VI Domenica del Tempo Ordinario A
Mt 5,17-37; Sir 15,15-20; Sal 118,1-2.4-5.17-18.33.34; 1 Cor 2,6-10
Capita ancora di sentire: “Dopo tutto non ho ucciso nessuno.” Come
fosse una dichiarazione di onestà o per sentirsi a posto. Poi leggiamo
il vangelo di Matteo e le nostre sicurezze non ci sembrano più così
assolute e così spavalde. Perché Gesù non abolisce la legge antica e
invita a non nasconderci. Perché nascondersi è uno dei mali della
coscienza. Salvi la faccia ma dov’è il tuo cuore?
L’uccisione non è che l’atto estremo che nasce da una devastazione del pensiero e dei sentimenti. Gesù
ci dice che chiunque “si adira” con il proprio fratello, chiunque gli dice “stupido”, chiunque gli dice
“pazzo” lo ha già ucciso “dentro” e ferito nella sua dignità. Quattro volte nel vangelo di oggi fa capolino
questa parola “fratello” legato a “tuo”, è “tuo fratello”!
E Gesù porta all’estremo il discorso e parla del culto e pensa alle nostre eucaristie : “Va’ prima a
riconciliarti con il tuo fratello”. C’è un “prima” che ci riguarda. Ed è la riconciliazione o, se volete, il
tentativo di riconciliazione. La riconciliazione inizia dallo sguardo.
È lo sguardo che vede un “fratello”, e non resto tranquillo per il fatto che non ho ucciso, non mi fa
sentire a posto solo perché non ho ucciso. Ma sono stato fratello? O è avvenuto un deragliamento?
E’ il deragliamento del racconto della storia di Caino e Abele. Il racconto della Genesi per sette volte lega
ad Abele il titolo di fratello. Quando il fratello è violato è come se si alzasse un grido dalla terra. Dice Dio
a Caino: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!”. Per far gridare la terra
basta un solo uomo ucciso, basta il sangue di una sola creatura, basta un soffio di vita soffocato.
Voi sapete che il nome Abele ha radice nella parola “soffio”: ebbene basta un soffio di vita violato
perché quel sangue diventi un grido. Quante grida anche oggi attraversano lo spazio tra terra e cielo. La
voce del sangue grida fino al cuore di Dio. Le guerre, i naufragi in mare, i femminicidi, le violenze in
famiglia, della mafia, la corruzione, gridano oggi a Dio dalla nostra terra.
E noi forse sentiamo questo grido ma non ci fermiamo e troppo spesso avviene che ce ne
dimentichiamo! Gesù ci invita a vigilare su quanto accade fuori e dentro di noi. Dio mette in guardia
Caino su ciò che sta accadendo dentro di lui. E che cosa accade dentro di me?
I tuoi occhi parlano, tu sei un libro aperto. L’altro è nei tuoi occhi. E’ bello, dice Dio, quando tu puoi
tenere alto il tuo volto e non lo nascondi. Puoi guardare dritto negli occhi, sei nella trasparenza più
assoluta, non c’è ambiguità, non ci sono strategie di interesse, e per questo sei vero.
E’ vigilia di devastazioni invece quando l’altro non lo guardi in faccia, quando eviti lo sguardo dell’altro,
quando l’altro scompare dal tuo orizzonte, e tu sei fisso con lo sguardo a terra. Non vai al di là del tuo
interesse, del tuo successo, del tuo potere. L’altro è fuori dal tuo sguardo. L’altro è cancellato dai nostri
occhi.
Al termine del racconto della Genesi, Dio porta il riconoscimento all’estremo: “Il Signore impose a Caino
un segno perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse”. Dio stabilisce l’inviolabilità della vita.
L’inviolabilità di ogni vita e di ogni volto.
Certamente avrete sentito cantare questi versi da Marco Mengoni. Oggi la gente ti giudica per quale
immagine hai, vede soltanto le maschere non sa nemmeno chi sei. Devi mostrarti invincibile,
collezionare trofei, ma quando piangi in silenzio scopri davvero chi sei. Credo negli esseri umani che
hanno coraggio, coraggio di essere umani. Prendi la mano e rialzati, tu puoi fidarti di me, io sono uno
qualunque, uno dei tanti uguale a te. Ma che splendore che sei nella tua fragilità e ti ricordo che non
siamo soli a combattere questa realtà. Credo negli esseri umani che hanno coraggio, coraggio di essere
umani.