XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (31/10/2021)
Quale è il primo di tutti i comandamenti? Cosa conta più di tutto nella vita? L’evangelista Marco mette in scena la storia di uno scriba, di un uomo in ricerca, pronto a lasciarsi raggiungere dalla parola di Gesù. La domanda di quel viandante dello spirito non è frutto di curiosità né di malizia. Vuole attingere alla sorgente della fede di Abramo.
La vocazione del cristiano è vivere da viandante in una società di sedentari. Anche noi ci mettiamo in cammino alla ricerca del cuore della nostra fede. Lo scriba ha bisogno di verità, di sfoltire la giungla delle prescrizioni dentro le quali era stata avvolta e sepolta la legge di Mosè. Disposizioni spesso solo umane e cristallizzatesi fino al punto da sembrare più importanti di Dio stesso.
Ancora una volta la religione rischiava di esiliare l’amore e diventare schiava di regole, di codici e di norme spesso impraticabili. Quello scriba non parla a vanvera e rivolge a Gesù la domanda fondamentale: “Quale è il cuore della fede?”.
Ricordate la parabola dell’uomo ferito abbandonato lungo la strada? Per caso, un sacerdote scendeva per quella stessa strada e quando lo vide passò oltre e anche un levita, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. La carità viene prima della liturgia.
Gesù unisce inseparabilmente l’amore per Dio e l’amore per il prossimo. Sono due i comandamenti dell’amore ma l’amore è uno solo. E per quattro volte Gesù ripete l’esigenza della totalità, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.
Amare il prossimo è come amare Dio. Il prossimo è inscindibile da Dio. Questa è la rivoluzione di Gesù: amare tutti con tutto il cuore. Dio non rapina il cuore ma ne raddoppia la capacità. Dio non esaurisce l’amore ma lo moltiplica. I discepoli di Gesù imparano a non separare l’uomo da Dio perché non si possono staccare i rami dalle radici dell’albero.
Una sfida sottile agita il mondo di oggi. Di più Dio o di più l’uomo? Non si può opporre Dio all’uomo, dice Gesù, né l’uomo a Dio. Non c’è concorrenza né rivalità. E voi, sposi, che avete celebrato il sacramento del matrimonio, ricordate che quando l‘uomo e la donna si giurano amore, lo fanno con una pretesa di eternità, di completezza e di totalità.
Il sacerdote chiede agli sposi: “Siete disposti, nella nuova via del matrimonio, ad amarvi e onorarvi l’un l’altro per tutta la vita?” E la risposta è stata: “Io, accolgo te, e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.
Gesù dà ancora una indicazione: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Come se non fosse possibile amare gli altri se non hai imparato a voler bene a te stesso. Se non accogli gioiosamente la tua vita e la tua storia non diventi capaci di amare nessuno. Cercherai il piacere forse, di possedere certo, di mordere e fuggire via, ma non avrai la gioia né la gratitudine.
Allo scriba Gesù dice “Non sei lontano dal regno di Dio”. Perché quest’uomo è ancora lontano? Cosa gli manca? Deve arrivare a Gerusalemme, sul Calvario, e vedere “come Lui ci ha amato”. Nella sua Pasqua di morte e resurrezione risplende la misura dell’amore con il quale siamo stati amati. E Gesù consegna a noi questa misura per entrare nel Regno.
Amare Dio con tutta la mente e con tutte le forze ci sradica dall’illusione di poterci accontentare. Non finiremo mai di amare Dio. E in nome suo non dobbiamo smettere di cercare e di trovare nuove strade di amore per i fratelli.
