padre Fernando Armellini Commento 2° Domenica Tempo Avvento

II Domenica di Avvento (Anno C)  (05/12/2021)

Vangelo: Lc 3,1-6 

Dal Vangelo secondo Luca 3,1-6

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, :
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

Luca è ritenuto lo storico fra gli evangelisti perché nella sua opera, Vangelo e Atti degli Apostoli, fa riferimenti puntuali e precisi a imperatori, re, procuratori, proconsoli… e nel brano evangelico di oggi, introducendo la figura del Battista, ci offre un’informazione preziosissima che ci permette di datare l’inizio della vita pubblica di Gesù.

Il tempo in cui ha inizio tutta la nostra storia con la predicazione del Battista e poi il battesimo di Gesù, è quello della Pax romana, alla quale ha dato inizio l’imperatore Augusto.

L’impero è stato pacificato, non ci sono guerre civili, la Palestina, che è quella che a noi interessa, è saldamente nelle mani di Roma non ci sono segni di rivolte, gli Zeloti non ci sono al tempo di Gesù, compariranno qualche decina di anni dopo… la vita quindi, in Israele scorre abbastanza tranquilla. Sentiamo come Luca introduce in modo solenne questo momento decisivo per la nostra storia: l’inizio della vita pubblica di Gesù.

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa

Dopo averti raccontato l’infanzia di Gesù nei primi due capitoli del suo Vangelo, Luca introduce l’inizio della vita pubblica di Gesù facendo riferimento ai grandi personaggi del suo tempo.

Sono i facitori della storia, coloro che contano e Luca li elenca in graduatoria secondo la loro importanza.

Noi ci soffermeremo su questi personaggi perché vogliamo capire in che contesto storico, il figlio di Dio ha dato inizio al mondo nuovo.

Il primo di questi personaggi non poteva che essere l’imperatore Tiberio.

Sullo sfondo vi ho messo un aureo di Tiberio, è raffigurato lui con l’iscrizione “Tiberio Cesare Augusto, figlio del divino Augusto” e sul retro, la raffigurazione di sua madre Livia, la terza sposa di Cesare Augusto, con l’iscrizione “Pontifex maximus”, riferito naturalmente a Tiberio.

È lui il dominatore del mondo e si è presentato con quest’aureo; gli aurei non servivano per il commercio ma per la propaganda, si presenta come Augusto Sebastòs, in greco significa il venerabile, quindi il divino… un superuomo quindi.

Luca ci dice che erano già 15 anni che lui governava, questa indicazione è preziosissima, perché adesso cerchiamo di fare alcuni calcoli per capire in che anno è iniziata la vita pubblica di Gesù.

Tiberio non era figlio di Augusto, ma era figlio di Livia e quando sono scomparsi o per morte naturale o per veleni, tutti i successori che Augusto avrebbe voluto come imperatori dopo di lui – tra parentesi, pare che Livia fosse implicata anche lei in questi intrighi, in questi veleni – Augusto nel 4 d.C. ha adottato Tiberio.

Tra parentesi, questa Livia, con il figlio Tiberio, ha avuto contrasti crescenti; Tiberio non sopportava più che lei si intromettesse in faccende politiche, alla fine non andrà nemmeno al suo funerale.

Bene… nel 14 d.C., quando muore Augusto, Tiberio prende il potere e quindi, se noi aggiungiamo 15 anni in cui lui ha governato, arriveremo al 29, ma dobbiamo tenere presente che chi scrive è Luca che viene da Antiochia di Siria e in Siria, gli anni di regno degli imperatori erano contati in un modo diverso… per cui oggi si è concordi nel ritenere che la vita pubblica di Gesù è iniziata nell’autunno del 27 d.C.

Ci chiediamo adesso, cosa stava capitando nel mondo quando il Battista ha iniziato a predicare. Siamo nel 26, esattamente l’anno in cui Tiberio abbandona Roma e si trasferisce a Capri, dove si è fatto costruire ben 12 ville; lui ha scelto come residenza la più bella di tutte, la famosa villa Jovis che si trova a 300 mt. sullo strapiombo sul mare, di fronte a un panorama mozzafiato che è quello del Golfo di Napoli.

Lì, secondo ciò che ci riferiscono Tacito e Svetonio, Tiberio si è abbandonato a dissolutezze, perversioni inenarrabili; intanto, a Roma, chi governa è il Prefetto del Pretorio, il famigerato Seiano.

A Roma è un tempo di intrighi, delazioni, assassini, crudeltà di ogni genere; lì la vita di coloro che ambiscono al potere, è un continuo slalom fra pugnali e veleni… questo è il mondo nel quale Gesù inizia a predicare il suo Vangelo.

Se Luca avesse voluto indicarci la data dell’inizio della vita pubblica di Gesù avrebbe potuto fermarsi qui, invece, continua a presentarci i detentori del potere del suo tempo in Palestina e dintorni.

Il primo, naturalmente, è il rappresentante di Roma Pilato, risiede a Cesarea e governa su quella parte della Palestina che Erode il grande, nel suo testamento, aveva lasciato suo figlio Archelao, ma da subito, i personaggi più importanti della Giudea avevano chiesto a Cesare Augusto di rimuoverlo. C’erano state subito delle rivolte, delle sommosse che erano state soffocate nel sangue; la prima aveva portato a 3000 vittime, molte delle quali per crocifissione attorno alla città di Gerusalemme.

Chi era questo Pilato?

Era un protetto del famigerato Seiano, ci viene presentato da Filone, un suo contemporaneo, un contemporaneo di Gesù, di Alessandria d’Egitto.

Dice:

Era un uomo di natura inflessibile e, in aggiunta alla sua arroganza, era duro, capace solo di concussioni, violenze, rapine, brutalità, torture, esecuzioni senza processo, crudeltà spaventose e illimitate”.

Questo è colui che governa la Giudea e la Samaria.

Terzo personaggio… Antipa, un altro figlio di Erode il grande, al quale suo padre aveva lasciato la Galilea, – che ci interessa tanto perché lì c’è Nazareth e Gesù è vissuto sempre come suddito di questo Antipa – e poi la Perea, dove Giovanni sta battezzando a Bethabara.

Quarto personaggio… Filippo, è il terzo dei figli di Erode che hanno ereditato una parte del suo regno; a lui è toccata la parte nord, l’estremo nord della Terra di Israele e lui vive là tranquillo, ha fondato la sua capitale, l’ha chiamata Cesarea – era naturalmente un inchino a Tiberio – e per distinguerla dall’altra Cesarea che è sul Mediterraneo, l’ha chiamata di Filippo.

Lui vive con la sua sposa diciassettenne che è la famosa Salomè, la ballerina.

Poi Luca cita Lisània di cui sappiamo praticamente nulla, credo l’abbia aggiunto perché vuole arrivare al numero 7 con altri due personaggi che non sono dei capi politici ma dei capi religiosi, i sommi sacerdoti Anna e Càifa … sono i veri responsabili della morte di Gesù.

Anna, Anano, era stato sommo sacerdote dal 6 al 15 d.C. e dopo di lui 4 suoi figli sono diventati sommi sacerdoti e Il sacerdote del tempo era il suo genero Càifa.

Ho posto sullo sfondo un ossario molto famoso, è stato trovato vicino Gerusalemme nel 1990.

È importante perché è stato trovato fra gli ossari della famiglia di Càifa, importante questo perché su questo ossario c’è l’iscrizione “Giuseppe Ben Càifa, figlio di Càifa”, infatti lo storico Giuseppe Flavio ci dice che Càifa del Vangelo si chiamava Giuseppe.

La data di questo ossario, la ricchezza che è evidenziata, elaboratissimo, ben curato, all’interno c’erano le ossa di un uomo sessantenne, tutto questo porta davvero a dire che quello è l’ossario di Càifa, uno dei due grandi responsabili della morte di Gesù.

Purtroppo non c’è l’aggiunta “sommo sacerdote”, altrimenti ne avremmo la certezza che è proprio il suo ossario.

Ci interessa adesso notare che sono 7 questi personaggi e vogliamo cogliere il messaggio che Luca ci vuole dare.

Il primo: Luca vuole che sia chiaro a tutti che ciò che sta per raccontare non è l’inizio di una favola o di un mito esoterico creato dalla fantasia, dall’immaginazione stravagante di un sognatore, lui vuole fare riferimento a fatti concreti.

Questo è importante anche per la nostra catechesi di oggi, collocare la storia di Gesù nel nostro mondo, in un contesto storico ben preciso, in una certa cultura… quella di un popolo semitico; quindi lui parlerà, ragionerà con le immagini, con il linguaggio del suo popolo.

Va collocato in questo contesto, proprio per capire che cosa ci propone.

Secondo messaggio: viene da quel numero 7.

Tutta la storia qui viene rappresentata… storia sacra e storia profana, storia giudaica e storia pagana… tutta la storia.

Il numero 7 è la totalità, è coinvolta nell’evento che Luca sta per raccontare; cioè sta per avere inizio un nuovo regno, non un regno dell’altro mondo, un regno che si deve instaurare in questo mondo.

Se fosse dall’altro mondo, non avrebbe suscitato la reazione violenta di queste istituzioni, di questi poteri politici e religiosi che invece si sentiranno posti in causa; loro vorranno perpetuare il loro dominio e Gesù, presentando il suo nuovo regno, li metterà in crisi, difatti questi due poteri si alleeranno per contrastare l’avvento del nuovo regno.

Come inizia questa nuova storia del mondo?

Ascoltiamo

la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.

Per presentare l’investitura profetica del Battista, Luca ricorre a una formula ben nota nell’Antico Testamento, quando si vuole presentare la vocazione di un profeta. Il libro di Geremia inizia dicendo “la Parola del Signore fu su Geremia”, è la stessa espressione che Luca impiega per il Battista, “la Parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria”.

In che contesto spirituale del popolo d’Israele avviene questa chiamata?

È un momento molto doloroso perché Israele da secoli sta facendo l’esperienza del silenzio di Dio.

Dio non parla più al suo popolo, non invia più Profeti, la sua Parola non scende su nessuno, perché il popolo di dura cervice non ascolta i Profeti, Dio allora ha chiuso il suo cielo.

Questo doloroso silenzio, noi lo troviamo sulla bocca del salmista, il Salmo 74, quando dice:

Signore non ci sono più profeti e nessuno tra noi sa più dire fino a quando questo durerà, nessuno ci indica più le vie del Signore”.

Pure anche al capitolo terzo del libro di Daniele dove c’è quella preghiera:

Signore, per amore di Abramo tuo amico, ricordati della tua misericordia, perché noi non abbiamo più né principe, né capo, né sacerdote, né profeta e non abbiamo più nemmeno un luogo dove andare a pregare”.

Se teniamo presente questo dolore per il silenzio di Dio, noi comprendiamo l’annuncio dell’angelo a Zaccaria, quando dice:

Tu Zaccaria avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita”.

La ragione è che di nuovo compare un profeta dopo questo silenzio durato secoli.

E adesso… su chi scende la Parola di Dio?

Non sui grandi di questo mondo e nemmeno sui sacerdoti del tempio, i sommi sacerdoti Anna e Càifa, queste persone che gestiscono dei poteri sono refrattari alla Parola del Signore, non troveremo mai dei profeti nelle istituzioni di potere.

La Parola di Dio scende su Giovanni che vive nel deserto e siccome anche noi oggi vogliamo accogliere questa Parola, siamo nell’avvento quindi la preparazione ad accogliere la Parola che è Cristo, che è il Vangelo… in che contesto ci dobbiamo collocare?

Ce lo suggerisce il Battista… nel deserto!

Proviamo a riflettere… che cosa accade nel deserto che crea la condizione opportuna perché la Parola scenda su di noi?

Anzitutto il deserto è un luogo di silenzio.

Una sera a Palmira, quindi nel deserto siriano, la guida dice:

“questa sera voglio farvi fare un’esperienza particolare”

Ha portato il gruppo nel deserto poi ha detto:

“Adesso vi fermate per mezz’ora ad ascoltare il silenzio”.

Un’esperienza indimenticabile il silenzio del deserto!

Noi siamo frastornati da rumore, dal frastuono, dal vociare, dagli schiamazzi dello sballo… come fa la Parola di Dio a scendere in questa situazione?

I profeti Geremia, Baruc, ricordano la sapienza di un popolo stimato da tutti, il popolo di Teman, un popolo che vive nel deserto dove si coltiva la sapienza, dove la sapienza è stimata più dell’oro e delle gemme, uno degli amici di Giobbe – saggio – veniva da Teman.

Dove c’è silenzio, lì può scendere la Parola del Signore!

Se c’è frastuono… noi difatti abbiamo anche paura del silenzio, perché nel silenzio emergono le inquietudini interiori, quegli interrogativi che tante volte noi vogliamo tacitare e allora facciamo rumore, creiamo confusione… no!

In questo Avvento dobbiamo fare esperienza del silenzio, ritagliarci momenti di silenzio, allora siamo recettivi di questa Parola, la Parola del Signore può scendere su di noi!

Poi ancora, se vogliamo che questa Parola possa scendere, il deserto è il luogo dove si ritorna all’essenziale, non esiste il superfluo, lo spreco nel deserto… lì il pane è pane, non è brioche; l’acqua è acqua, non è Coca-cola; ciò che è necessario per la vita, non il superfluo.

Noi siamo appesantiti da tante cose superflue, le mode, la pubblicità, che determinano tante delle nostre scelte, ci fanno perdere la testa per l’effimero, ci fanno dimenticare e trascurare l’essenziale, ciò che realmente conta.

Se noi non torniamo all’essenziale, se noi non evitiamo tutti gli sprechi, la Parola del Signore non può scendere su di noi.

Terzo contesto che noi troviamo nel deserto in cui la Parola può scendere: è il luogo dove non si accumula.  

Nel deserto non si può portare ciò che appesantisce, si porta con sé soltanto ciò che puoi caricare sulle spalle, la terra che è tua, è quella che tu stai calpestando perché quando fai un passo avanti, quella terra appartiene a un altro.

Se non si assimila questo messaggio del deserto, si rimane schiavi della logica del mondo vecchio, dove ti viene suggerito di accumulare beni per apparire, per essere una persona di successo, è il mondo della competizione, dei soprusi, delle ingiustizie, il mondo delle guerre… se non si fa questa esperienza del deserto, quindi del distacco dai beni di questo mondo in modo da non divenirne schiavi, la Parola del Signore non può scendere su di noi.

Ultima caratteristica di chi fa l’esperienza del deserto: non si può camminare da soli.

Se uno cammina da solo nel deserto muore, bisogna camminare insieme con gli altri, condividendo tutto ciò che si ha a disposizione.

Se uno si isola, se pensa di farsi la propria vita disinteressandosi degli altri non sopravvive.

Se vogliamo che la Parola del Signore scenda su di noi, dobbiamo coltivare questa attenzione a chi vive al nostro fianco, altrimenti la Parola non può scendere su di noi, non possiamo accogliere la Parola che vuole venire nella nostra vita che è Cristo, che è il suo Vangelo

Il Battista è cresciuto nel deserto, quindi ha assimilato questa spiritualità del deserto e ha potuto accogliere la Parola.

Sentiamo adesso come inizia a svolgere la missione alla quale Dio lo ha chiamato

Giovanni percorse tutta la regione del Giordano,

predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:

«Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

Il Battista svolgeva la sua missione percorrendo tutta la regione del Giordano.

Questo fiume, nella Bibbia ha un significato teologico, quello di essere il confine tra la terra pagana, terra di schiavitù, dalla quale il popolo Israele veniva, e la terra della libertà dove questo popolo è stato introdotto da Giosuè.

Il Battista vuole fare prendere coscienza a questo popolo che non è realmente libero, deve fare di nuovo questo passaggio dalla schiavitù del peccato alla vera libertà, difatti lui predica la conversione – in greco metanoia, dal verbo metanoein – cambiare modo di pensare, modo di giudicare, cambiare i criteri con cui si valutano le cose nella vita e poi come segno il passaggio del fiume Giordano, un gesto che indica la scelta di fare questo cambiamento nella vita.

L’obiettivo, la remissione del peccato, il perdono del peccato.

Cosa si intende per perdono del peccato?

Il Battista non dice che bisogna chiedere perdono al Signore, che bisogna far penitenza, sacrifici, digiuni… no, nulla di tutto questo!

Non angosciarsi per gli errori commessi!

Dice che ci vuole la metanoia, questa presa di coscienza che si stanno facendo delle scelte errate, fallimentari nella vita e quando il Signore riesce a farti capire questo, tu sei perdonato.

Questo modo di intendere il perdono è rivoluzionario, perché il perdono, in Israele, lo si otteneva andando al tempio a offrire sacrifici a Dio, o facendo penitenze, purificazioni… no!

Il Battista dice:

Il perdono è opera di Dio che riesce a farti capire che devi fare una metanoia, un cambiamento del modo di pensare e di vivere, allora il tuo peccato è spazzato via.

E poi, per presentare ciò che sta accadendo, Luca introduce una profezia che si trova nel libro di Isaia, dice:

Questa profezia si realizza in pienezza in questo momento”.

Come è scritto nel libro degli oracoli del Profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri

Il profeta che ha pronunciato questo oracolo, è un profeta anonimo, vissuto a Babilonia nel VI secolo a.C., con un popolo schiavo dei babilonesi e sta annunciando a questo popolo la fine della schiavitù.

“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri perché adesso Lui ci condurrà di nuovo nella nostra terra”.

Qui viene applicata al Battista questa profezia perché adesso questo popolo che lui sta preparando alla liberazione che sta per giungere.

C’è l’invito qui a preparare la via del Signore e a raddrizzare i suoi sentieri!

Il Signore vuole venire a liberare questo popolo, liberarlo dalla schiavitù del peccato, ma è necessario attenderlo sui suoi sentieri, a preparare la via che Lui vuole percorrere.

Qual è la via attraverso la quale Lui vuole venire a liberarci?

È la via del Vangelo.

Quante vie che noi tentiamo di inventarci affinché il Signore venga a salvarci?

Ma molte volte queste vie non hanno nulla a che vedere con il Vangelo, ci sono certe pratiche religiose che alla gente possono piacere, ma che non salvano, non portano la libertà; l’unica via attraverso la quale il Signore viene è quella della sua Parola, del suo Vangelo, è questo Vangelo che ci libera.

Conosciamo tutti tante persone che sono devote, ma poi continuano ad essere schiave del denaro, dell’egoismo, dell’orgoglio.

Raddrizzate le mie vie, rendetele diritte, non cercate di renderle storte perché vi piacciono storte, no. La via è diritta, è quella di Cristo, la conosciamo bene, la via della liberazione.

E poi c’è una promessa:

Ogni burrone sarà riempito ogni monte e ogni colle sarà abbassato, le cose storte saranno rese diritte e le impervie spianate”

A volte, si interpretano queste parole del profeta, come un invito ad abbassare i monti del nostro orgoglio, della nostra autosufficienza, riempire i burroni che ci separano dai fratelli… qui no, non è ciò che dobbiamo fare noi, questa è una promessa di ciò che il Signore farà ed è una promessa dobbiamo interiorizzare bene, perché se c’è una tentazione molto pericolosa è quella contro la speranza.

Quante volte noi diciamo certi colli, certi monti non saranno mai abbassati, quelli dei poteri di questo mondo, quelli che creano delle situazioni insostenibili e noi diciamo non cambierà mai, sono troppo forti questi poteri!

Dio dice saranno abbassati e le valli saranno riempite, tutte queste separazioni fra i popoli, fra le culture, verranno appianate nel rispetto di tutte le culture, non provocheranno guerre ma le diversità saranno positive, creeranno unione, servizio reciproco.

Ecco l’importanza di interiorizzare questa promessa, perché se noi perdiamo la speranza, lasciamo cadere le braccia e allora il male ha vinto.

Ripetiamola a noi stessi questa promessa che viene fatta dal profeta… i colli, le montagne saranno abbassate non da noi ma da Dio, dalla sua Parola.

E poi l’ultimo messaggio, molto bello, che soltanto Luca ha, anche Matteo e Marco citano questa profezia, ma si fermano prima, ai monti che verranno abbassati e alle valli che verranno riempite.  

Luca continua la profezia dicendo:

ogni carne vedrà la salvezza di Dio”.

Carne nella Bibbia indica la condizione fragile della nostra umanità che verrà tutta salvata.

Anche questo è un messaggio di speranza che noi dobbiamo coltivare, speranza nella certezza della vittoria dell’amore di Dio sulle nostre fragilità.

Fonte:https://www.commentivangelodomenica.it/