Don Paolo Zamengo “Ama e amati”

VII Domenica del Tempo Ordinario A

Mt 5,38-48; Lv 19,1-2.17-18; Sal 102; 1 Cor 3,16-23

Il Vangelo non è un prontuario di norme corretto e aggiornato. Gesù vuole
far parlare in ogni situazione il cuore della legge e andare molto al di là.
Superare la vendetta, l’occhio per occhio e il dente per dente.
Cosa ci dice il cuore della Parola di Dio? Quando capitò a Gesù di essere
schiaffeggiato da una guardia durante il processo che lo condannava, Gesù non porse l’altra guancia ma
disse: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male, ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”
(Gv.18,23).
In ogni circostanza guardiamo la vita dall’orizzonte di Dio e nei testi che abbiamo ascoltato ci sono due i
messaggi che indicano l’orizzonte di Dio, quasi un invito a non accorciare, a non appiattire l’orizzonte delle
nostre scelte. “Siate santi perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”, che nel Vangelo di Matteo si
trasforma: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
Io non so che cosa evocano nella nostra immaginazione parole come queste: “santità” e “perfezione”.
Quando sentiamo dire: “Siate santi”, a cosa pensiamo? E quando sentiamo: “Siate perfetti”, cosa
immaginiamo? “Ci aspettiamo qualche nuvola mistica? E invece la prima lettura esaltata la concretezza!
“Non coverai nel tuo cuore odio contro tuo fratello… non ti vendicherai… non serberai rancore… amerai il
prossimo tuo come te stesso”.
È la concretezza della santità. E c’è un altro invito, quello della perfezione, lontana dagli astratti e fumosi
ideali. Perfetti come il Padre! Il Padre è il miracolo della misericordia. Tant’è che l’evangelista Luca
sostituisce “perfetto con misericordioso”. “Siate misericordiosi, com’è misericordioso il vostro Padre che è
nei cieli”. La perfezione è la misericordia. La misericordia è la santità assoluta, quella di Dio Padre.
Perché possiamo avere un’idea di perfezione che ci fa odiare la vita, vita sognata come pretesa: pretesa
che tutto sia al massimo: noi, gli altri, il mondo. Desideriamo vivere in un mondo perfetto, una comunità
perfetta, una chiesa perfetta. E questa pretesa di perfezione ci spinge a negare le nostre ferite e a
disprezzare quelle degli altri, a condannare una comunità che non corrisponde al nostro ideale.
Ma è normale non essere perfetti. Non dobbiamo piangere sulle nostre imperfezioni perché non veniamo
giudicati per i nostri limiti. Il nostro Dio sa che siamo zoppi e ciechi. Ma possiamo aiutarci gli uni gli altri a
crescere nella fiducia, nella compassione, nell’umiltà e nella reciproca misericordia.
“Sarete perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Con quel “come il Padre” Gesù ci libera da ogni
possibile angoscia e frustrazione perché chi potrà mai essere come Dio? Ma è la direzione che conta. Non
scoraggiarti, nessuno sarà mai come Dio, ma tu va e cammina in quella direzione.
Quale? Non misurarti con il prossimo, vai al di là della falsa giustizia: a tanto, tanto; a offesa, offesa; a
favore, favore. Vai al di là come al di là va Dio che non risponde al male con il male. Ma risponde al male
del malvagio mandandogli acqua e sole per il suo campo. Non è vero forse che il criterio che spesso ci
guida è quello dei confini? Quante volte tracciamo un confine e irrighiamo un campo e non un altro. Il
nostro irrigare non assomiglia a quello della pioggia del cielo che cade libera per tutti. Forse superiamo
qualche confine purché non sia quello di chi ci ha offeso. Ebbene, ci dice Gesù, varcate ogni confine.
“Io non ho nemici”. Ma i nemici da amare possiamo essere noi stessi, perché possiamo vivere in conflitto
con noi stessi, perché non ci va bene come siamo. Il nemico con cui riconciliarti allora sei tu e la tua vita,
perché non ti va bene e ti senti perseguitato e infelice.
Il nemico con cui riconciliarti è allora la tua vita. Ama e amati, ci dice oggi Gesù.