Domenica 24 Agosto (DOMENICA – Verde)
XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Is 66,18-21 Sal 116 Eb 12,5-7.11-13 Lc 13,22-30
Di Don Battista Borsato
In quel tempo Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso
Gerusalemme. Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Disse loro:
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non
ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori,
comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di
dove siete. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai
insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da
me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete
Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da
oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed
ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi”.
(Lc 13,22-30)
Il brano del Vangelo ci offre molteplici riflessioni e ci apre a sempre nuove prospettive per la nostra
vita e per il nostro modo di credere. Io tento di sostare su alcune, pur riconoscendo di tralasciarne
altre altrettanto suggestive e lo vorrei fare commentando alcune espressioni del Vangelo:
- “Un tale chiese a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”.
Gesù è in viaggio verso Gerusalemme. Con questo “viaggio” Luca evoca il cammino del
popolo ebraico verso la terra promessa: questa terra cui anelava il popolo è Gesù stesso, è lui
l’approdo delle profezie e delle sognanti speranze messianiche.
Lungo questo cammino avvengono vari incontri e vengono rivolte a Gesù molte domande
che gli offrono l’occasione di chiarire il suo messaggio. Una di queste è: “Signore, sono
pochi quelli che si salvano?”.
Interpretando il senso contestuale della domanda possiamo dire che essa si riferiva alla
salvezza nell’al di là, del dopo la morte. Quanti raggiungono la salvezza? Quale salvezza?”.
Anche oggi molti, se non tutti, quando si parla di salvezza pensano alla salvezza nell’al di là.
E Gesù non risponde a questo, e non vuole rispondere a questo. Da tutto il Vangelo traspare
che Gesù non vuole che uno accolga il suo messaggio pensando all’al di là, ma invita i suoi
discepoli a scoprire che la sua proposta è per essere “salvi” già nell’al di qua. Gesù propone
un progetto improntato sull’amore, sulla fraternità, sulla giustizia e questo progetto “salva”
la vita, la rende libera, le dà un senso già nel presente. Non si deve vivere in funzione della
“vita eterna”, ma vivere pienamente la vita terrestre nel segno della bontà, dell’amore, della
uguaglianza. Gesù, come a fatica si comincia a scoprire, non è venuto per insegnarci la
strada di come guadagnare “la salvezza” nell’al di là, ma per indicarci la strada di vivere
bene nell’al di qua. La salvezza è una realtà da costruire già nel presente. Solo se questa
“salvezza” sarà iniziata avrà la futura pienezza. Il credente è una persona fedele alla terra
che lotta e si impegna perché essa sia una casa abitabile per tutti. Il lottare per la giustizia è
una lotta per la salvezza che riguarda appunto il presente. Amare la terra, impegnarsi perché
tutti abbiano le stesse opportunità economiche, culturali, per essere persone libere, è un
modo per costruire la salvezza già da subito, anche se viviamo nella speranza della sua
completa pienezza nel futuro: solo l’impegno nell’al di qua consente di sognare l’al di là. - “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”.
La porta stretta è un simbolo. Quale può esserne il significato? Forse Gesù non invita ad una
vita di rinuncia, di sofferenza, come è stata l’interpretazione più consueta, ma in questa
espressione c’è una pregnante sollecitazione ad avere una mentalità diversa, ad aprirsi ad un
pensare altrimenti. Il discepolo è uno che non si uniforma alla massa, alla via “larga”, al
modo di pensare di tutti, ma che coltiva un pensiero critico che si domanda il perché. Il
pensare diversamente costa fatica, occorre formarsi un pensiero proprio, vuol dire andare
controcorrente, incontrare il dissenso. I profeti sono coloro che sono passati per la porta
stretta, perché hanno avuto il coraggio delle proprie idee e sono vissuti con la schiena diritta,
anche di fronte ai dettami religiosi.
Scrive il filosofo Baruch Spinoza: “Io credo che mettere in dubbio non sia una malattia. La
cieca obbedienza che non dubita è la vera malattia”.
La porta stretta può avere anche un altro valore simbolico: farsi piccoli per poter passare.
Stretta perché è la misura del bambino: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete!”
(Mt. 18,3). I piccoli e i bambini passano senza fatica alcuna. Perché, se ti centri sui tuoi
meriti, la porta è strettissima, se sei gonfio di vanità, di presunzione, non passi. Se ti centri
sulla bontà del Signore, come un bambino che si fida delle mani del Padre, la porta è
larghissima. Per passare basta farsi piccoli, abbassarsi.
Un apologo della tradizione zen dice: “Una volta un discepolo si lamentò con il maestro per
il fatto che lo spazio che gli aveva assegnato era troppo stretto e si sentiva soffocare”.
Allora il maestro gli disse: “C’è un segreto per risolvere questo problema: nella misura in
cui ti farai piccolo, lo spazio diventerà sempre più grande!”. L’insegnamento è chiaro: fatti
piccolo e la porta si farà grande, lascia giù tutti i tuoi bagagli, i portafogli gonfi, l’elenco dei
meriti, la tua bravura; sgonfiati di presunzione, del crederti buono e giusto e liberati dalla
paura di Dio, del suo giudizio, allora la porta si allargherà.
- “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno alla
mensa nel Regno di Dio”.
È la grande visione dell’incontro dei vari popoli provenienti da tutti i posti e luoghi. È
l’annuncio che le strade che portano al Regno sono molteplici e diverse. Ogni religione e
ogni cultura sono delle vie. Nessuna religione può ritenersi l’unica via del Regno. Vivere la
propria religione è importante, ma la religione è un incontro di persone che si mettono
insieme per cercare la verità e che si interrogano su come viverla. Sono persone che si
mettono insieme per incoraggiarsi e sostenersi nel rispondere alle nuove domande, e per
vivere un’etica di solidarietà. La religione è un luogo dove camminare per tentare di
conoscere il pensiero di Dio e per sollecitarci a viverlo: pensiero che si esprime nell’amore
che è mettere al centro l’altro.
Ma non possiamo chiuderci dentro la nostra religione, perché Dio ha parlato e parla in tutte
le religioni e in tutte le culture.
È doveroso coltivare l’impegno di conoscere la propria religione, e di viverne i messaggi,
ma dovrebbe insediarsi in noi il desiderio di avvicinare le altre religioni per accogliere la
voce di Dio presente in esse. Possiamo pretendere di conoscere Dio che è immenso e
incontenibile senza camminare insieme con tutti gli uomini e donne dell’oriente e
dell’occidente, del settentrione e del mezzogiorno nelle cui voci e aspirazioni Dio continua a
svelarsi?
Due piccoli impegni:- Non pensare tanto all’al di là, costruire invece la salvezza già nell’al di qua.
- Non pensare come tutti, coltiva un pensare altrimenti.
