III Domenica di Avvento (Anno C) – Gaudete (12/12/2021)
Al cuore del vangelo di questa terza Domenica di Avvento vi è l’appello del Battista alla conversione. “Maestro di penitenza” (A IV,987), “ottimo figlio del deserto, araldo della conversione, apostolo universale”, lo definisce la liturgia bizantina nell’ufficiatura del 24 giugno (A IV,630) che pone sulle sue labbra queste parole:
Sono nato per servire come schiavo del Sovrano:
per questo vengo infatti,
per annunciare il suo avvento (A IV,640).
La liturgia romana pone sotto il segno della gioia questa terza domenica di Avvento, la liturgia bizantina ricorda come la nascita del Battista è fonte di gioia.
La letificante natività del Precursore
pone fine oggi alla tristezza della muta lingua del padre,
e alla sterilità di colei che lo partorisce;
ma essa manifesta anche la gioia e l’esultanza che verranno:
per questo tutto il creato raggiante lo festeggia (A IV,645).
L’appello del Battista alla conversione risuona come un canto:
Ecco una voce precorritrice
che giunge ai cuori sterili e deserti cantando:
“Preparate dunque la via di Cristo,
poiché egli viene nella gloria”.
A lui sottomettendoci,
noi lo magnifichiamo (A IV,644).
Giovanni è “la bellissima tortora e l’usignolo” che ha fatto “risuonare la melodia della penitenza” (A I,465), mostrandosi “sino ai confini del mondo precursore della grazia” (A IV,635).
Egli chiede opere degne di conversione, rimanda ad esigenze ben precise, ma tutto questo non può essere frutto di azioni volontaristiche. La domanda: “Che cosa dobbiamo fare?” sorge dall’incontro con la gioiosa notizia; “Con molte altre esortazioni Giovanni annunciava al popolo la buona notizia” (Lc 3,18). Ciò che Giovanni annuncia è fonte di gioia per chi l’ascolta, una grande gioia, profonda, che ha il potere di cambiare la vita. La condivisione, la rinuncia a pretese ingiuste, il rinunciare alla violenza nei rapporti con l’altro nasce dall’aver accolto dentro di sé questa gioiosa notizia, l’evangelo. Un monaco vissuto tra la fine del vi secolo e il vii sul Sinai, Giovanni Climaco, scrive: “La conversione è figlia della speranza e rinnegamento della disperazione” (Scala 5,2); è la speranza che ci induce a cambiare, che muta lo sguardo del cuore sulla realtà, su noi stessi, sugli altri. Consapevole di essere pecora smarrita che va errando per le vie impervie della vita, l’orante supplica Giovanni:
Tu hai indicato a tutti
le vie che conducono alle porte della salvezza,
o santo Precursore:
dammi di incamminarmi in esse,
a me che erro per tutte le vie impervie della vita,
per l’inganno dell’artefice del male (A I,465).
Nel mattutino del martedì del tono 1 dell’Októechos si canta:
Ecco la lampada che risplende
per quelli che sono nella tenebra dell’esistenza,
ecco la rondine dalla bella e chiara voce,
che a tutti indica la primavera, il Cristo:
ecco il precursore sommo,
il mediatore tra l’antico e il nuovo patto.
Dalla sua intercessione siamo sempre custoditi (A I,199).
Giovanni è lampada che rinvia alla luce, il Cristo, battezza con acqua, ma annuncia il più forte che battezzerà in Spirito santo e fuoco. Così commenta Cirillo di Alessandria:
Perché diceva nel fuoco? A che cosa si riferiva? Alle lingue di fuoco di cui lo Spirito santo avrebbe preso le forme della sua della sua discesa, che il Signore previde con gioia dicendo: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso! (Lc 12,49). (Le catechesi 17,8).
sorella Lisa
I passi della liturgia bizantina sono tratti da Anthologhion di tutto l’anno I-IV, a cura di M. B. Artioli, Lipa, Roma 1999-2000; lo indichiamo con una A seguita dal numero del volume e della pagina.
Fonte:https://monasterodibose.it/
