Domenica 14 Settembre (FESTA – Rosso)
ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
Nm 21,4-9 Sal 77 Fil 2,6-11 Gv 3,13-17
Di Don Paolo Zamengo
La festa di oggi si chiama esaltazione della Croce, come
se la croce fosse da esaltare. Non c’è nulla di esaltante in
un uomo che muore in croce. Ma ciò che oggi esaltiamo è
la testimonianza d’amore che, da quella croce, Gesù ha
manifestato. Gesù non ha amato la croce e, per quanto
fosse dipeso da lui, ne avrebbe volentieri fatto a meno.
”Passi da me questo calice, ha supplicato, ma sia fatta la tua volontà, non la mia”.
La croce si è rivelata necessaria per manifestare la serietà e la verità della vita e della missione di
Gesù. La croce, da allora, è diventata simbolo dell’assoluto dono di sé che Gesù ha vissuto
offrendosi a tutti noi per amore. Cambiando radicalmente il suo significato la croce è diventata il
modo e la misura drammatica che Dio ha scelto per manifestare la sua misericordia per tutta
l’umanità.
Per noi, discepoli del Signore, prendere la croce significa assumere lo stesso atteggiamento di
dono. Così imitiamo Gesù non nel suo dolore ma nel suo amore. “Dio, infatti, non ha mandato il
Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
È vero, siamo reduci da un passato non più condivisibile di una improvvida retorica dolorista che
ha esaltato la croce e il suo profondo significato come se Dio godesse nel farci soffrire! Invece la
croce e la sofferenza non ci è mai inviata da Dio ma viene fuori dalla vita umana, dalla terra. È
l’opportunità che ci è data per tirare fuori il meglio che c’è in noi. L’azione di Dio nella storia viene
riassunta con tre verbi o azioni: innalzare, amare e salvare.
Il primo è ‘innalzare’ e fa riferimento esplicito al Figlio Gesù e richiama l’evento della Croce,
mistero di morte e di gloria, centro e cuore di tutta la sua vicenda umana. Il secondo verbo è
‘amare’ e spiega che tutto scaturisce dal Padre che governa con amore ogni cosa ed è pronto a
consegnare il suo Figlio Unigenito come nostro salvatore. Il terzo verbo è ‘salvare’ che annuncia
l’opera dello Spirito santo che si compie lungo i secoli per fare arrivare a tutti la vita vera e piena
che sgorga dalla Croce.
Tutto questo è molto consolante. Siamo nelle mani di Dio che ci vuole un bene infinito e fa di
tutto – ma proprio tutto! – per riempire di vita i nostri giorni. La Croce manifesta la vittoria
dell’amore che risplende tra le tenebre del rifiuto e annuncia che il vero rinnovamento
dell’umanità si realizza dove qualcuno è disposto a fare della sua vita un dono.
Siamo chiamati a partecipare a questa storia luminosa mettendo le nostre energie e ogni nostra
capacità al servizio di Dio. La Croce ricorda che non possiamo diventare collaboratori di Dio se non
siamo disposti ad amare e anche a soffrire amando per Lui.
Oggi non chiediamo di soffrire ma di amare. Chiediamo un amore forte e capace di affrontare le
difficoltà vincendo ogni ingiustizia. La Croce non è un’idea ma un fatto concreto, è un evento
misterioso. Contemplando questo mistero, comprendiamo che non basta rinnovare una generica
disponibilità ma dobbiamo rispondere all’amore di Dio in modo concreto, ricostruendo la pace.
Santa Teresina di Lisieux sottolinea il valore e la forza dell’amore. Per questo, e cito le sue parole,
“vado alla ricerca delle piccole occasioni, quelle cose da niente che fanno piacere a Gesù più
dell’impero del mondo, e il martirio sopportato generosamente come un sorriso, una parola
amabile quando avrei invece il desiderio di non dire nulla o di avere l’aria annoiata” (LT 143). È la
piccola via che questa giovane e grande santa ha percorso. Chiediamo la grazia che diventi anche
la nostra strada.
