I QUARESIMA – 1 marzo 2020 – Commento al Vangelo
GESU’ DIGIUNA PER QUARANTA GIORNI NEL DESERTO ED È TENTATO
di p. José María CASTILLO
Mt 4,1-11
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Questo vangelo in forma di racconto riassume una delle lezioni più profonde e magistrali che si sono potute dare all’umanità. Chi meglio ha saputo riassumere questa lezione è stato probabilmente F. Dostoevskij nel discorso del “Grande Inquisitore” (I Fratelli Karamazov, V,5). L’idea di fondo di questo discorso è sconcertante. A giudizio del Grande Inquisitore, che rappresenta la voce della Chiesa, Gesù si è sbagliato. Perché ha pensato che il migliore servizio che poteva rendere all’uomo consista nel predicare la libertà. Ma Gesù non si è reso conto che in particolare “non c’è né c’è stato mai nulla di più intollerabile per l’uomo e per la società che essere liberi”.
A prima vista, questo può sembrare una boutade o uno scherzo di cattivo gusto. Ma questa prima impressione è l’indicatore più chiaro delle nostre oscure resistenze, quando non vogliamo accettare ciò che ci riesce insopportabile. Lo stiamo vivendo e avvertendo in modo palpabile: gli uomini consegnano la loro libertà alle donne e le donne agli uomini. I cittadini consegnano la loro libertà ai politici. Ed i lavoratori ai loro padroni. Tutti noi cerchiamo motivi “razionali” e persino “sublimi” per giustificare le nostre schiavitù. Ma la pura verità è che “non c’è per l’uomo rimasto libero più assidua e più tormentosa cura di quella di cercare un essere dinanzi a cui inchinarsi”.
Perché siamo così? Prosegue l’Inquisitore: “Col pane Ti si dava una bandiera indiscutibile: l’uomo si inchina a chi gli dà il pane, giacché nulla è più indiscutibile del pane; ma, se qualcun altro accanto a Te si impadronirà nello stesso tempo della sua coscienza, oh, allora egli butterà via anche il Tuo pane e seguirà colui che avrà lusingato la sua coscienza”. È quello che vediamo. In questi tempi di crisi la gente sogna di uscirne. Perché? Per ritornare ad essere schiavi della cupidigia di magnati, banchieri, politici e furfanti. E con questo sistema si è identificata l’istituzione clericale: “Abbiamo corretto l’opera Tua e l’abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono così terribile, che aveva loro procurato tanti tormenti”. L’Inquisitore continua ad essere vivo. Ed altrimenti, perché si parla tanto del vecchio e dell’attuale papa, dei suoi problemi e del suo futuro? Senza saperlo, tutti dipendiamo dalla sua autorità.
Fonte:https://www.ildialogo.org/
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