VI domenica tempo ordinario anno A – 2020
Sir 15,16-21; Sal 118 1Cor 2,6-10; Mt 5,17-37
Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno…
Se vuoi… la Parola di Dio è appello ad una libertà che risponde. Al primo posto sta il ‘se vuoi…’ una porta socchiusa, della libertà. E, immediatamente legata sta la fiducia del rapporto personale: “se hai fiducia in lui, anche tu vivrai”. Da questo ‘se vuoi’ e dalla fiducia inizia un possibile cammino in cui la scoperta inattesa e sorprendente è quella di ‘essere custoditi’ dalle sue parole e il poter assaporare le profondità della vita. Entrare nel coinvolgimento di un sì libero: in questo passo di accogliere e consentire si attua l’abbandono della fede, e da qui trae origine un movimento nuovo.
Non la pretesa di una vita di cui già si sa tutto, proprietà e dominio rinserrato tra le mani, ma la disponibilità ad essere custoditi dalle parole dell’alleanza. Un sorprendente esproprio vissuto nella responsabilità: quello dell’essere accompagnati a vivere il senso profondo di ogni parola, che declina l’unica parola dell’alleanza e dell’incontro: ‘Io sono il Signore Dio tuo’.
Vivere la libertà del ‘se vuoi’ apre allora a scoprirsi guardati da occhi ‘che stanno su coloro che lo temono’ ed incontrare le parole del Signore come via per crescere, con fatica, accompagnati da una pazienza amica, in umanità autentica, in un cammino sempre aperto al futuro… vivrai.
Ma è anche cammino esigente, segnato dall’impegno del prendere parte e dello schierarsi di fronte al bene e al male. Non un esser custoditi perché svincolati dalla responsabilità piuttosto un esser custoditi nella responsabilità e gettati in essa. Resi capaci di camminare verso una vita che esprima le sue dimensioni più profonde proprio nella libertà e in scelte di responsabilità.
Paolo parla di una sapienza che non è di chi domina. I dominatori vengono ridotti al nulla e ogni loro sapere si rivela vano. Ma lo Spirito è presenza dono che comunica una sapienza che non viene meno. “lo Spirito infatti conosce ogni cosa, anche le profondità di Dio”. La sapienza di Dio si è resa vicina in Gesù, il crocifisso: ciò appare stoltezza e follia. Come pensare che da un condannato a morte provenga una parola di sapienza? Sta qui la pretesa del vangelo: è bella notizia che la vita donata e la morte di Gesù manifestano la sapienza di Dio.
Il crocifisso è il Signore della gloria, il medesimo, non un altro: in lui si può scorgere la sapienza di Dio, la sapienza dell’amore che secondo i criteri umani è stoltezza. Solo lo Spirito può far accogliere questo ‘vangelo’. Un vita spirituale è appunto vita nello Spirito, aperta al suo soffio. Lo Spirito conosce anche le profondità di Dio, solo Lui può far sì che siamo custoditi dalla parola della croce, stoltezza e debolezza, ma sapienza e potenza di Dio, in modo paradossale, perché è comunicazione dell’amore che salva.
Nel discorso della montagna si trovano una serie di affermazioni poste in parallelo: ‘avete inteso che fu detto, ma io vi dico…’. Gesù presenta un modo più radicale di vivere la fedeltà a Dio. ‘Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e farisei’. Gesù chiede ai suoi ‘giustizia’, da tradursi nei termini di una fedeltà sovrabbondante. Dio è giusto perché rimane fedele alle sue promesse così il giusto è colui che compie la parola di Dio.
Gesù chiede di superare la logica del dovuto, di chi pretende di essere a posto perché compie alcune norme o pratiche della legge. Gesù non richiede infatti l’attuazione di una misura stabilita ma indica un modo di vivere la fede con un coinvolgimento pieno, chiede di ‘portare a pienezza’. Le sue parole aprono una strada e sono sfida alla libertà. Toccano il cuore e chiedono radicalità. ‘ma io vi dico’.
C’è una pretesa che risuona in queste parola: deriva da una autorevolezza della vita stessa di Gesù. Gesù per primo ha seguto questa strada e il suo è appello perché la vita di coloro che lo seguono sia secondo le beatitudini non da schiavi sotto la legge ma da liberi fiduciosi nella grazia. Gesù pone una domanda alla coscienza, chiede un movimento del ‘cuore’ della persona. Non è esigenza di una perfezione lonatna dalla vita e impossibile, ma è invito ad orientare lo sguardare al Padre che è nei cieli e camminare in una consegna di sé senza riserve, lasciandosi guidare dalla sua parola.
Alessandro Cortesi op
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