Domenica 5 Ottobre (DOMENICA – Verde)
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Ab 1,2-3;2,2-4 Sal 94 2Tm 1,6-8.13-14 Lc 17,5-10
Di Sr. Chiara Gioia🏠 Monastero di Bergamo
Il vangelo della solennità di san Francesco si apre con uno squarcio sull’intimità che intercorre tra Gesù e il Padre. È uno dei rari momenti che ci vengono narrati, in cui Gesù prorompe in una preghiera di lode, ed avviene proprio in un contesto che, ai nostri occhi, appare del tutto inappropriato. Matteo ci ha appena raccontato, nei versetti che precedono questa pericope e nel capitolo 10, di un tempo di grande fatica e di insuccesso per il Maestro: egli si accorge dell’incredulità delle folle e delle città in cui va predicando e pronuncia parole davvero dure verso i suoi interlocutori. Eppure, in questo medesimo frangente, ha un sussulto di esultanza. Gesù non guarda al proprio successo, ma contempla l’agire del Padre e se ne compiace. Esulta, quindi, perché vede come i piccoli, i poveri, i “senza voce”, coloro che sono nulla agli occhi del mondo, accolgono la novità del Regno, mentre i potenti, coloro che sono tronfi della loro autosufficienza e della loro apparente superiorità, se ne autoescludono.
Francesco è uno di questi piccoli, perché si è fatto “minore”. La parabola della sua esistenza ci aiuta a comprendere che anche per i “ricchi” c’è una via di salvezza: anche lui, infatti era gonfio di sé, narcisista e sognatore, alla ricerca di un potere effimero e di una gloria umana. La rivelazione di Dio lo ha raggiunto facendo breccia nella ferita del suo fallimento, convertendo a poco a poco l’umiliazione in umiltà, per ricondurlo alla verità di sé come “figlio” di un unico “Padre”. Sbalordito, si è trovato ad imparare un nuovo linguaggio, un nuovo stile, una logica capovolta rispetto ai criteri del passato; si è lasciato conquistare da una Sapienza che lo ha affascinato e gli ha preso il cuore.
Ma, Francesco è anche “l’alter Christus” che, come Gesù, ha conosciuto lo smarrimento davanti all’ignoto e all’incomprensibile, di fronte al “silenzio di Dio”; ha dovuto fare i conti con l’abbandono dei fratelli, con quel vero e proprio rinnegamento così ben tratteggiato nel testo “Della vera e perfetta letizia” (FF. 278). È nel frangente della massima spogliazione, quando non si riceve né gloria, né onore, quando il bene che fai è ricambiato con il male, quando nessuno ti dice “grazie”…, che si rivela la vera identità del discepolo del Signore. Di chi sei figlio? Da chi attendi la gloria? Su quali orme stai percorrendo la tua sequela? “Venite a me e prendete il mio giogo”: stare sotto il suo stesso “giogo”, ma anche portare la sua stessa “croce” significa trovare dolcezza nell’amarezza; è la conversione possibile a chi, come Francesco, si fida e si affida alla benevolenza del Padre di cui si dichiara figlio “piccolino”. Ed è questa la rivelazione, il “segreto” del cuore del Padre! Non favoritismo o preferenza, ma dono dello Spirito, che solo chi sa ascoltare e accogliere, comprende. Una rivelazione che passa, quindi, da una relazione di reciproca appartenenza: è la similitudine del figlio con il proprio padre, ma anche quella in divenire dell’amante con l’Amato. E nel “Tu” di Dio, che in Cristo si è fatto l’infinitamente piccolo, anche Francesco ha ritrovato il suo “Io”, la sua identità e la dolcezza dell’anima e del corpo, leggerezza della vita e autentico ristoro.



