Sr. Maria Amata Lectio XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Domenica 20 Luglio (DOMENICA – Verde)
XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Gn 18,1-10   Sal 14   Col 1,24-28   Lc 10,38-42

La pericope del vangelo di Luca che oggi la liturgia ci dona è da tutti conosciuta, forse anche troppo conosciuta: Marta e Maria. Anche chi non è direttamente “addetto ai lavori” questo brano, almeno una volta, già l’ha sentito leggere e anche commentare. Da San Girolamo, che ha dedicato tutta la sua vita a “scrutare le divine scritture” possiamo raccogliere un prezioso suggerimento: “Tutto ciò che leggiamo nei divini libri brilla e rifulge anche nella ‘corteccia’, ma è più dolce penetrare fino al midollo: chi vuole mangiare la noce, rompa il guscio”! Insieme proviamo a farlo liberandoci dall’interpretazione troppo comune e fuorviante riservata a questo testo: la contemplazione vale di più dell’azione. Occorre sempre vigilare per non far dire alla Scrittura ciò che essa non dice, perché chi la legge deve ricordarsi che essa ha più significati ed è evocativa di per sé. La Parola di Dio va letta con la Parola stessa per poter gustare la bontà “della noce nascosta nel guscio”. Ritornando al vangelo odierno proviamo a riprendere il capitolo decimo che contiene la pericope di questa domenica. Nella Bibbia di Gerusalemme il capitolo si intitola: “La missione dei 72 discepoli”. Il Regno di Dio inaugurato da Gesù si allarga in un orizzonte sempre più ampio, fino ad abbracciare gli estremi confini della terra. In questo contesto che traccia la missione di chi è discepolo del Signore, il brano di “Marta e Maria” fa da luminosa spia per attirare la nostra attenzione: non c’è missione senza accoglienza. Ma di chi? O di che cosa? Interessante è notare che l’evangelista Luca fa precedere a questa pericope il racconto della parabola del buon samaritano che abbiamo letto domenica scorsa. “E chi è il mio prossimo?” chiede un dottore della legge a Gesù. Attraverso questo testo si comprende che, se non c’è missione senza accoglienza, non c’è autentica accoglienza (= vera ospitalità) senza prossimità e ascolto profondo di chi mi è vicino. Al versetto 40 l’evangelista Luca annota: “Marta invece era distolta per i molti servizi”. Il servizio è cosa “molto buona” e Gesù attraverso la parabola del buon samaritano ce lo ha ricordato. Tuttavia Marta nel suo affanno per i molti servizi era “distolta”, distratta, si era tolta da quanto Gesù al versetto seguente annota: “Di una sola cosa c’è bisogno …Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta”. Sapersi fermare ai piedi di Gesù per richiamare al nostro cuore che Lui solo è il senso di tutto il nostro fare e correre per servire i fratelli è ciò che assicura futuro di vita non solo ai fratelli che serviamo, ma in primis al nostro cuore sempre assetato di amore e di vita vera. Se non ci si abbevera quotidianamente a questa sorgente inesauribile di senso e di pienezza che è l’incontro “a tu per tu” con il Signore, ogni nostro servizio ai molti “ospiti” che ogni giorno bussano alla porta della nostra vita, avrà vita molto breve: ci ritroveremo solo stanchi, affannati, e spesso “molto irritati e arrabbiati” perché nessuno ci dà una mano nel nostro affanno ….! Diceva un vecchio rabbino parlando di un collega: “è talmente indaffarato a parlare di Dio, da dimenticare che esiste”. È vivere la comunione con il Signore Gesù, è assaporare la bellezza del silenzio che mi parla di Lui, è far tacere ogni “rumore” per ascoltarlo ciò che mette ali ad ogni nostro servizio, perché qui si trova ciò che dà “ossigeno” e vita al nostro cuore.

Occorre “passare dall’affanno di ciò che devo fare per Lui, allo stupore amante di ciò che Lui fa per me; passare da Dio come dovere a Dio come desiderio”. Se il mio cuore sarà quotidianamente ristorato dall’ascolto amoroso della Parola di Dio allora ogni servizio concreto ai miei fratelli e sorelle brillerà e testimonierà la bellezza e la bontà del Signore.

Sr. Maria Amata

Monastero di Bra (CN)

Fonte:https://federazioneclarisse.com/