Battesimo del Signore (Anno A)  (08/01/2023)

Vangelo: Mt 3,13-17   🏠

Il ciclo liturgico del Natale si conclude con la festa del Battesimo di Gesù, che fu costituita come festa a sé stante solamente nel 1955 e veniva celebrata il 13 gennaio. Nel nuovo calendario liturgico, la festa è stata trasferita alla domenica dopo l’Epifania.

Tutti gli evangelisti descrivono la missione di Cristo a partire dal Battesimo e proprio con questo evento Gesù inaugura la sua vita pubblica. Il fatto che Gesù chieda di ricevere il battesimo di Giovanni “perché si compia ogni giustizia” dona a questo rito un significato completamente nuovo.

Egli risponde all’elezione del Padre e alla missione che gli ha affidato. Si prefigura pertanto il percorso terreno che lo porterà alla croce. Inizia in senso pieno per Gesù la sua storia di salvezza che vivrà in perfetta fedeltà fino al “tutto è compiuto” del Calvario.

Nel Battesimo la voce del Padre proclama Gesù Figlio prediletto e, nello stesso tempo, la presenza dello Spirito Santo si manifesta sul Servo mandato per annunziare ai poveri la buona novella della salvezza.

Lectio del brano

Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni. Letteralmente “Allora si fece vicino (paragìnetai) Gesù”. Una formula che secondo lo stile biblico dà al testo una forma rara e solenne. Lo stesso termine paragìnetai è usato al v.3,1 per Giovanni Battista, ma riferito a Gesù è più intenso e pregnante: vuole indicare l’apparizione solenne del Re messianico, il Sovrano salvatore.

È la sua parousìa (da parà – presso/vicinoed eìmì – essere/stare). Con questo termine Matteo designa la venuta ultima nella Gloria, per il giudizio finale (24,3.27.37.39); ugualmente farà Paolo (1 Tess 2,19; 2 Tess 2,9; 3,13; 4,15; 1 Cor 15,23). La venuta di Gesù è Parousìa in quanto presenza eterna che adesso si manifesta.

Se i Magi erano venuti dal Bambino e Lo avevano riconosciuto ed adorato, adesso l’Uomo Gesù compie la sua parousìa propriamente divina, venendo all’uomo Giovanni per un atto di abbassamento estremo: ricevere un lavacro che, secondo la predicazione del Battista, dimostra l’intima metànoia, la penitenza e conversione (Mt 3,13b).

Al Giordano. Matteo non specifica dove ciò è accaduto, lo fa invece Giovanni: Avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (Gv 1,28). Non si tratta della Betània di Lazzaro e delle sue sorelle Marta e Maria, ma di un sito presso la foce del fiume, sulla riva nord del Mar Morto. Il Giordano, citato 188 volte nell’Antico Testamento e 15 negli evangeli, segnava il confine fra le nazioni pagane, schiave dei loro idoli, e la terra di Israele, dove si serviva il vero Dio. Questo confine era stato varcato la prima volta dagli ebrei al termine dell’esodo dalla terra d’Egitto. La tappa decisiva, dopo la morte di Mosè, era stata guidata da Giosuè, che aveva fatto attraversare il fiume a tutto il popolo proprio nella zona di Betània; lì Israele si era lasciato alle spalle la terra della schiavitù ed era entrato nel regno della libertà.

Dopo milleduecento anni da quell’esodo, nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare (Lc3,1) presso quello stesso punto del Giordano, ecco comparire Gesù di Nazaret, che lì si fa battezzare per cominciare un nuovo esodo e guidare il popolo, preparato dal Battista, verso la vera terra promessa.

Il luogo geografico, geologicamente Betània, è il luogo abitato più basso della terra (400 m sotto il livello del mare). La scelta di Gesù di iniziare da lì la sua vita pubblica non è casuale: Egli è venuto dal cielo per condurre ogni uomo nel suo regno e per questo non può che scendere, anche materialmente, fin nel luogo più basso, per voler raggiungere anche coloro che pensano sia per loro impossibile risalire dagli abissi di peccato.

Voleva impedirglielo. Il dialogo tra Giovanni e Gesù si trova solo in Mt 3,14-15; in esso si coglie un certo imbarazzo da parte di Giovanni che, alla lettera, “gli impediva (diakôlyô)” di accostarsi a lui, dicendo: “Io ho necessità di essere battezzato da Te!”. La reazione di Giovanni esprime non soltanto stupore, ma anche una grande venerazione, che lo porta a schermirsi, sapendo di essere davanti all’Atteso dei secoli, Colui che battezzerà in Spirito Santo.

Lascia fare per ora, conviene che adempiamo tutto ciò che è giusto. All’umiltà ed all’angoscia di Giovanni Gesù risponde in modo deciso e senza esitazione “Lascia, adesso!”. Un parallelo si può vedere in Gv 13,7, quando Pietro rifiuta di lasciarsi lavare i piedi; anche lì la risposta di Gesù non prevede repliche: “Quello che faccio adesso, tu non lo capisci…”. L’opera di Dio non può essere contrastata. La risposta di Gesù al Battista è densa e misteriosa: “Così adempiamo ogni giustizia”: il noi è da riferirsi anzitutto al Padre e allo Spirito in rapporto a Lui stesso; poi a Gesù e Giovanni; ma può anche essere riferito all’unione tra il Padre e il popolo di Dio.

Questa Giustizia divina è la promessa di tutto l’Antico Testamento. È l’intervento misericordioso, spontaneo e gratuito di Dio a favore del suo popolo e di tutti gli esseri umani.

Esercitare la giustizia perfetta è dare a ciascuno quanto gli necessita, così che tutti abbiano ciò che loro spetta e a nessuno manchi più alcunché: è la carità, ed è anche la definizione del Regno.

Adesso la Giustizia va adempiuta, in modo misterioso: è l’apertura alla Croce, alla morte iniqua; quella che in altra forma proverà anche Giovanni (Mt 14,1-12). Il Battesimo ora realizza la Giustizia, perché apre prima alla Croce e poi alla Gloria.

Ed ecco i cieli aperti. Questi cieli annunciano il prodigio divino che si manifesta e sono una metafora per indicare il Padre: c’è una nuova possibilità di comunicazione tra Dio e il genere umano e viene esaudita l’antica preghiera: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi”! (Is64,7; 63,19). Affermando che all’inizio della vita pubblica di Gesù i cieli si sono aperti, Matteo vuole dare ai suoi lettori una sorprendente notizia: Dio ha esaudito la supplica del suo popolo, ha spalancato il cielo e non lo richiuderà mai più. È finita per sempre l’inimicizia fra Cielo e terra. La porta della casa del Padre rimarrà eternamente spalancata per accogliere ogni figlio che desideri entrare: nessuno sarà escluso.

Ed egli vide lo Spirito discendere come una colomba. La realtà della comunicazione riaperta tra Dio e l’umanità è ulteriormente sviluppata con la discesa dello Spirito Santo sopra Gesù. La discesa dello Spirito è presentata con l’espressione: come una colomba, da leggersi: come scende una colomba. Si può evocare qui anche il racconto della creazione, dove “lo Spirito di Dio aleggiava sulla faccia delle acque” (Gn 1,2.); poiché a causa del peccato originale lo Spirito del Signore non poteva più convivere con la carne fragile e peccaminosa che lo respingeva e il Signore lo ritirò (Gen 6,1-3), ecco ora lo Spirito che si posa e rimane su un Uomo, su tutti gli uomini, per sempre.

Questi è il Figlio mio. Sono tre le immagini della rinnovata apertura alla comunicazione: l’apertura dei cieli, la discesa dello Spirito come una colomba, la voce dal cielo e ci introducono all’identificazione del Figlio di Dio. La voce del cielo mette insieme diverse espressioni dell’Antico Testamento: “Mio figlio” (Sal 2,7 = il re davidico come figlio adottivo di Dio); il “prediletto” (Gn 22,2 = Isacco); “il mio eletto in cui mi compiaccio” (Is 42,1; 44,2).

All’inizio del suo ministero pubblico Gesù viene così identificato anche attraverso figure bibliche, che costituiscono altrettanti tipi o modelli della sua persona e della sua attività. Le parole del Padre le troviamo al Battesimo e alla Trasfigurazione.

Il diletto. In greco ho-agapètòs, dove l’articolo ha la funzione di sottolineare la straordinaria potenza e significato del titolo. Si tratta del Figlio amato più di ogni altro.

Nel quale mi sono compiaciuto. Il verbo “compiacere” deve essere letto come “essere lieto, soddisfatto”. Il Padre rivela il suo compiacimento perché già vede e conosce l’obbedienza e la missione del Figlio fino al suo compimento. Nel Battesimo di Gesù l’alleanza paterna e filiale è sigillata dallo Spirito Santo; qui l’Evangelo è pronunciato; qui l’opera del Padre è svolta per intero.

Con questa festa siamo invitati a meditare sul significato del Battesimo: quello di Gesù e quello cristiano. L’Eucaristia è l’occasione migliore per rinnovare in noi la coscienza dell’opera mirabile che il Battesimo compie in noi; e insieme è l’occasione per rinnovare il nostro impegno missionario, poiché l’epifania del Signore, la sua manifestazione al mondo, deve continuare nel tempo; altri fratelli devono incontrare Cristo e rispondere liberamente alla sua chiamata.

Come Giovanni Battista, ogni cristiano deve e può attestare al mondo: “Ho veduto, e ho dato testimonianza, che questi è l’eletto di Dio” (Gv. 1,34). 

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org/