Don Paolo Zamengo “Il deserto dello Spirito santo e fuoco”

Il deserto dello Spirito santo e fuoco Lc 3,1-6.15-17

In avvento riemerge in tutta la sua radicalità la figura di Giovanni Battista. Da dove viene, con la sua voce che sa di tuono, e dove abita? Nel deserto. La diversità di Giovanni è il deserto. Non frequenta il tempio e non è neanche un profeta di corte, anzi sta ben lontano dai palazzi. Di lui si dice che è ‘voce di uno che grida nel deserto.

Il deserto è il luogo per un contatto con se stessi e con Dio. Ebbene quel deserto lo aveva segnato, trasformato. Il deserto è il luogo in cui si vive di essenzialità, ti liberi del peso di tante, troppe cose. Che il deserto l’avesse scolpito, quasi fisicamente, era evidente fin dal suo modo di vestire e di nutrirsi.

“Preparate la strada”, dice Giovanni, e sembra dirlo anche a me, a noi, a tutti. Preparate la via del Signore facendo l’esperienza del deserto. Se no, non è via del Signore. Preparatela uscendo dal frastuono, dal disordine. Prendiamo anche noi come maestro il silenzio. E nel silenzio ascoltiamo la voce che ci abita, perché noi abbiamo una voce più profonda, un’attesa più vera.

Nel silenzio ascoltiamo la voce di Dio, che parla nel deserto. Diceva Gandhi: “Non ho bisogno di grotte lontane, porto la grotta dentro di me”. Perché è dal deserto che nascono i pensieri profondi, i cambiamenti reali e non solo di facciata. “Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la regione lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare confessando i loro peccati”. Quello che sta succedendo è un evento corale, un fenomeno di popolo.

Mi è capitato alcuni anni fa, nel mio terzo viaggio in Palestina, quando arrivò il giorno del deserto e ci siamo inoltrati e mi sono chiesto come mai tutto quell’accorrere di pellegrini avesse cambiato i connotati del deserto. Cosa ho trovato? Nell’aria il vociare dei pellegrini-turisti, di cellulari sempre accesi, di cuffie immancabilmente incollate alle orecchie e nell’aria, l’odore tipico di una pizzeria.

E mi è venuto impellente il desiderio di estraniarmi, di scendere i gradini che vanno al fiume, sedere sull’ultimo e, accucciato, solo, guardare quelle acque che fluiscono lentamente, che per Giovanni erano acque di conversione. Vedete, succede. Può succedere anche a noi oggi nelle nostre chiese che possono diventare tutto fuorché́ un deserto.

Il problema è “perché andiamo in chiesa?”. Giovanni Battista non si lascia incantare né dal numero né dalle appartenenze. Con il suo linguaggio aspro come aspro è il deserto che lo ha formato, vedendo farisei e dottori della legge venire al suo battesimo, e dunque venire al rito, li apostrofa come “razza di vipere” e smaschera con accenti impietosi la loro sbandierata appartenenza religiosa.

Venivano per un rito e non per cambiare il cuore. La domanda, voi lo capite, ritorna immediatamente a me. E io perché vengo in chiesa? per un rito o per una conversione? All’inizio della predicazione del Battista e all’’inizio della predicazione di Gesù c’è lo stesso medesimo invito: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino”.

Convertirsi è girarsi verso Gesù, è camminare dietro Gesù, è prendere come esempio Gesù. Perché lui si è convertito a noi! Si è rivolto a noi. Questo cambia la vita.

Nel senso del fuoco. Giovanni dice: “Io vi battezzo nell’acqua, egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. E’ fuoco di passione. Quella passione che a volte ci manca. Siamo spassionati, siamo senza fuoco, impalliditi, gelidi. Le nostre giornate devono ritornare ad essere abitate dal fuoco. Non da un “fare tanto per fare”, ma da un fare acceso di una passione. Battezzati in Spirito Santo e fuoco.


Risposta

  1. Avatar #Incammino “Ritagli Web II Domenica di Avvento “ – #InCammino

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