don Marco Pozza”Chi si accontenta non si salva”

Domenica 12 Ottobre (DOMENICA – Verde)
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
2Re 5,14-17   Sal 97   2Tm 2,8-13   Lc 17,11-19

Di don Marco Pozza🏠

Che la loro preghiera abbia ottenuto l’effetto sperato, la guarigione, è una notizia di piccola caratura. Anche se, a conti fatti, la loro esistenza quaggiù si è vista rivoltata come un calzino, all’improvviso, con immenso gaudio: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi» avevano gridato a quell’Uomo quei dieci disgraziati. Non un uomo qualsiasi, ma «l’uomo dei dolori che ben conosce il patire» (Is 53,3). Il fatto, poi, di essersi alleati nella sofferenza, non ha fatto che decuplicare la potenza d’urto di quel grido: «Gli si fecero incontro dieci lebbrosi». Uno che soffre è un singolo che soffre, dieci che soffrono sono un paese che versa in uno stato di sofferenza. E’ una somma tale di ferite da riuscire ad arrestare anche l’inarrestabile, il Cristo indaffaratissimo nel suo perpetuo peregrinare. Non hanno un nome, non hanno un volto, non hanno una storia propria questi dieci poveri cristi scartavetrati dalla lebbra: lebbra che divora la pelle, che allontana dagli umani, che rende ostica la speranza in un domani diverso. Non hanno nulla che li contraddistingua tra loro: le pelli di tutti sono pustole schifose di pelle avariata. Il fatto, però, d’essere assieme – d’avere trovato un punto tra di loro comune, la sofferenza – è già una mezza vittoria sulla conseguenza della lebbra che, per natura, tende ad allontanare più che ad avvicinare. E’ spettacolo raro e magico la complicità: in amore, poi, non c’è nulla di più erotico dell’essere complici tra amanti. Lo sanno bene questi dieci uomini in cerca di futuro: sanno che più si è, più forte sarà il potere di contrattazione. Per uno che si prenderà in ritardo nell’arrivare al gate segnalato, nessun pilota penserà di procurarsi ritardo in partenza, aspettandolo. Nel caso i ritardatari fossero una decina, invece, meglio un leggero ritardo che incasinarsi, poi, nell’imbarcarli sui voli successivi. Anche nel Vangelo funziona che l’unione fa la forza, forza che rafforza la speranza.

La speranza è una voce: «Andate a presentarvi ai sacerdoti» disse a loro il Cristo guaritore e compassionevole. Fortissimi d’animo questi disgraziati in numero di dieci: sulla fiducia, ancora prima di vedersi guariti, s’incamminano e «mentre essi andavano, furono purificati». E’ così che l’impossibile degli uomini – la guarigione – diventa il possibile di Dio: lungo la strada la loro pelle inizia a ricomporsi, a riprendersi la freschezza fanciulla, a ritrovare la bellezza perduta. Appartiene a tutti la sofferenza: sono in dieci a soffrire per la lebbra e per le sue conseguenze. La fiducia anche è di tutti e dieci: persa la fiducia, si perderebbe anche la semplice voglia di restare. Soltanto a chi saprà dire “grazie”, però, Dio riserverà il massimo di ciò ch’è in suo potere concedere: la salvezza dell’anima oltre alla guarigione del corpo. Destino che, anche stavolta – l’ennesima volta – diventa possibilità per uno solo dei dieci, quello doppiamente escluso perchè lebbroso e perchè samaritano: «Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo». Piccolissimo particolare: «Era un samaritano». Che, bontà sua, con un semplice grazie, non scontato, oltre alla guarigione si porta a casa anche la salvezza: «Alzati e và: la tua fede ti ha salvato».

Assist con goal al novantaquattresimo minuto: in rovesciata, all’incrocio dei pali.

Chiedere una grazia è cosa lecita, lo fanno anche i pagani e i menefreghisti. Ringraziare dopo avere ottenuto una grazia è da signori: “grazie” la migliore preghiera di ringraziamento. Anche se “grazie”, poi, sarà la sola preghiera che uno saprà dire in vita sua, quella sarà ragione sufficiente per offrirgli la salvezza: «La gratitudine non è solo la più grande delle virtù, ma la madre di tutte le virtù» (M. Cicerone). Mica è vero, dunque, che chi si accontenta gode: chi si accontenta guarisce e basta. Colui, invece, che non si accontenterà di essere guarito ma saprà tornare indietro per ringraziare, raddoppierà il guadagno: dopo essere stato guarito, si salverà. Per sdebitarsi del tutto, poi, con Cristo varrà la solita regola: non ci sarà mai un modo migliore per ringraziare il Cristo per la tua vista che dare una mano a qualcuno ch’è in preda all’oscurità.

(da Il Sussidiario, 11 ottobre 2025)