MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO Dal Vangelo secondo Luca 2, 16-21 

In quel tempo appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro:
“Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”.
Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia. E dopo
averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle
cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I
pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato
detto loro.
(Lc. 2, 15-20)
In questa domenica la Chiesa celebra tre eventi: Maria madre di Dio (è fondamentalmente una festa
mariana); l’ottava di Natale (risuona ancora il canto degli angeli che annunziano la nascita del
Messia salvatore); la giornata della pace, proposta già nel 1968 a tutta la Chiesa dal Papa Paolo VI,
perché il popolo cristiano ponesse come obiettivo centrale della preghiera e dell’azione, la pace.
Io vorrei in questa solennità suggerire tre messaggi: il primo lo prendo dal Vangelo che abbiamo
ascoltato, il secondo riguarda il come vivere il nuovo anno; il terzo si riferisce alla pace. Quest’anno
Papa Francesco ha disegnato una angolatura particolare per costruire la pace: “Non violenza, stile di
una politica di pace”.
“I pastori andarono, senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino….”
Dice il testo di Luca che le persone si stupirono, compresi Maria e Giuseppe. Perché si
stupirono? Perché c’è qualcosa che non quadra. I pastori non sono le figurine tanto belline e
amorevoli dei presepi, erano invece peccatori, anzi erano i primi della lista che sarebbero
stati eliminati all’arrivo del Messia, erano scomunicati dalla religione giudaica perché
violenti e perché esercitavano un mestiere proibito in quanto non potevano frequentare il
tempio e la sinagoga. Erano considerati persone abbruttite da evitare per non inquinarsi. Si
attendeva (anche Maria) un messia giustiziere che avrebbe fatto piazza pulita dei peccatori e
i primi coinvolti erano i pastori. Invece ecco lo stupore: questi peccatori per eccellenza si
presentano e dicono: “Siamo stati avvolti dalla gloria del Signore”, cioè dall’amore di Dio.
Ma com’è possibile? Non c’è più religione! Così avranno pensato anche Maria e Giuseppe.
Qui si presenta un Dio differente da quello che avevano imparato nella loro “catechesi”. Qui
appare qualcosa di nuovo, di inaudito. Dio che ama i peccatori e che li chiama per primi, è
un rovesciamento del loro credere. Sono spiazzati. Ma qui risalta la grandezza di Maria:
Maria, dice il Vangelo, non capisce ma riflette, si mette a pensare, a meditare nel suo cuore.
Inizia il suo cammino di conversione. Anche lei dovrà, come Abramo, lasciare la sua terra,
le sue idee, ciò che pensava, per camminare verso un’altra terra, verso un altro modo di
pensare Dio. La grandezza di Maria non sta nell’aver dato alla luce Gesù, ma nell’essere
stata capace di diventare sua discepola, nel condividerne idee e progetti.
Questo spiazzamento per molte persone è avvenuto con il Concilio Vat. II che ha rovesciato
il nostro modo di pensare la Chiesa e la fede. È stato un terremoto che ha fatto rinascere la
Chiesa. “Come vivere il nuovo anno?”
Tutti speriamo che il nuovo anno sia meno turbato da violenze, da ingiustizie, però
sappiamo che queste realtà non cambiano improvvisamente, domandano la nostra presenza
di preghiera e di azione: agire sentendoci responsabili di ciò che avviene. Ma il mio invito,
quest’anno, è di vivere la realtà con resilienza. Questa parola non ancora molto conosciuta.
Noi conosciamo da sempre la parola “resistenza”: resistere di fronte alle difficoltà, agli

insuccessi, cioè non abbattersi, avere il coraggio di andare avanti. Però “resilienza”, ha
un’accentuazione diversa. Resilienti non significa refrattari, ovvero indifferenti al mondo.
Significa entrare dentro, essere partecipi, offrirsi ai problemi sociali ed economici, ma con la
capacità di non farsi spezzare o torcere o atterrare.
Resiliente è un giovane o una persona che ha la forza interiore di vivere gli eventi senza
staccarsi o rifiutarli, ma neppure senza subirli, rimanendo cioè se stessi con la propria
idealità e progetti. Avere la forza interiore per lottare contro la dittatura dell’esterno,
ignorare il numero dei “mi piace”, ma imparare a bastarsi, a tacere, a respirare al proprio
ritmo. Resilienza confina con l’autostima, cioè con quella capacità di stare in piedi anche da
se stessi, di saper vivere con gli altri e con il pluralismo di idee, ma senza perdere la propria
identità, cioè conservando se stessi. In pratica è importante non svendersi, né alle idee né ai
comportamenti degli altri e avere il coraggio di pensare altrimenti.
 “La non violenza: stile di una politica per la pace”.
Ogni anno il Papa propone uno slogan che dovrebbe servire di riflessione su come costruire
la pace, uno slogan che può essere visto come una pista, una strada nella edificazione
appunto della pace. Ricordo il primo di Paolo VI che suonava così: “Se vuoi la pace, lavora
per la giustizia” (senza giustizia non nasce la pace).
Rievoco pure uno di Giovanni Paolo II: “Se vuoi la pace, offri per primo la mano” (il
perdono e la riconciliazione sono il fondamento della pace).
Papa Francesco due anni fa ha posto come slogan: “Non più schiavi, ma fratelli” (sentirsi
fratelli, sentirsi pari in dignità è la via che conduce alla pace).
Quest’anno lo slogan è: “La non violenza: stile di una politica di pace”. Che cosa vuol dire
“non violenza”? Non significa non agire di fronte alle ingiustizie, e di fronte alle
oppressioni, ma di agire amando, agire non solo senza uccidere, ma pure senza offendere.
C’è una bellissima espressione del profeta Geremia:” Signore correggimi, ma senza ferirmi
troppo”. Le cose cambiano, le realtà si modificano non attraverso la forza e la violenza, ma
nella disponibilità di capire l’altro e di promuovere in un dialogo amoroso i diritti e la
dignità di tutte le persone.
Nella dottrina buddista si insegna che per costruire la pace prima bisogna amare la realtà,
accettare le persone come sono. Accettare vuol dire lasciarle essere, non resistervi e
nemmeno giudicarle. L’accettazione richiede la resa, non della capitolazione, ma
dell’abbraccio.
Se risponderemo con rabbia, odio, violenza peggioreremo soltanto le cose. Solamente una
risposta che scaturisce dalla comprensione e dalla compassione cambierà le cose.
È in questo modo che Gandhi ha reso l’India indipendente dall’Inghilterra, è in questo modo
che Martin Luther King è riuscito a promuovere i diritti dei Neri, è in questo modo che Gesù
ha cambiato il modo di pensare dell’uomo e ha innescato la logica della pace e della
riconciliazione, ispirando ad amare anche i nemici.
Non solo le azioni possono essere violente, ma anche le parole. E queste lacerano le
relazioni sia sociali, ma soprattutto familiari. Il presidente Mattarella ha invitato a togliere
“l’odio politico” per una convivenza più pacifica e più feconda socialmente.
Due piccoli impegni.

  • Essere disponibili a modificare il nostro modo di pensare.
  • Solo un dialogo amoroso e non violento potrà creare il cambiamento.

Battista Borsato