Domenica 7 Dicembre (DOMENICA – Viola)
II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
Is 11,1-10 Sal 71 Rm 15,4-9 Mt 3,1-12
Di Alessandro Cortesi o.p 🏠home
“In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea”. Inizia da una parola predicata nel deserto il racconto di Matteo su Gesù. Il panorama del deserto della Giudea è accostato alle parole radicali della figura del battezzatore. Il contesto è un luogo pietroso e inospitale che tuttavia è attraversato dal fiume Giordano: dove giungono le acque il deserto fiorisce.
Non a caso Giovanni si reca nel deserto, lì si fa ‘voce che grida’: richiama ad un cambiamento profondo perché il ‘regno dei cieli è vicino’. Il cambiamento di direzione richiesto chiede di lasciar spazio all’attenzione ad un intervento di Dio nella storia, al suo ‘venire’. Al centro va posto lo sguardo alla presenza di Dio e ad un sincero rapporto con Lui.
Il profilo del Battista richiama quello dei profeti, uomini afferrati dalla Parola di Dio. E per la fedeltà alla Parola anch’egli subirà il sospetto e la condanna fino ad essere eliminato dal potere politico. Giovanni viveva con rigore di coerenza il messaggio che annunciava: il suo stile di vita manifesta una particolare esigenza verso di se innanzitutto. E l’intera sua vita appare rivolta verso un oltre, verso qualcun altro: Giovanni è teso a scorgere e preparare un avvento di Dio stesso nella storia. Così la sua parola annuncia ‘colui che viene dopo’, un Messia atteso, ‘più forte’, che donerà lo Spirito. L’intera vita di Giovanni è decentrata: tutto in lui è aperto verso un altro.
Nel deserto Giovanni invita coloro che si recano ad ascoltarlo ad un gesto di penitenza: immergersi nell’acqua del Giordano. Il deserto rappresenta un luogo di incontro autentico con Dio, nella essenzialità, laddove si sperimenta il venir meno di sicurezze o appoggi e si può vivere un affidamento radicale. Deserto è anche lo spazio del cammino faticoso verso la libertà, luogo di prova e di fatica.
C’è chi dice ‘abbiamo Abramo per padre’ e pretende che il credere possa esaurirsi nei proclami e nelle appartenenze culturali (come oggi chi sbandiera ‘Dio patria famiglia’ o presunte appartenenze ad un popolo cristiano, dove poi sotto questi termini si nasconde la difesa di privilegi e la chiusura ad accogliere altri che chiedono riconoscimento e giustizia). Giovanni richiama a rompere con queste pretese e con queste chiusure: figli di Abramo, cioè autentici credenti, non sono coloro appartengono a qualche gruppo religioso o sociale, ma coloro che nella vita di ogni giorno attuano percorsi di giustizia e operano per la pace. Questo esprime il ‘regnare di Dio’. Il Dio di Abramo è il Dio che ascolta il grido del povero e chiama ad un rapporto con Lui nell’affidarsi alle sue promesse. Giovanni Battista si oppone così alle varie forme in cui la fede è svuotata. Con la sua coerenza ed il suo stile di vita essenziale conduce a scoprire come la preparazione delle vie del Signore si compie in una pratica di vita, nell’assumere il coraggio di scelte che aprono accoglienza e speranza per tutti.
La scelta del deserto rinvia a vivere distanza e silenzio, a rallentare i ritmi di una vita troppo alla rincorsa per lasciar spazio a leggere i segni del Signore che viene. Nel deserto del quotidiano sono da ascoltare le voci delle solitudini, dell’ingiustizia, delle sofferenza e da esse lasciarsi cambiare. Scoprendo che lì il Signore chiama a preparare le sue vie.
Alessandro Cortesi op



