Lucia Piemontese Commento III Domenica di Quaresima (Anno A)

III Domenica di Quaresima (Anno A)  (12/03/2023)

Vangelo: Gv 4,5-42 🏠

Nella terza domenica di Quaresima il lezionario ci offre il testo di Giovanni 4,5-42, noto come il Vangelo della samaritana. Un testo ricchissimo di risonanze bibliche, che fin dall’antichità fa parte del percorso del catecumenato per l’iniziazione cristiana e che dà l’avvio all’itinerario battesimale proprio delle letture proposte per la terza, quarta e quinta domenica di Quaresima nell’anno A.

Gesù, andando in Galilea, passa per la Samaria e arriva ad un terreno che, secondo la tradizione biblica, Giacobbe aveva dato a Giuseppe. Lì c’è un pozzo e Gesù, stanco, siede a riposare. A quel tempo giudei e samaritani si odiavano e detestavano per motivi storici e religiosi. Gesù quindi varca il confine, entra nel territorio “avverso”, va dal popolo samaritano considerato meticcio e scismatico.

Avviene l’incontro con una donna samaritana che giunge ad attingere acqua, incontro caratterizzato da un dialogo che diventa sempre più profondo. Gesù mette a tema la sete e pian piano si rivela come colui che può estinguerla per sempre; riesce ad accendere nella donna il desiderio di un’acqua viva che lui può dare e lei si apre a nuove prospettive di vita. In modo rispettoso le parla della sua infelice esperienza matrimoniale e allora la donna, vedendosi conosciuta, lo riconosce a sua volta come un profeta, progredendo nella conoscenza di Lui che all’inizio appare solo un giudeo assetato e alla fine riceverà il titolo di salvatore del mondo. Il dialogo continua e cresce fino a parlare di fede, di Dio, del dove e come adorarlo. Gesù annuncia alla Samaritana la fine dei vecchi templi giudeo e samaritano (perché con Lui viene l’ora di un nuovo tempio, quello del suo corpo, cf. Gv 2,21) e un nuovo modo di adorare Dio in Spirito e verità, cioè nello Spirito che insegna la verità di Dio come Padre e verità nostra come figli, secondo la rivelazione portata da Gesù Cristo. Il Padre cerca figli che lo adorino con vero amore filiale, come il Figlio. Dal canto suo la donna, per la sua fede, conosce l’attesa del Messia: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando verrà, annuncerà ogni cosa». A questo punto Gesù può dirle: «Sono io, che parlo con te». È il momento sublime nel quale la donna riceve la piena rivelazione di Gesù quale Messia, nella sua divinità (“Io Sono” è il nome con il quale Dio si rivela a Mosè). L’esito di questo intenso incontro è che la Samaritana lascia lì la sua brocca perché non ne ha più bisogno e va dai suoi concittadini a parlare di Gesù, diventando missionaria. Molti credono per le sue parole e molti di più quando ascoltano Gesù stesso. Il testo termina con una professione di fede da parte dei samaritani: «noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Questo testo giovanneo è costruito su un intreccio di dialoghi: Gesù e la samaritana, la samaritana e i suoi concittadini, Gesù e i samaritani, Gesù e i suoi discepoli. Quest’ultimo può apparire estraneo o secondario, ma non lo è. Anche in questo caso la conversazione inizia su qualcosa di materiale, ma vitale, come il cibo e si sviluppa in modo simile al precedente dialogo sull’acqua. Gesù innalza pian piano il senso fino a dichiarare qual è il suo vero nutrimento: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera». E, sotto le immagini della semina e della mietitura, parla ai discepoli della sua missione che coinvolgerà anche loro, guardando forse i samaritani che vengono da lui e nei quali vede un primo frutto.

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Dammi da bere

Gesù entra in relazione con la Samaritana sul terreno di un bisogno fondamentale, la cui non soddisfazione mette a rischio la vita: la sete. Un tema di grande intensità. L’acqua è l’elemento base della vita, che nasce dall’acqua e nell’acqua. Senza, tutto sarebbe sabbia e sassi, aridità. Lo stesso racconto della Creazione pone come ambiente iniziale “le acque”, che poi tornano e ritornano nella Sacra Scrittura segnando tanti episodi speciali e vitali nella storia della salvezza (il diluvio, il Mar Rosso, l’acqua che sgorga dal tempio, il Giordano, il lago di Tiberiade, il fiume della nuova Gerusalemme…). La sete è immagine del nostro bisogno profondo di vita. Abbiamo sete di infinito, sete di Dio, spesso inconsapevolmente. Nel Salterio, il salmo 42,2 esprime in modo forte il bisogno vitale che l’uomo ha di Dio come sete: l’orante si paragona ad una cerva che “anela”, quasi rantola, bramando l’acqua in un ambiente desertico; similmente anche il salmo 63,2 «O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua».

Gesù nel dialogo porta la donna a confrontarsi con il suo essere assetata e la fa passare dal bisogno di quel po’ d’acqua che deve procurarsi con fatica presso il pozzo all’espressione del desiderio di liberazione nei confronti di una vita segnata dalla mancanza d’amore, che la costringe ai bordi dell’esistenza, priva di relazioni positive. Gesù libera nella donna il desiderio di vita vera e allora lei giunge a chiedergli, forse in modo solo intuivo, l’acqua che lui può darle: acqua viva cioè corrente e non stagnante, acqua che disseta per sempre, acqua di vita eterna, acqua della quale Lui è la sorgente («Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui...» Gv 7,37-39), acqua che diventerà anche in chi la riceve «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14).

Non è solo la donna ad avere sete; anche Dio ha sete. Fin sulla croce Gesù chiede da bere: «Ho sete» (Gv 19,28). La sua sete è il desiderio di soddisfare la nostra sete di vita e di amore, che si realizza solo nella comunione con Lui. La sete di Gesù al pozzo è sete della salvezza dell’umanità, rappresentata dalla Samaritana. S. Agostino commenta: “aveva sete della fede di quella donna”. E il prefazio anno A recita: “Egli, chiedendo alla samaritana l’acqua da bere, già aveva suscitato in lei il dono della fede e di questa fede ebbe sete così grande da accendere in lei il fuoco del tuo amore”.
 

riferimenti battesimali

Il racconto della Samaritana propone un chiaro riferimento al battesimo particolarmente per l’immagine dell’acqua, che è il segno più specifico di questo sacramento. Gesù può dare un’acqua viva per la vita eterna. Quest’acqua è la Grazia divina, è lo Spirito santo, dono del Padre che si riceve attraverso il Figlio. Rinascendo nel battesimo («da acqua e da Spirito» dice Gesù a Nicodemo in Gv 3,5) entriamo nella relazione di figli con Dio e nella possibilità di adorarlo così come Lui vuole, nello Spirito di verità.

C’è anche l’elemento dell’ora, il mezzogiorno, che sarà per Gesù l’ora della croce e del compimento della salvezza. Nella Chiesa antica coloro che ricevevano il battesimo venivano definiti “illuminati” e la tradizione ortodossa ha dato alla Samaritana il nome di Fotina cioè illuminata. Ci sono opere iconografiche, sia in Oriente che in Occidente, che nel rappresentare Gesù e la Samaritana danno al pozzo una forma di croce oppure una forma ottagonale. Sono chiari segni di una lettura in chiave battesimale dell’episodio evangelico.

Ad una prefigurazione sacramentale conduce la prima lettura (Es 17,3-7) che riporta la vicenda di Massa e Meriba durante cammino nel deserto, quando il popolo comincia a soffrire la sete fino a sentire il rischio di “morire di sete”. Allora se la prende con Mosè ma in realtà la mormorazione è rivolta a Dio. Gli israeliti, infatti, dubitano della sua presenza. In quell’occasione Dio fa scaturire acqua dalla roccia, per dissetarli. Paolo, ricordando il Mar Rosso, la nube, la manna, l’acqua dalla roccia, li interpreta come figure del battesimo e dell’eucaristia e in particolare dell’acqua dalla roccia scrive: «tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo» (1Cor 10,4). Quindi vede in qualche modo Cristo già presente con l’antico popolo e già prefigurato il mistero del dono dello Spirito negli eventi passati.

Nella seconda lettura, dalla Lettera ai Romani (5,1-2.5-8), continua la presenza di temi battesimali: l’essere giustificati per la fede in Cristo, l’essere immessi in una nuova condizione di grazia che è quella di battezzati, la fede che sostiene una speranza certa circa la salvezza già iniziata. Tutto questo si fonda sull’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo e avviene grazie alla pasqua del Signore Gesù che ha dato la vita per noi, amandoci fino alla fine nonostante fossimo peccatori e lontani da Dio.