III Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/01/2022)
“Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Ogni sabato gli ebrei si riunivano per ascoltare la parola di Dio. Non è più Esdra che la proclama e la interpreta ma un altro, uno che gli abitanti di Nazareth conoscono bene, uno che ora li stupisce e li spiazza.
E dice: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Qui c’è tutto Gesù, una forza tranquilla e irremovibile. La parola di Dio è lui. Dio parla ancora al suo popolo e questa Parola, d’ora innanzi, è Gesù di Nazareth.
Il Padre lo ha consacrato e inviato ad annunciare il vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio. Gesù è la Parola che si compie in riferimento alla miseria umana. Una Parola che troverà compimento nella sua Pasqua di morte e resurrezione, quando Gesù potrà dire “Tutto è compiuto”.
E’ Gesù la liberazione del povero, di ogni povero, di quel povero che siamo tutti noi davanti a lui. Gesù è il compimento di una salvezza non generica ma individuale e che si realizza se lo ascoltiamo. Gesù ci invita ad ascoltarlo. E dopo aver letto Gesù chiude il libro.
L’Antico testamento può essere chiuso adesso definitivamente. D’ora in poi Gesù è presente, è lui l’ultima, decisiva e integrale parola del Padre. Se oggi leggiamo ancora le parole dell’Antico Testamento nelle nostre liturgie è perché ora sono parole vagliate dal cuore di Gesù, dalla sua bocca, dalla sua vita e dalla sua morte. Ormai non parlano che di lui.
Dio, in Gesù, ci ha detto tutto, tutto il suo amore e tutta la sua fedeltà. E tutte le altre parole, quelle delle Scritture ma anche le nostre, non hanno valore e significato se non in rapporto a Gesù. Gesù è tutto e basta a tutto.
Noi siamo fortunati perché ormai dobbiamo tenere, senza sosta, i nostri occhi fissi su di lui e ascoltare la sua parola perché ora è chiaro per tutti che cosa è il regno di Dio. Il regno di Dio è vita, gioia, libertà, luce e fa della storia una terra senza più disperati.
Gesù sta dalla parte degli ultimi. Gesù non è venuto per riportare i lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, a uomini e donne senza speranza, per aprirli a tutte le loro immense potenzialità di vita, di lavoro, di creatività, di relazione, di intelligenza e di amore.
La buona notizia è che Dio mette l’uomo al centro e dimentica se stesso per l’uomo. Il primo sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato ma sempre sulla povertà dell’uomo. Il Vangelo ci sorprende perché parla più dei poveri che dei peccatori; più di sofferenze che di colpe. L’uomo è fragile prima che colpevole; siamo deboli ma non siamo cattivi. La parola chiave del vangelo di oggi è “liberazione”.
È bello l’invito della prima lettura dell’Antico testamento: “Andate, mangiate e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”.
E sentiamo che la vita sa di cielo, di futuro, di spazi aperti. Nella sinagoga di Nazareth è l’umanità che si rialza e riprende il suo cammino verso il cuore della vita, il cui nome è gioia, libertà, amore, …che sono tutti nomi di Dio.
