Figlie della Chiesa Lectio XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Domenica 10 Agosto (DOMENICA – Verde)
XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Sap 18,6-9   Sal 32   Eb 11,1-2.8-19   Lc 12,32-48

Di Figlie della Chiesa 🏠

Il brano evangelico che la liturgia propone alla nostra meditazione in questa domenica si inserisce nel più ampio discorso di Gesù ai discepoli sull’affidamento alla Provvidenza divina, sulla vigilanza e sulla responsabilità. Gesù invita i suoi uditori a non preoccuparsi delle cose materiali, ma a cercare il Regno di Dio; li invita ad essere servi fedeli e vigilanti in attesa del ritorno del Signore. L’elogio del servo fedele e il biasimo per quello infedele che conclude il brano evidenzia il valore di chi vive in modo responsabile e consapevole il proprio ruolo. Le parole di Gesù risuonano con forza anche per noi oggi, chiamandoci a un discernimento profondo sul nostro modo di vivere e sulle nostre priorità.

Le parole iniziali di Gesù: “Non temere, piccolo gregge” infondono consolazione e ci sollecitano alla piena fiducia in Dio. Siamo effettivamente un gregge piccolo, eppure infinitamente prezioso per il Padre. È Lui a prendersi cura di noi e Il Regno che ci offre non è qualcosa che dobbiamo conquistare con le nostre forze, bensì un dono gratuito che ci viene concesso per puro favore divino. Questa consapevolezza dovrebbe liberarci da ogni ansia e paura per il futuro.

A questa rassicurazione, Gesù lega subito un imperativo radicale: “Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano“. Il Signore con queste parole ci provoca, indicandoci quanto sia preziosa la libertà interiore dai beni materiali; non si tratta di una condanna della ricchezza in sé, ma di un monito contro l’attaccamento ad essa. Il vero tesoro non è ciò che accumuliamo sulla terra, ma ciò che investiamo nel Regno attraverso la carità e la condivisione. Gesù ci ricorda infatti: “Là dov’è il vostro tesoro, sarà anche il vostro cuore.” Le nostre scelte economiche e di vita svelano dove abita davvero il nostro cuore.

La seconda parte del brano (vv. 35-40) si concentra sul tema della vigilanza. Gesù usa immagini molto concrete. La cintura ai fianchi indica prontezza all’azione, al servizio immediato: le lampade accese simboleggiano la fede viva, la consapevolezza, l’essere illuminati dalla Parola di Dio. Non dobbiamo essere passivi nell’attesa, ma operosi e attenti.

La beatitudine dei servi che il padrone trova svegli è sorprendente, perché ci presenta un ribaltamento totale dei ruoli: il Signore stesso si fa servo per i suoi servi fedeli. È un’immagine potente per indicare la pienezza della comunione nel Regno, dove si coglie l’umiltà di Dio, che si mette a servizio dei suoi figli.

Anche la piccola parabola del ladro sottolinea ulteriormente l’importanza della prontezza: l’incertezza del “quando” potrebbe agire a nostro danno, cogliendoci di sorpresa, deve spingerci a vivere ogni momento con intensità e fedeltà, senza rimandare la nostra conversione o il nostro impegno.

La domanda di Pietro: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?” (vv. 41-48) introduce la terza e forse più incisiva parte del brano, che riguarda la maggiore responsabilità di chi ha ricevuto di più. Gesù non risponde all’apostolo direttamente, ma con la parabola dell’amministratore fedele e prudente.

L’amministratore è colui al quale è stata affidata una grande responsabilità: dare la “razione di cibo a tempo debito” agli altri servi. La fedeltà non consiste soltanto nell’attendere, ma si esprime nell’operare secondo la volontà del padrone, prendendosi cura degli altri. L’amministratore fedele, perciò, sarà ricompensato con una responsabilità ancora maggiore: sarà posto “a capo di tutti i suoi beni“.

Al contrario, il servo che abusa della fiducia, che pensa che il padrone tardi e comincia a maltrattare gli altri e a vivere centrato unicamente su se stesso e i suoi interessi, sarà severamente punito: una chiara condanna dell’abuso di potere e dell’infedeltà nella gestione dei doni ricevuti.

Il versetto finale riassume il principio fondamentale di questa sezione: “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto di più.” Si tratta di un monito potente che vale per tutti e in particolare per coloro che rivestono ruoli di responsabilità nella Chiesa e nella società. Ogni dono (talenti, risorse, posizione, tempo, fede stessa) comporta una responsabilità proporzionale. Non si tratta solo di non fare il male, ma di fare il bene con ciò che ci è stato affidato. Anche l’ignoranza non è una scusa completa: chi non conosce la volontà del padrone ma agisce male, riceverà comunque una punizione, seppur minore. Si sottolinea così l’importanza di cercare di conoscere la volontà di Dio, per agire di conseguenza.

Nel tempo di attesa, che si identifica con la nostra vita, siamo chiamati a far fruttare ogni bene che ci è stato dato, per la gloria di Dio e per il bene dell’umanità.

Domande per la riflessione personale:

  • Quali paure mi paralizzano?
  • Credo veramente che il Padre desideri donarmi il suo Regno, la sua pienezza di vita?
  • Dove risiede il mio tesoro? Sono libera/o dagli attaccamenti che mi impediscono di servire pienamente Dio e il prossimo?
  • Sono pronta/o? La mia fede è viva e operosa, la mia lampada è accesa? Sto vivendo ogni giorno nell’attesa operosa del Signore?
  • Come si manifesta questa attesa nel mio quotidiano?
  • Sono consapevole della precarietà del tempo e dell’importanza di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo? Questa consapevolezza mi spinge ad agire con maggiore responsabilità e amore?
  • Come sto amministrando i doni che mi sono stati affidati? Sono servitore fedele e prudente, che si prende cura del prossimo e usa i propri talenti per il Regno?