Figlie della Chiesa Lectio “Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe”

Domenica 28 Dicembre (FESTA – Bianco)
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO A)
Sir 3, 3-7.14-17   Sal 127   Col 3,12-21   Mt 2,13-15.19-23

Di Figlie della Chiesa🏠home

La liturgia della festa della Santa Famiglia ci invita a contemplare Gesù, Maria e Giuseppe non come un’icona lontana, ma come una realtà viva, vicina alla nostra quotidianità. Il Vangelo di oggi narra due momenti drammatici: la fuga in Egitto e il ritorno a Nazaret. Sono episodi che mostrano quanto la vita di Gesù, sin dall’inizio, sia stata segnata da minacce, ostilità e paura.

Il piccolo Re che i Magi erano venuti ad adorare è costretto a fuggire per sottrarsi alla furia omicida di Erode. La nascita del Salvatore non avviene nel segno del trionfo, ma della precarietà, povertà ed esilio.

In questo scenario di sofferenza, brilla la figura silenziosa e forte di Giuseppe, il giusto, l’uomo che ascolta e agisce. Nei Vangeli egli non pronuncia una sola parola; ciò che conta sono i suoi gesti, la sua prontezza nel compiere ciò che Dio gli chiede: essere il custode della vita e della speranza. Riceve in sogno l’ordine dell’angelo: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto». Non aspetta il mattino, ma parte nella notte, affrontando l’oscurità e l’incertezza. È un atto di fede e di responsabilità: fuggire non è segno di codardia, ma di amore.

In questo padre silenzioso possiamo riconoscere l’immagine di tanti padri e madri che oggi affrontano la paura e la precarietà pur di proteggere la propria famiglia.

Quante famiglie vivono ancora oggi la stessa esperienza della Santa Famiglia: profughi costretti a lasciare la propria terra per sfuggire alla violenza, alla fame, alla miseria. Papa Francesco, nella notte di Natale del 2017, ricordava: «Nei passi di Giuseppe e Maria si nascondono i passi di tante famiglie che oggi si vedono obbligate a partire… per sopravvivere agli Erode di turno». Il Vangelo ci invita allora a riconoscere in loro il volto di Gesù, che ancora oggi è costretto a fuggire e cerca accoglienza nei nostri cuori.

La famiglia di Nazareth è modello di fiducia e di obbedienza. Giuseppe si lascia guidare dalla Parola di Dio, anche quando non capisce tutto. Non pretende spiegazioni: si fida. L’ascolto di Dio lo porta all’azione, perché la fede autentica non è mai passiva: è cammino, movimento, decisione. Matteo sottolinea che per tre volte l’angelo parla a Giuseppe in sogno, e per tre volte egli risponde con prontezza: accoglie Maria, fugge in Egitto, ritorna nella terra d’Israele. Tutte e tre le volte “prende con sé il bambino e sua madre”: è la ripetizione di un amore concreto e fedele, che custodisce e protegge.

Questo Vangelo ci ricorda che la salvezza di Dio passa attraverso la storia delle nostre famiglie, dentro le relazioni quotidiane, nei gesti semplici dell’amore. Salvando la sua famiglia, Giuseppe salva anche la storia della salvezza. È come se il Vangelo ci dicesse che ogni volta che custodiamo la vita, che difendiamo un bambino, che sosteniamo un genitore, contribuiamo a costruire il Regno di Dio. La famiglia diventa così il luogo in cui nasce la fiducia, dove si impara a credere alla bontà della vita e alla fedeltà di Dio.

Il racconto evangelico si chiude con il ritorno dall’Egitto. Morto Erode, l’angelo appare di nuovo a Giuseppe e gli dice: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele». Giuseppe obbedisce ancora una volta: non per convenienza, ma perché vive immerso nella volontà di Dio. Così la sua fede si fa esempio di perseveranza per tutti noi.

Guardando a Giuseppe comprendiamo che anche la nostra vita è un pellegrinaggio: come lui siamo chiamati a fidarci e ripartire; a lasciare le nostre sicurezze per seguire la voce di Dio. Anche noi spesso attraversiamo notti oscure, fatiche, prove familiari, momenti di incertezza. Ma il Vangelo ci rassicura: Dio non abbandona mai chi confida in Lui. Anzi, proprio nei momenti di fragilità Egli si fa più vicino e ci mostra la strada da percorrere.

La Santa Famiglia ci insegna che la vera forza non sta nel potere, ma nella fedeltà; non nelle armi, ma nell’amore; non nella paura, ma nella fiducia. In essa regnano l’unione e la pace, anche in mezzo alle difficoltà. Ecco, allora, l’invito di questa festa: accogliere Gesù al centro della nostra vita, come fece Giuseppe; lasciarci guidare dalla Parola; fare spazio alla fiducia, all’ascolto e all’obbedienza dell’amore.

Che ogni nostra famiglia, come quella di Nazareth, diventi casa di accoglienza e di tenerezza, luogo dove Dio possa ancora nascere e abitare. E che ciascuno di noi impari, come Giuseppe, a “prendere con sé il bambino e sua madre”, mettendo Cristo al cuore delle proprie scelte quotidiane. Solo così la nostra vita diventerà segno di speranza per il mondo.

Domande di riflessione

  1. Come reagisco di fronte alle difficoltà o ai cambiamenti improvvisi della vita? So fidarmi di Dio come Giuseppe, anche quando non comprendo tutto?
  2. Quale spazio ha la Parola di Dio nella mia famiglia? È davvero la luce che guida le nostre scelte quotidiane?
  3. In che modo posso rendere la mia casa più simile alla famiglia di Nazareth, luogo di amore, ascolto e accoglienza per chi mi vive accanto e per chi è nel bisogno?

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