Natale del Signore – Messa della Notte (25/12/2022) Vangelo: Lc 2,1-14 

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo
primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire,
ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di
Davide chiamata Betlemme; egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire
insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mente si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni
del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per
loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto,
vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la
gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: “Non temete:
ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un
Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in
una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e
diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.
(Lc. 2, 1-14)
In questo Natale invito me e anche voi a soffermarci su tre immagini principali presenti nel
racconto del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato: immagini che contengono sorprendenti e
anche esplosivi messaggi. Queste immagini, su cui vi invito a fermarvi sono tre:
una coppia in cammino (Maria e Giuseppe sono in cammino verso Betlemme). Perché sono in
cammino? Quale messaggio contiene?
La seconda immagine è la chiamata dei pastori per primi. Chi erano i pastori? Perché sono
chiamati per primi?
La terza è il bambino: “Troverete un bambino adagiato in una mangiatoia”. Qual è il simbolo del
bambino?
Certamente non mi sarà possibile rispondere adeguatamente a queste domande né intendo farlo.
Vorrei che coltivaste dentro di voi le domande e poi cercaste lentamente e progressivamente le
risposte. In un recente dialogo con il nostro Vescovo Beniamino, egli mi diceva che nel primo
incontro con lui affermavo che “Un uomo è grande non per le risposte che dà, ma per le domande
che pone”. E allora gli ho confidato un’altra espressione: “Sostare nelle domande”. Ciascuna
persona cresce se sa indugiare nelle domande, soffrirle e poi arrivare alle risposte.
Ma veniamo alle tre immagini:
 C’è una coppia in cammino. Perché è in cammino? Per rispondere all’obbligo di Cesare
Augusto di andarsi a censire. L’imperatore voleva conoscere il numero degli appartenenti al
suo impero e soprattutto voleva che tutti pagassero le tasse. Era una forma di
sottomissione degli abitanti al potere di Roma e dell’imperatore.
Ma l’evangelista Luca vuole sottolineare il valore simbolico del camminare, vuol dirci che il
credente è un interminabile camminatore. Uno dei verbi principali nei documenti del
Concilio Vat. II è “camminare”. Vi si dice che la chiesa è un popolo in cammino, un popolo
pellegrinante, non tanto pellegrinante verso l’al di là, ma verso la verità. Confesso che la
mia formazione teologica era preconciliare e quando giovanissimo prete ho letto i
documenti del Concilio, una delle emozioni più suggestive e folgoranti è stato proprio il
verbo camminare e appunto il camminare verso la verità. Avvertivo sorprendentemente
che la chiesa non aveva tutta la verità. Anche la chiesa doveva mettersi in cammino alla sua
scoperta. Pure la chiesa aveva dei dubbi, era inquietata da domande che provenivano dal
mondo da cui era sollecitata a cercare nuove risposte.

Allora questo verbo “camminare” mi rievocava Abramo a cui il Signore Dio aveva detto:
“Parti dalla tua terra e va verso una terra che ti mostrerò”. Anche Abramo non aveva tutta
la verità su Dio, anzi doveva lasciare le sue idee su di Lui e cercarne altre.
Uno che vuol essere credente deve essere un instancabile viandante.
Invece è sempre insidioso il rischio del fondamentalismo, cioè c’è la voglia di avere idee
precise, fisse, definitive, avere dei paletti ben chiari in cui fermarsi e riposare. Camminare,
cercare, riflettere, soffrire i dubbi è difficile per tutti, ma è il modo di essere uomini e
credenti. C’è un bellissimo libretto di Salvatore Natoli che si dichiara non credente, ma
appassionato di Gesù, dal titolo: “Gesù il grande camminatore”: era camminatore non
tanto perché percorreva villaggi e città, ma perché era attratto e quasi tormentato dal
desiderio di conoscere i pensieri del Padre, il suo progetto, la sua volontà. Gesù non era
“telecomandato” doveva scoprire ciò che il Padre pensava e voleva con la fatica di tutti gli
uomini. Soprattutto in questo senso era un grande “camminatore”. Papa Francesco a
questo riguardo ha un’espressione strabiliante: “Ogni pensiero e ogni affermazione sono
sempre incompleti”. Ogni pensiero e ogni affermazione anche se fatta dal Papa o dal
magistero non è mai completa, è sempre bisognosa di completarsi, di crescere.
 La seconda immagine riguarda i pastori. Sono i primi chiamati. Nel passato si è molto
accentuato il fatto della situazione di povertà dei pastori. E quindi i primi chiamati
sarebbero i poveri. Questo è un significato certamente valido: Dio chiama per primi i
poveri, predilige i poveri. Ma qui vorrei sottolineare ed evidenziare che i pastori sono
chiamati perché peccatori. I pastori all’epoca di Gesù non sono le figurine tanto belline dei
presepi, tanto carine con i loro agnellini. I pastori erano i primi nell’elenco dei peccatori
nella religione giudaica. Erano considerati dei ladri, dei criminali, che si rubavano il
bestiame tra di loro, erano persone abbruttite anche perché non frequentavano il tempio,
la sinagoga, non praticavano la religione. Erano scomunicati dalla religione, perché
esercitavano un lavoro proibito dalla legge. I pastori erano l’immagine dei peccatori per i
quali non c’è speranza. E il Messia era visto e invocato come colui che veniva a eliminare i
peccatori e i primi ad essere eliminati erano proprio i pastori. E quando essi sentono dagli
angeli che è nato il Messia, il salvatore, dicono: “È la fine”! Invece dice il testo di Luca: “La
gloria di Dio li avvolse di luce”. I pastori non solo non vengono distrutti, ma vengono
abbracciati dall’amore di Dio. È una novità sconvolgente e clamorosa. Dio non li castiga anzi
li avvolge col suo amore. Nella religione ci viene presentato un Dio che castiga i cattivi e
premia i buoni, qui invece Dio ama tutti e per primi i peccatori. Matteo dirà che Dio è
“come il sole che sorge sui cattivi e sui buoni, è come la pioggia che bagna i giusti e gli
ingiusti” (Mt 5,45). Dio ama tutti. Dio è solo amore. È il suo amore che purifica e risana. C’è
un passaggio dalla religione alla fede: nella religione l’uomo deve meritare l’amore di Dio,
nella fede lo deve semplicemente accogliere.
Qui nasce il messaggio: amare gli altri anche se peccatori ma, pure sapere amare noi stessi
nelle nostre debolezze e fragilità. Se ci amiamo come siamo, saremo più misericordiosi e
compassionevoli e anche più aperti alla speranza.
 La terza immagine è il “bambino”: “Troverete un bambino avvolto in fasce”. Vi vorrei
sollecitare a riscoprire il valore del bambino e a guardarlo come il nostro maestro, da cui
imparare a vivere. Scriveva con grande lucidità Ernesto Balducci, uno dei profeti del ‘900:
“L’uomo, ciascun uomo è insieme senex et puer, è insieme vecchio e fanciullo. Il vecchio
che è in noi è l’uomo dell’ordine, l’uomo della disciplina, ciò che è incerto lo disturba, ama
la conservazione e la ripetizione. Innalza muri e non apprezza il pluralismo delle idee.
Invece il bambino che è in noi ha l’estro creativo, vuol rinnovare, ricominciare. Ha il gusto
del diverso, ama le contraddizioni, abbatte i muri e i confini”. Egli sosteneva che nel mondo

occidentale ed europeo ha prevalso il senex, il vecchio, cioè sono prevalse la
conservazione, la paura, la ripetizione ed è mancata la novità, la creatività, la fantasia. Non
abbiamo dato spazio al bambino che è in noi. E oggi il mondo soffre per mancanza di
infanzia (Bernanos). Il mondo ha bisogno di poeti, di profeti, di bambini.
Io ricordo un’espressione dello scrittore Mency: “Nessun uomo è grande se non possiede
l’anima del bambino”.
E scriveva Giovanni Guareschi: “Perché non porti a passeggio il bambino che è in te?”.
Dovremmo recuperare l’anima e la fantasia del bambino.
Due piccoli impegni.

  • Ascoltare le domande e i dubbi per crescere.
  • Imparare dal bambino ad abbattere i muri.

Battista Borsato