Domenica 6 Aprile (DOMENICA – Viola)
V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Is 43,16-21 Sal 125 Fil 3,8-14 Gv 8,1-11
Si era fatto un grande silenzio nel tempio, era mattina e “tutto il popolo
andava da lui ed egli sedette e si mise a insegnare”. La gente beveva le
parole di Gesù. Poi accade una intrusione indecorosa a violare il silenzio
della folla, a violare le parole di Gesù che bussavano al cuore di chi lo
ascoltava.
Arrivò una donna strattonata. A strattonarla erano gli scribi e i farisei, i puri.
”Gli condussero una donna sorpresa in adulterio”. Mi fa impressione quel
gesto: “la posero in mezzo”, quasi non fosse una donna, ma solo una cosa. La donna veniva usata per
mettere alla prova Gesù e avere un motivo per accusare lui.
Il gesto era duro, come umilianti risuonarono le parole: “donne come questa…”. Erano già una sentenza,
un anticipo di pietre: “Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne
dici?” Gesù che stava parlando rispose con il silenzio. Un silenzio da brividi come non meritassero risposta
coloro che le avevano pronunciate senza scampo per quella donna.
Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Non meritavano attenzione. Loro erano di pietra. Loro
avevano il cuore di ghiaccio. Loro in alto, Gesù chinato in basso, a terra, a scrivere sulla terra. E sarebbe
finito tutto così, con la voce del silenzio. Ma a infrangerlo furono gli uomini delle pietre con il rumore della
loro insistenza. Allora Gesù “si alzò e disse loro: chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro
di lei. E, chinatosi di nuovo, Gesù scriveva per terra”.
Quelle parole risuonarono nel tempio e le sue parole non la giudicavano. “Chi di voi è senza peccato, getti
per primo la pietra”. Sono parole rimaste intatte lungo tutto il migrare dei giorni, sino ad oggi, sino ad
entrare nel nostro linguaggio. Intatte le parole, ma disattese e violate quelle parole. Ci sfiora troppo
spesso la presunzione di sentirci senza peccato. E forse non siamo ancora capaci di dare nome di peccato,
di vero peccato, alla durezza del cuore. E quegli uomini erano, più dell’adultera, bisognosi di perdono.
Nel tempio scese di nuovo il silenzio. Che fosse un silenzio di protezione, la donna lo aveva intuito: gli
accusatori si erano dileguati e lui, Gesù, ancora in basso, chino, quasi a scrivere sulla terra una sentenza di
salvezza, la liberazione da tutte le lapidazioni. Gesù non solo la liberava dalle pietre, lui la liberava dalle
condanne.
Sì, perché si può anche sfuggire alle pietre, ma portandosi in cuore, come un macigno, un giudizio e una
condanna. E’ scritto: “Lo lasciarono solo e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: Donna,
dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed ella rispose: Nessuno, Signore. E Gesù disse: Neanch’io ti
condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Nei salmi ci sono preghiere suggestive per chiedere perdono e il popolo avrebbe dovuto alzare le proprie
mani a Dio per le infedeltà di cui gli uomini si erano macchiati. Ma nel racconto di oggi tutto si capovolge.
A precedere è il perdono. A precedere ancora una volta fu uno sguardo di misericordia. Accade nel tempio
qualcosa di inaudito che è la buona notizia, che è il Vangelo.
La donna non ha ancora pregato il suo salmo che forse aveva già sulle labbra, e Gesù la precede. Dio la
precede con il perdono. Dio la sorprende con il perdono. A noi non resta che incantarci e ringraziare.
Perché la condanna ci imprigiona e ci svuota: il perdono rimette in cammino; il perdono fa respirare e
ridona leggerezza ai nostri passi. E riappare il verbo “andare” tanto caro a Gesù “Va’ e d’ora in poi non
peccare più”. Va’… parti, sei libera dalle pietre, non ti soffochi il ricordo del passato. Inventa il futuro. Va
per strade nuove…”. E che cosa avrà inventato quella donna dopo un’ora come quella? Un’ora che vale una
vita. Gesù le aveva salvata la vita passata e futura.
Le parole di Gesù sono musica quando l’esecuzione era già in corso. Nel libro del Siracide è scritto: “Parla, o
anziano, poiché ti si addice, ma con saggezza, e non disturbare la musica. Quando c’è un’esecuzione non
effonderti in chiacchiere e non fare il sapiente fuori tempo” (Sir 32, 2-4). Facciamo silenzio anche noi. Le
nostre parole non devono disturbare la musica di Dio.
