MEDITAZIONE
La prima domenica di Quaresima offre la lettura evangelica della tentazione di Cristo. Questo termine “tentazione” ha un significato negativo nel linguaggio cristiano. Ci si accusa spesso di avere avuto tentazioni, come se ciò fosse da considerarsi in sé un peccato. Eppure, dal momento che anche Cristo ha conosciuto la tentazione, essa non può essere peccaminosa di per se stessa.
Vediamo che cosa è avvenuto nel cuore di Cristo nella regione desertica ai bordi del Giordano, dove è ambientata la scena. Gesù è spinto lì dallo Spirito Santo. L’azione dello Spirito Santo nel più profondo della sua umanità fa presupporre un buon uso della tentazione, come prova cioè che suscita la reazione del conformarsi alla volontà di Dio, un atto difficile e libero di grande valore. Gesù ha digiunato e ha fame. Questa comunione ad un’umile necessità della nostra condizione di uomini è assolutamente straordinaria. Quante volte la tentazione ci ha colti nel corpo! Cristo ha conosciuto anche questo. Cristo comincia già a dominare il corpo; ci prepara la grazia del dominio di sé. Gesù ha una missione. Deve farsi riconoscere come il Salvatore dell’umanità, il ponte gettato fra Dio e l’uomo.
Il suo cuore è impaziente di arrivare a ciò, ma deve rispettare la libertà degli uomini per renderla davvero libera e si trattiene dal fare qualcosa che possa in qualche modo costringerla.
Il suo cuore è impaziente di arrivare a ciò, ma deve rispettare la libertà degli uomini per renderla davvero libera e si trattiene dal fare qualcosa che possa in qualche modo costringerla. Resiste alla voglia di fare una capriola spettacolare. Non chiede nulla al Padre che non sia in perfetto accordo col suo disegno. In queste due prime tentazioni, il suo cuore prova davvero il fascino delle soluzioni proposte. E vi resiste. Al contrario, colui che orchestra il male e l’infelicità degli uomini si toglie la maschera. Il cuore di Cristo non è diviso in nessun istante, e prova orrore di colui che non potrebbe avere nulla di comune con la santità di Dio: “Vattene, satana!”. In questo dialogo a forti tinte e profondamente conforme alla cultura religiosa del tempo, Gesù, attaccato con un uso fraudolento delle Scritture, risponde con un’interpretazione più esatta delle Scritture stesse, che solo lui, il Verbo fatto carne, può dare. Cristo non fa fatica ad uscire vincente da tale tentazione di giustificare il male servendosi di buone ragioni e persino di considerazioni religiose. Del resto, gli angeli, strumento dell’intervento divino, non erano lontani. La tentazione di Gesù non fu un momento di debolezza nella sua vita, ma una manifestazione evidente del suo accordo e della sua unità con il Padre, in comunione con la condizione umana. Il cuore di Cristo, che ha vissuto quest’episodio, ne conserva le ricchezze e ce le mette a disposizione. Come lui, anche noi siamo tentati dalle esigenze del corpo, che sono in noi disordinate; come lui, anche noi pensiamo a volte di poter realizzare la nostra vita indipendentemente dalle intenzioni divine, ma, diversamente da lui, noi siamo portati a staccarci da Dio per trovare la nostra soddisfazione nel male. Con il mistero della tentazione, Cristo vuole comunicarci l’orrore e la fermezza del suo cuore di fronte al demonio, che invece riesce a sedurci. Cristo non vuole che ci spaventiamo di fronte alla tentazione e che, così, ci venga meno il coraggio. Vuole invece che, con la certezza dell’aiuto divino, ci riprendiamo, facendo una scelta libera e volontaria fondata sulla volontà di Dio, che si è chiaramente manifestata nella sua Parola scritta ed interpretata senza errore dalla Chiesa. Viene in mente la figura del pugile sul ring. Non solo Dio è l’arbitro, ma è anche l’alleato e il premio. Non dimentichiamolo!
Mons. CHARLES
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