Incontro alla sete dell’altro – III di Quaresima
DI MARCO FERRARI
Accostandoci alla narrazione dell’incontro di Gesù con la donna samaritana, scorgiamo, innanzitutto, che c’è una reciproca sete da placare.
Sete della donna che è lì, con la sua anfora, in un’ora così insolita (Da chi non vuole farsi vedere? Chi vorrà evitare?) per attingere acqua; e, più ancora, assetata di relazioni vere, libere, trasparenti – come è per ciascuno di noi. Sete di Gesù, affaticato per il viaggio, ma anche spossato per la fatica di mostrare ai suoi fratelli e sorelle il volto del Padre, sorgente e fine di ogni nostro desiderio di infinito.
La sete di Dio e la sete dell’umanità da sempre attendono di essere saziate.
Il “dammi da bere” di Gesù assomiglia molto all’altra richiesta – “ho sete” – espressa da Cristo, alla stessa ora del giorno, sulla croce: è sete di un’umanità riconciliata; sete che i suoi fratelli e sorelle riconoscano il volto misericordioso del Padre che guarda con smisurata tenerezza alle nostre vite.
Gesù sulla croce, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinchè si compisse la Scrittura disse: “Ho sete” (Gv 19,28)
Gesù ha di fronte una samaritana che porta con sé una storia difficile: nella sua vita si sono succeduti cinque mariti e quello con cui vive non è suo marito. Questa donna, ferita nei suoi affetti, è portavoce di ognuno di noi: reclama l’acqua viva che solo Gesù può dare (“Dammi quest’acqua”, 4,15). E il Signore, con pazienza, si mostra come Colui che è profondamente innamorato della nostra umanità tanto da condurre ognuno di noi, attraverso la samaritana, a scoprire che Lui solo può saziare il desiderio di essere amati presente nel cuore di tutti.
L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5)
Il testo evangelico ci mostra un particolare interessante: dopo il dialogo con Gesù, la samaritana, venuta al pozzo ad attingere acqua, se ne va lasciando lì la sua anfora: deve annunciare ai suoi compaesani di avere incontrato un uomo del tutto particolare (“Che sia lui il Cristo?”, cfr. 4,29). La sete della donna – quella profonda, autentica – è forse già stata saziata dall’incontro con Gesù?
Da un dialogo improvvisato e imprevisto, scaturisce la possibilità anche per i Samaritani – considerati “eretici” dai Giudei – di incontrare Colui che presto riconosceranno come il “salvatore del mondo”. È il rimanere di Gesù con loro per due giorni (cfr. 4,40), l’incontro personale con Lui, che permette questa accoglienza.
L’incontro al pozzo di Giacobbe fa eco agli incontri narrati nella Genesi, fra i patriarchi e quelle donne che sarebbero diventate loro spose. L’incontro al pozzo di Sicar – immagine dell’incontro fra Dio e l’umanità sua Sposa – può avvenire ogni giorno, dentro alla nostra esistenza feriale: è lì, nel “luogo” che è la nostra quotidianità, che possiamo incontrare e adorare il nostro Dio, il Padre che Gesù, Parola fatta carne, ci rivela.
Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa (Gv 2,29a)
È dentro alla nostra esistenza di ogni giorno, nella fatica e nella sete quotidiana, che il Signore ci dona il suo Santo Spirito, acqua viva che può sempre dissetarci.
Fonte:http://www.twittomelia.it/
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