VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/02/2023)
Così fu detto agli antichi; ma io vi dico
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 17
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti;
non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. 18In verità io vi dico: finché non siano passati il
cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. 19 Chi
dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà
considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel
regno dei cieli. 20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non
entrerete nel regno dei cieli.
21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio.
22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al
fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della
Geènna. 23Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro
di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il
tuo dono. 25Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario
non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non
uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
27Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per
desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una
delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30E se la tua mano destra ti è
motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto
che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
31Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la
propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata,
commette adulterio.
33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi
giuramenti”. 34 Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35né per la terra,
perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36Non giurare
neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il
vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno.
Collocazione del brano
Continua la nostra lettura del discorso della montagna. Dopo il brano dedicato alla nuova legge, quella delle
Beatitudini, e alle caratteristiche del discepolo (sale della terra e luce del mondo), Gesù dichiara la sua
posizione nei confronti di quello che era l’elemento fondamentale della religione ebraica: la Legge di Mosè.
Nel lungo brano di oggi Gesù afferma che con la sua predicazione la legge non viene abolita, ma portata a
compimento. In filigrana possiamo leggere i problemi che la comunità di Matteo doveva affrontare nel suo
passaggio dalle usanze ebraiche alla nuova religione portata da Gesù. Anche Paolo dovette pronunciarsi su
questo argomento e fu molto duro, accusando la Legge di essere addirittura “complice del peccato”.
Matteo assume una posizione più conciliante, non distrugge il passato, ma indica la “incompletezza” di una
legge e invita a cogliere i valori che in essa erano racchiusi.
Lectio
17Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare
pieno compimento.
Gesù afferma di voler portare a compimento la Legge e i Profeti. Legge e Profeti erano le prime due grandi
parti della Bibbia ebraica: i precetti del Signore e le parole dei suoi servi (i profeti appunto) che ricordavano
al popolo di Israele tali precetti nei momenti in cui vi erano delle difficoltà (invasioni, deportazione…). Si
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tratta dunque di tutto l’Antico Testamento. Queste parole iniziali attiravano l’attenzione di tutti coloro che
erano cresciuti studiando e osservando tutto ciò che era scritto nella Bibbia e che poi avevano aderito al
Vangelo.
E’ importante ricordare che la Legge (la Torah consegnata sul Sinai a Mosé) è prima di tutto un dono che
Dio ha fatto al suo popolo, con lo scopo di far conoscere la sua volontà salvifica. Un esempio di questo
pensiero lo si può trovare nel lungo salmo 118 (119) in cui si cantano le lodi della Legge. In ebraico Torah
deriva dal verbo istruire con un particolare riferimento all’istruzione trasmessa dal Pentateuco. La Torah è
un insieme di leggi, ma anche una maestra di vita.
Gesù dà pieno compimento alla legge poiché la osserva. Inoltre egli è il Messia predetto dalla Scritture,
quindi le porta a compimento. Infine la porta a compimento in quanto nel comandamento dell’amore
indica il perno attorno a cui ruota tutta la Rivelazione.
18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino
della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Ricorrendo a un iperbole di stile orientale Gesù ribadisce il concetto. Fino alla fine del mondo, quindi in
modo del tutto assoluto, la Legge manterrà la sua validità. Questo poteva mettere in pace quanti erano
rimasti fedeli alla Legge e che con il cristianesimo si sentivano certo defraudati di un valore importante.
L’iperbole è ancora più forte perché della Legge vuole mantenere i segni più piccoli. Uno è lo iota,
traduzione della parola iod la lettera dell’alfabeto ebraico più piccola, in quanto somiglia al nostro
apostrofo. Il trattino (keraia, in greco) indica un segno grafico piccolissimo.
Senza che tutto sia avvenuto: la Torah, l’Antico Testamento mantengono la loro forza riguardo a quanto
hanno insegnato e predetto. La presenza di Gesù li porta a compimento, sia per quanto riguarda il giudizio
alla fine dei tempi, sia rispetto alla morte e risurrezione di Gesù.
19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà
considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel
regno dei cieli.
Gesù indugia ancora nel rassicurare il suo pubblico israelita affermando la validità della legge. Anzi si mette
in atteggiamento polemico nei confronti dei rabbini del suo tempo che osavano fare delle gerarchie
all’interno della Legge distinguendo tra precetti più o meno importanti. Già qui troviamo affermato il senso
generale della Legge, va osservata per il suo valore di unione a quel Dio che l’ha donata, non in forza del
singolo precetto. Così l’osservanza o meno della legge si traduce in termini di importanza all’interno del
regno dei cieli, cioè nella maggiore o minore intensità di relazione con Dio.
20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel
regno dei cieli.
La Legge da sempre è il termometro della giustizia di una persona, del suo essere giusto davanti a Dio. Gli
scribi e i farisei che tendevano alla giustizia, ma che alla fin fine si accontentavano di assumere una bella
facciata, non sono i modelli da seguire. La loro giustizia non serve per entrare nel regno dei cieli, cioè nella
relazione di amicizia più vera nei confronti di Dio.
Termina qui il lungo preambolo reso necessario poiché l’argomento era estremamente scottante. Quattro
le affermazioni preliminari: 1. Gesù è venuto a dare compimento non ad abolire la Legge. 2. La legge rimane
del tutto valida fino alla fine del mondo perché contiene delle promesse che si devono realizzare. 3. Essa
dunque va osservata in modo integrale, senza cercare scappatoie. 4. La Legge permette di realizzare una
vera giustizia, non quella ipocrita dei farisei.
21 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio.
Finalmente si entra nel vivo del discorso. Gesù afferma in modo esplicito in cosa consista il compimento
della Legge, attraverso sei antitesi (quattro le leggiamo nel brano di oggi e due le leggeremo domenica
prossima). Nella loro lettura sarà chiaro in quali termini la Legge si dichiara compiuta.
La prima antitesi riguarda l’omicidio, cioè la soppressione ingiusta della vita di qualcuno (l’omicidio viene
tuttora ammesso in caso di legittima difesa). Il divieto di uccidere era presente nel decalogo (Es 20,13; Dt
5,17), mentre il rinvio a giudizio si trova in altri passi del Pentateuco.
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22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al
fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco
della Geènna.
Gesù compie il comandamento risalendo alla radice dell’omicidio, cioè all’ira e ad ogni atteggiamento che
può condurre a un gesto estremo. Non basta dunque non uccidere, dobbiamo coltivare in noi atteggiamenti
di benevolenza e di accoglienza nei confronti degli altri, nel rispetto della loro vita. Proseguendo Gesù
equipara all’omicidio anche altre mancanze di rispetto: la maldicenza e l’offesa. Sono tutti atteggiamenti
che sminuiscono la dignità di una persona, dignità che invece ha anche solo per il fatto di essere figlio di
Dio, perciò nostro fratello. Le sanzioni previste per questa infrazione ricorrono ai tribunali umani: il giudizio,
cioè il tribunale, il Sinedrio, un tribunale religioso e infine la Geena, cioè l’inceneritore pubblico di
Gerusalemme, simbolo del giudizio finale. L’accoglienza del fratello e il rispetto della sua vita sono dunque
molto importanti se la loro mancanza produce pene così forti.
23 Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
Nel compimento del “non uccidere” Gesù approfondisce i valori che si devono seguire nelle rellazioni tra i
fratelli. Fratelli erano considerati coloro che appartenevano al popolo di Israele, ma anche alla nuova
comunità dei cristiani. Il vangelo ci ha insegnato a considerare fratelli tutti coloro che appartengono alla
natura umana. Con questa affermazione Gesù intende sottolineare il fatto che non si può essere in pace
con Dio se non si è prima in pace con i fratelli. Interessante notare che è il fratello che ha qualcosa contro di
te, quindi sei tu che devi averlo offeso e quindi gli devi chiedere il perdono.
24 lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il
tuo dono.
L’offerta a Dio deve aspettare di essere compiuta da un animo pienamente rappacificato. C’è una
comunione che si esprime soprattutto nei rapporti con le altre persone e poi viene portata a compimento
davanti a Dio. Qui Gesù era certo polemico contro gli atteggiamenti farisaici di chi calpestava il proprio
prossimo ma era ligio ai doveri del culto e della preghiera al tempio.
25Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti
consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26 In verità io ti dico: non
uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Troviamo qui una norma prudenziale. Gesù suggerisce di risolvere i problemi a tu per tu con il proprio
avversario, cercando mediazioni e accordi personali. Forse vi erano nella comunità di Matteo delle vertenze
giudiziarie tra i cristiani e queste davano motivo di scandalo. Il suggerimento è quello di evitare il più
possibile il ricorso ai tribunali e ai giudici che realizzano una giustizia alla fin fine disumana.
27 Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per
desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
La seconda antitesi ripropone lo stesso schema riguardante l’omicidio. Anche l’adulterio era previsto dal
Decalogo (Es 20,14; Dt 5,18). Per adulterio si considerava quello tra una donna sposata o promessa sposa e
un uomo che non fosse suo marito. L’offesa era fatta al marito legittimo e doveva essere punita con la
morte di entrambi i colpevoli (Dt 22,22-24). Anche qui Gesù va alla radice del peccato in questione: già il
desiderio di una donna è un adulterio, rompe un relazione di armonia tra persona e persona, tra la persona
e il proprio Dio. Del resto questo divieto del desiderio era già previsto dal nono comandamento.
29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una
delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna.
Collegandosi con la citazione dell’occhio del versetto precedente Gesù continua a parlare in senso ampio di
azioni che non vanno fatte. La parte destra del corpo umano solitamente è considerata la più nobile
soprattutto perché quella più utilizzata (i sinistrorsi, cioè i “mancini” dovrebbero essere attorno al 7-10%
della popolazione totale). Ciò riguarda soprattutto la mano, però si riflette anche sull’occhio (per esempio
per prendere la mira). L’occhio nell’anatomia spirituale ebraica era appunto la sede dei desideri e delle
passioni. Gesù ci invita decisamente a coltivare i nostri desideri e a indirizzarli al bene. Come abbiamo
ricordato più sopra, la Geenna era il fuoco della pena eterna.
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30 E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere
una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Lo stesso discorso del versetto precedente vale per la mano, simbolo per eccellenza dell’azione.
31 Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”.
La terza antitesi riguarda ancora il matrimonio. La legge ebraica permetteva il divorzio, o meglio il marito
poteva ripudiare la moglie qualora avesse trovato in lei qualcosa di vergognoso (Dt 24,1). La legge non
specificava meglio, per cui le scuole rabbiniche si schieravano in giudizi più o meno restrittivi riguardo a tale
vergogna.
32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone
all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Anche per questa norma Gesù risale al significato più profondo del matrimonio, simbolo del legame di
amore che c’è tra Dio e le sue creature. L’abbandonare la propria moglie la pone in una situazione di
necessità e di adulterio, peccato ancora peggiore di quello che può aver causato il ripudio.
Gesù ammette il ripudio solo in caso di unione illegittima. Il termine greco originale (porneia) viene
riportato solo da Matteo e la sua interpretazione è ancora controversa. Si tratta forse di un’unione illecita
(come nel caso di consanguinei, cfr. Lv 18,6-18 ; Mt 19,3-9) che altre culture invece ammettevano.
33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi
giuramenti”. 34Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35 né per la terra,
perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re.
La quarta antitesi riprende il testo di Lv 19,12 che vietava esplicitamente di giurare il falso utilizzando il
nome di Dio. Qui l’uso improprio del nome di Dio nei giuramenti si deduce dal seguito del discorso. Gesù
chiede ai suoi discepoli di non giurare per niente perché una persona che è retta e onesta non deve
prendere a testimone nessuno per avvalorare le proprie affermazioni. E’ la sua rettitudine che vale come
garanzia di ciò che dice.
Vi era al tempo di Gesù l’abitudine di giurare su Dio, non nominandolo direttamente, bensì usando dei
termini sostitutivi (il cielo, la terra, Gerusalemme…). Gesù ricorda che questi termini sotitutivi avevano
comunque la loro dignità e che quindi non era corretto farvi ricorso.
36 Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello.
Anche l’uso di giurare per la propria testa viene riprovato da Gesù. Il proprio corpo è dono di Dio e non ne
possiamo disporre a nostro piacimento! Divertente l’affermazione di Gesù sul colore dei capelli. L’uso di
tingere i capelli era diffusissimo sin dall’antichità, ma non poteva mai essere definitivo, quindi risultava
essere una prova ulteriore dell’impotenza umana nel cambiare la natura delle cose.
37 Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno.
Gesù richiama a non sprecare parole inutilmente, ma a parlare e ad agire con rettitudine. Il maligno di cui si
parla nel v. 37 può essere riferito sia all’uomo che compie il male sia a Satana, che si annida nei falsi
giuramenti e nei discorsi troppo lunghi e complicati.
Meditatio
- Ti sembra più facile attenerti a una norma o comprendere e vivere più profondamente il valore che
questa norma cerca di salvaguardare? - Ti è mai capitato di uccidere una persona con la calunnia o l’insulto?
- Quando il tuo occhio o la tua mano ti sono stati motivo di scandalo?
- Come è il tuo modo di parlare? Ricorri anche tu a iperboli o a qualcosa che assomiglia ai
giuramenti?
Preghiamo
(Colletta della VI domenica del Tempo Ordinario – Anno A)
O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero
custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore …
Fonte:https://www.matrisdomini.org/