Domenica 13 Aprile (DOMENICA – Rosso)
DOMENICA DELLE PALME (ANNO C)
Is 50,4-7 Sal 21 Fil 2,6-11 Lc 22,14-23,56
La narrazione della Passione, in ciascuno dei quattro Vangeli, rappresenta il cuore pulsante di tutto il racconto evangelico. Come se tutto ciò che precede fosse un cammino che porta lì, e tutto ciò che segue ne fosse il frutto. In essa, la Parola di Dio si concentra, si addensa, si fa fuoco e luce. Nel Vangelo secondo Luca, la Passione si rivela con una dolcezza drammatica e una forza disarmante. Ogni parola meriterebbe tempo, silenzio e contemplazione. Ma per motivi di spazio e di tempo, ci soffermiamo solo su alcuni elementi, come piccole pennellate che possono stimolare una riflessione personale in questa Domenica delle Palme.
Desiderio, desideravi
Gesù entra nella sua Passione non come chi subisce un destino crudele, ma come chi sceglie con amore il cammino della salvezza. Le sue parole durante l’Ultima Cena — “ Desiderio, desideravi …”, “ ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione” (Lc 22,15), esprimono una volontà intensa, profonda. Nel testo greco, l’espressione epithymia epethymēsa evidenzia un desiderio ardente, viscerale, che parte dal cuore stesso di Dio. È la passione dell’amore che desidera salvarci. Gesù non si tira indietro, ma si offre liberamente. È il suo “sì” pieno al disegno del Padre, un “sì” che abbraccia la croce. Come è stato per Gesù, anche la nostra vita non è mai da subito, ma richiede la profondità di una scelta consapevole. Egli abbraccia e desidera il suo destino e così anche noi dobbiamo imparare ad amare le circostanze della nostra vita, anche le prove, sapendo che rientrano in un disegno più grande, che ha per fine la nostra salvezza.
Non la spada, ma la Parola

Quando i discepoli, impauriti, vogliono difendere Gesù con la spada, Egli li ferma: « Basta così! » (Lc 22,51). Non è la spada l’arma del Regno. La sua forza, invece, sta nella mitezza, nella fedeltà alla Parola, nella coerenza con il Vangelo. E proprio in quel momento, Gesù compie un gesto sorprendente: guarisce l’orecchio del servo del sommo sacerdote, ferito dalla spada. È il Vangelo in azione: l’amore che guarisce, anche quando viene tradito. Di fronte alle prove, alle contrarietà, anche noi continuare a imparare sempre di nuovo da Gesù la via della mitezza, del dono, del perdono. Non rispondere mai alla violenza con la violenza, ma al male con il bene (cfr Rm 12,21).
La lotta nella preghiera
Nel Getsemani, Gesù è profondamente scosso. Suda sangue, prega con angoscia, vacilla nella sua umanità. Eppure resta lì, in ginocchio davanti al Padre. Non riceve conforto dagli amici, che dormono, ma dal cielo: “ Gli apparve un angelo dal cielo per confortarlo ” (Lc 22,43). La preghiera è il luogo dove Gesù combatte la battaglia più dura: non quella contro i suoi nemici, ma quella contro la tentazione di fuggire. In quella notte oscura, Egli insegna anche a noi dove trovare la forza: nel legame profondo e sincero con Dio. La preghiera di Gesù ci insegna che nelle prove non siamo soli, ma affidandoci al Padre possiamo affrontare ogni difficoltà ricevendo la consolazione necessaria.
Lo sguardo che converte
Pietro, dopo aver giurato di non conoscere Gesù, incrocia il suo sguardo: « Allora il Signore, si voltò e fissò lo sguardo su Pietro » (Lc 22,61). Non è uno sguardo che accusa, ma che ama. Uno sguardo che dice: “Io ci sono ancora per te, anche mentre mi tradisci”. Pietro si ricorda delle parole del Maestro e piange amaramente. Da quelle lacrime nasce qualcosa di nuovo: la verità su di sé, ma anche l’inizio di un’esperienza di vera misericordia. La conversione comincia così: dallo sguardo di Dio che ci raggiunge nel nostro peccato. Dalla Passione anche noi, come Pietro, possiamo sentire quello sguardo amorevole di Cristo, sapendo che tutto ciò è accaduto per noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Dio ha dato la sua vita per noi in Cristo. Quella è la ragione della nostra conversione.
Il perdono sulla croce
Tra le ultime parole di Gesù in croce, Luca ci dona una delle più luminose: “ In verità ti dico, oggi con me sarai nel paradiso ” (Lc 23,43). Sono rivolte a un uomo crocifisso accanto a lui, un ladrone pentito, che chiede solo di essere ricordato. Gesù risponde donandogli il cielo. Anche nel dolore estremo, Gesù non smette di amare e di perdonare. La croce non è solo il luogo del sacrificio, ma della speranza, della salvezza aperta a chiunque si affidi a Lui con cuore sincero. L’amore di Cristo si muove anche noi a diventare strumenti di riconciliazione, creatori di ponti, costruttori di unità.

Il popolo che si pente
Alla morte di Gesù, Luca ci racconta che “tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto” (Lc 23,48). Non gridano vendetta, non esultano. Battersi il petto è il gesto del pentimento, di un cuore che si risveglia, di una coscienza che rinsavisce. È un popolo che inizia a vedere. La croce smaschera il male e apre alla possibilità di un ritorno. Che effetto ha la Passione su di me? Rimango uno spettatore distaccato, oppure, come il popolo, anche io sono mosso a battermi il petto, a pentirmi dei miei peccati e sentire il desiderio del cambiamento?
Nel racconto lucano della Passione, tutto parla di amore, di libertà, di fedeltà. Gesù non si impone, non forza, ma si dona liberamente e consapevolmente. Non cerca alleati armati, ma cuori che sannono pregare e amare. Non chiedo perfezione, ma disponibilità. Non condanna, ma guarda e guarisce. In questa Domenica delle Palme, lasciamoci toccare da queste piccole pennellate. Non serve capire tutto. Basta fermarsi, lasciarsi raggiungere da uno sguardo, da una parola, da un gesto. Come Pietro, come il ladrone, come il popolo. E forse, come loro, anche noi potremo iniziare un cammino nuovo. Verso la Pasqua. Verso la Vita.
Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)
Come vivere la settimana Santa
La benedizione delle palme, da cui questa domenica prende il nome, e la processione che ne è seguita vuole evocare l’ingresso in Gerusalemme di Gesù e la folla che gli va incontro festosa e acclamante. Forse la nostra processione appare un po povera rispetto a ciò che dovrebbe rievocare. L’importante, tuttavia, non è prendere in mano le palme e gli ulivi e compiere qualche passo, ma esprimere la volontà di iniziare un cammino. Questa scena infatti, che vorrebbe essere di entusiasmo, non ha valore in sé: assumere piuttosto il suo significato nell’insieme degli eventi successivi che culmineranno nella morte e nella risurrezione di Gesù. Contiene quindi una domanda che è anche un invito: vuoi tu muovere i passi entrando con Gesù a Gerusalemme fino al calvario? Vuoi vedere dove finisce i passi del tuo Dio, vuoi essere con lui là dove lui è? Solo così sarà tua la gioia di Pasqua. Entriamo dunque con la domenica delle Palme nella Settimana santa, chiamata anche “autentica” o “grande”. Grande perché, come dice San Giovanni Crisostomo, «in essa si sono verificati per noi beni infallibili: si è conclusa la lunga guerra, è stata estinta la morte, cancellata la maledizione, rimossa ogni barriera, soppressa la schiavitù del peccato. In essa il Dio della pace ha pacificato ogni cosa, sia in cielo che in terra». Sarà dunque una settimana nella quale pregheremo in particolare per la pace a Gerusalemme e ci interrogheremo pure sulle condizioni profonde per attuare una reale pace a Gerusalemme e nel resto del mondo. La liturgia odierna è quindi un preludio alla Pasqua del Signore. L’entrata in Gerusalemme dà il via all’ora storica di Cristo, l’ora verso la quale tende tutta la sua vita, l’ora che è al centro della storia del mondo. Gesù stesso lo dirà poco dopo ai greci che, avendo saputo della sua presenza in città, chiedono di vederlo: «È venuta l’ora in cui sarà glorificato il Figlio dell’uomo» (Gv 12,23). Gloria che risplenderà quando dalla croce attirerà tutti a sé (CM MARTINI, Incontro al Signore risorto , San Paolo, Cinisello Balsamo, 2009, 159-160).
Preghiera
Signore Gesù Cristo, nell’oscurità della morte
Tu hai fatto che sorgesse una luce;
nell’abisso della solitudine più profonda
abita ormai da sempre la protezione potente
del tuo amore;
in mezzo al tuo nascondimento
possiamo cantare l’Alleluia dei salvati.
Concedici l’umile semplicità della fede,
che non si lascia fuggire
quando tu chiami nelle ore del buio, dell’abbandono,
quando tutto sembra apparire problematico;
concedi in questo tempo nel quale attorno a te si combatte una lotta mortale,
luce sufficiente per non perderti;
luce sufficiente perché noi possiamo darne
a quanti ne hanno ancora più bisogno.
Fai brillare il mistero della tua gioia pasquale,
vieni l’aurora del mattino, nei nostri giorni,
concedici di poter essere veramente uomini pasquali
in mezzo al sabato della storia.
Concedici che attraverso i giorni luminosi ed oscuri
di questo tempo
possiamo sempre con animo lieto
trovarci in cammino verso la Tua gloria futura.
Amen.
(J. Ratzinger – Benedetto XVI)
Fonte:https://caritasveritatis.blog/
