamente.
In maniera discreta, e sempre interrogante, vorrei esprimere alcuni miei pensieri.
 Il primo: Di fronte ai fatti di morte ed eventi drammatici come il caso dei “galilei uccisi e le
diciotto persone travolte dal crollo della torre di Sìloe” (Lc 13,1) non dobbiamo pensare che
sia Dio a dare la morte. Non è Dio a mandare il terremoto o l’alluvione. Dio non produce
morte. Dio è solo amore e ama la vita, le persone. Dio non castiga nessuno. Lo dice
chiaramente Gesù: “Dio fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e manda la sua pioggia
sui giusti e sugli ingiusti“ (Mt 5,45). Questi eventi tristi non vanno riferiti a Dio, però sono
eventi che ci devono interrogare e spingere a cambiare la nostra vita, il nostro modo di
pensare.
Due torri gemelle sono crollate, un 11 settembre di anni fa, ma vi abbiamo letto solo un fatto
di cronaca, un evento epocale, ma non un richiamo alla conversione. Se l’uomo non cambia,
se non imbocca altre strade, se non si converte in costruttore di pace e di giustizia, questa
terra, la nostra casa comune andrà in rovina perché fondata sulla sabbia della violenza e
dell’ingiustizia. Gesù l’ha messo come vertice del suo Vangelo, che riassume tutto: Amatevi,
altrimenti vi distruggerete tutti. Il Vangelo è tutto qui. Amatevi, altrimenti perirete tutti, in
vite impaurite e inutili.
Dopo il terrificante evento delle torri è stato pubblicato un libro più o meno con questo
titolo: “Perché ci odiano così tanto?”. È una domanda doverosa. Forse, o senza forse,

dovremmo anche noi interrogarci se i nostri comportamenti, o nostri pregiudizi non abbiano
contribuito a generare questi fatti di distruzione e di morte.
 Il secondo riguarda la pazienza. Questa è evocata nel contadino che dice al padrone del fico
che non dava frutti: “Lascialo ancora finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il
concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire, se no lo taglierai”. Vengono esaltati il
valore e la virtù della pazienza. La pazienza può avere due significati. Può delineare la
persona che dentro i fallimenti, le sconfitte, le sofferenze non crolla. Tratteggia la persona
che non si lascia frantumare dai momenti difficili o dalle opposizioni che incontra. I profeti
sono stati, o sono, persone che non si sono inchinate agli appelli del potere e sono vissute, o
vivono, con la schiena diritta. Ma la pazienza può avere un senso ancora più profondo, più
creativo: le cose non cambiano in maniera improvvisa o in tempi brevi. Bisogna avere uno
sguardo lungo e guardare lontano. Le riforme in campo ecclesiale e in campo sociale non
avvengono in maniera frettolosa, esigono tempi lunghi. Oggi domina la cultura
dell’immediato del “tutto e subito”. Se uno vuole imparare una lingua o imparare una
professione deve darsi dei tempi lunghi. Ricordo che negli anni ’70 dopo il Concilio Vat. II°
c’era un fervore ecclesiale e politico per trasformare la chiesa e la vita sociale. Molti non
vedendo consistenti risultati lasciarono gli impegni e si ritirarono nel privato. Non c’era la
cultura dei tempi lunghi.
L’amore stesso cresce lentamente. “L’amore non è una cosa da fare in fretta” (Noelle). Per
quanto riguarda l’amore c’è un comune e diffuso fraintendimento. Si confonde l’amore con
il sentimento. Il sentimento, come l’emozione, è una realtà buona, positiva, ma non è ancora
l’amore. Il sentimento è legato alle sensazioni che vanno e vengono e quindi è volubile.
fragile; l’amore è voler intrecciare con la persona, con l’altro, un legame stabile fatto di
ascolto, di confronto, di rispetto della sua libertà, di fedeltà per crescere insieme. L’amore è
una costruzione, è un continuo esodo dall’io all’altro. È sempre in agguato l’amore
narcisistico che è quell’amore che gratifica l’io e non guarda l’altro. L’amore per crescere
esige cura, togliere le erbacce che lo possono soffocare, zappare intorno, innaffiare
continuamente. Amare è un ‘arte che si deve imparare.
Due piccoli impegni:

  • Lasciarsi interrogare dagli avvenimenti.
  • Lavorare per il futuro.